A roma si direbbe: “so’ de coccio”

Il timore di una nuova forte recessione globale, i prezzi che stanno calando dappertutto, il petrolio che fra un po’ lo regaleranno, disoccupazione sempre molto grave, la produzione industriale che va indietro perfino in Germania, e scusate se dimentico qualcosa. Ebbene in questa situazione deflazionistica da manuale, i due banchieri centrali dei principali paesi dell’eurozona non trovano di meglio da fare che consigliare altre misure deflazionistiche.

Jens Weidmann, presidente della Bundesbank, e François Valleroy de Galhau, governatore della Banque de France, hanno firmato insieme un articolo apparso sui principali quotidiani europei (in Italia Repubblica del 9 febbraio) nel quale forniscono i loro suggerimenti per superare la situazione attuale. Vale la pena di riportare alcune cose di questo scritto perché ci fa capire perché non riusciamo a uscire dalla crisi globale e, anzi, ci apprestiamo ad aggravarla.

I due esordiscono subito con un’affermazione che ti fa esclamare: “possibile che questi non abbiano capito ancora niente?!”. La frase di esordio è: “la crisi del debito non è del tutto terminata”. Quindi lor signori pensano ancora che la crisi sia stata causata dal debito, pubblico ovviamente I presume. Cos’altro deve succedere perché capiscano che la crisi del debito è una delle conseguenze di quella economica e non la causa, che quindi per superarla bisogna rilanciare l’economia reale?

Altra affermazione preliminare molto significativa: “la politica monetaria … non è in grado di generare una crescita duratura, dunque non costituisce l’argomento principale di questo editoriale”. Dopo tale affermazione, secondo la credenza generale, avrebbero dovuto già chiudere l’articolo, perché i banchieri centrali non si possono occupare di questioni attinenti all’economia reale. Ma questa credenza, come già ho avuto modo di dire altre volte, trova riscontro “a targhe alterne”, precisamente quando ci sarebbe da dire qualcosa che potrebbe assomigliare di sinistra, mentre viene smentita sempre quando devono essere ribadite ricette e prescrizioni neoliberiste di destra. Lo ha fatto Draghi e lo fanno nella circostanza gli illustri banchieri centrali.

Neanche di fronte al rischio di un’imminente catastrofe, i due banchieri sospettano che il problema potrebbe essere quello di un’insufficienza della domanda. No, per loro è sempre e solo una questione di “efficienza” dell’offerta, e quindi in questa direzione vanno le loro prescrizioni. Per esempio, il mercato del lavoro francese deve essere razionalizzato, e in particolare “sono necessarie altre misure per ridurre il costo degli impieghi non qualificati”. Ma non basta: “il sistema di istruzione e formazione va riorganizzato per creare vie d’accesso al lavoro per i giovani, la promozione dell’apprendistato potrebbe rappresentare la via migliore”. Da queste due prescrizioni emergono due principi tipici della destra neoliberista: per il primo, bisogna ridurre ulteriormente il costo del lavoro (quindi ancora deflazione); per il secondo, la disoccupazione giovanile trova la sua origine nella scarsa formazione, non nella scarsa produzione delle imprese, le quali non sanno a chi vendere. Inoltre, lo stato non deve preoccuparsi di istruire e formare, e quindi di finanziare la scuola, perché ci penseranno le imprese con l’apprendistato.

Il resto dell’articolo è rivolto a un altro argomento caro a lor signori: la disciplina di bilancio, e in questo senso viene suggerito il ministro del tesoro unico nell’eurozona, proposta senza dubbio da condividere perché sarebbe un altro passo verso l’unione politica, solo che il futuro ministro europeo, viene da rilevare, non deve essere espressione dei banchieri centrali ma della politica. In alternativa viene suggerita un’altra stretta nei bilanci pubblici. Altro argomento riguarda l’organizzazione del mercato dei capitali, nel senso di suggerire un maggior ricorso al capitale azionario rispetto al capitale di debito.

Questo è quello che pensano due autorevoli banchieri centrali (e, purtroppo, non solo loro. Scalfari arriva a scrivere il 10 che quell’articolo “esamina meticolosamente la natura e le cause della crisi”???). Di politiche di rilancio della domanda, neanche a parlarne, delle disuguaglianze persistenti nella distribuzione dei redditi, causa principale del crollo della domanda e quindi della crisi, neanche a pensarci. Degli sbilanci globali nel commercio internazionale, con la Germania e la Cina esportatori perenni e il resto del mondo (più o meno) importatore altrettanto perenne, che costituiscono la concausa della crisi perché inducono alla deflazione i paesi debitori e creano surplus finanziari in quelli creditori con conseguenti capitali che vagano per il mondo creando bolle (in questo alimentati anche dai vari Qe), neanche a nominarli.

“So’ proprio de coccio” (per i non romani: “sono proprio duri di comprendonio”).

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