Dopo l’incontro di Padoan con la commissaria Vestager del 26 febbraio, per la definizione della questione bad bank, il nostro ministro dell’economia aveva fatto dichiarazioni incoraggianti, quasi entusiastiche, per aver trovato un “buon accordo”. Io, come penso tutti gli analisti seri, attendevo di conoscere i dettagli prima di esprimere un giudizio, ma già dalla lettura dei giornali del giorno dopo cominciavo a nutrire qualche dubbio. La stessa sensazione deve aver avuto la borsa.
Da dove proveniva questo dubbio? Dal fatto che i commentatori lasciavano passare come se fosse acqua, la precisazione delle parti che bisognava coinvolgere il “mercato”. I giornali davano a questa parola una connotazione che mi pareva subito limitativa, perché la riferivano esclusivamente al livello della commissione che le banche, tramite il veicolo, avrebbero dovuto pagare al governo per ottenere la garanzia, livello che avrebbe dovuto essere in linea con i prezzi del mercato.
Francamente, dicevo tra me e me, che la Commissione europea si preoccupi dello zero virgola qualcosa per cento e non del “cento” mi sembra alquanto improbabile, comunque aspettavo il famoso decreto del governo per capire meglio. Oggi 28 febbraio i giornali, involontariamente, solo cambiando un’espressione hanno svelato i termini reali del sedicente accordo. Dall’oggi al domani l’espressione “titoli senior” (quelli che dovrebbe garantire il governo) è diventata “titoli ad alto rating”. Questa apparentemente banale variazione lessicale fa capire tutto, fa capire che la proposta italiana è stata semplicemente bocciata.
Titoli ad alto rating vuol dire che la gradazione dei tre livelli dei titoli, senior, mezzanine e junior, verrà fatta da un’entità esterna, la società di rating per la precisione. Non saranno quindi più il governo e le banche che, ahum! ahum!, valuteranno la qualità dei crediti ceduti e stileranno la graduatoria dei titoli, bensì, come detto, un’entità terza. Questo da un lato allunga i tempi dell’operazione, dall’altro fa emergere il rischio che i crediti ceduti vengano sottovalutati, o comunque che quelli senior garantiti dallo stato siano talmente sicuri, perché delimitati meglio, che la fideiussione sia ridondante e provochi solo un aumento dei costi dell’operazione.
Ora, come, dopo una sonora bocciatura come questa, Padoan possa parlare di “buon accordo” lo sa solo lui. L’Italia ha preso una sberla che dovrebbe solo vergognarsi. Presumo che dopo la riunione, e dopo aver ascoltato le dichiarazioni di Padoan, la Commissaria Vestager abbia riunito i suoi collaboratori e abbia più o meno detto “visto che questi italiani per ogni sganassone che prendono sono felici e contenti, prepariamone un altro per una prossima occasione, così li facciamo ancora più felici”. Il sorridere per ogni evento che accade costituisce la banalizzazione, anzi direi l’ebetizzazione, del concetto di “fiducia”. La fiducia è una “cosa seria” diceva una pubblicità di qualche anno fa.
Povero Padoan! Veramente pensava di mettere a disposizione 40 miliardi di euro a favore delle banche e la Commissione europea non li avrebbe considerati aiuti di stato? Caro ministro, ci stiamo avvicinando pericolosamente al livello intellettuale di Tremonti, faccia attenzione. Comunque tutta la vicenda, che avrebbe dovuto andare in CdM di oggi 28, è stata rinviata a data da destinarsi.
Tornando seriamente alla questione, ribadisco quanto già detto, e cioè che solo l’introduzione di un principio di rivalsa ho l’impressione che potrebbe indurre la Commissione a cambiare idea, perché da un lato è vero che si iscrive un debito potenziale, ma dall’altro si iscrive anche un attivo patrimoniale potenziale, che può essere il semplice credito verso le banche o, addirittura, una quota del capitale delle stesse. Certo questa soluzione avrebbe un effetto, quello di far diminuire il valore di borsa di quelle banche, perché gli azionisti valuterebbero il rischio di veder annacquare le proprie quote per il possibile ingresso di un altro azionista (lo stato), ma bisognerebbe dire a costoro che se quell’eventualità si verificasse vuol dire che i bilanci delle loro banche sono già OGGI fasulli, perché i crediti sono sopravalutati, e questo prima o poi emergerebbe comunque nelle valutazioni di borsa. Il loro sarebbe un atteggiamento simile a chi nasconde la polvere (o la cacca?) sotto il tappeto ed è contento di vedere la sala pulita. Gli stessi crolli dei titoli bancari di questi giorni è un segno che gli investitori hanno realizzato mentalmente proprio questo. Per carità, è giusto che lo stato si faccia carico del salvataggio delle banche, considerato il ruolo delicato che svolgono, però vogliamo almeno prevedere che lo stato poi, alla fine, recupererà la spesa? Come hanno fatto all’estero. O deve solo pagare e poi gli azionisti e il top management delle banche aiutate vanno avanti come se niente fosse?
Certo la Commissione europea potrebbe anche non condividere questa proposta, ma intanto le probabilità di accoglimento mi paiono di gran lunga maggiori e comunque mi pare ci siano argomentazioni sufficienti e fondate per battagliare.
Colgo l’occasione per ringraziare pubblicamente Salvatore Bragantini, che nel suo editoriale del 27 sul Corriere della Sera mi ha voluto citare proprio a proposito di questa idea.
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