Renzi ripete il gioco delle tre carte

Già l’anno scorso beccammo Renzi e i suoi cantori quando, a proposito della legge di stabilità per il 2015, la spacciarono come legge “espansiva” dal punto di vista keynesiano perché aumentava il deficit. In realtà non aumentava un bel niente, anzi se c’era qualcosa che aumentava era l’austerità, il deficit diminuiva. Il gioco delle tre carte consisteva nel fatto che l’aumento del deficit non era rispetto all’anno precedente, nel qual caso sì che la manovra avrebbe potuto essere espansiva, ma rispetto a quello che era indicato nelle precedenti previsioni.

Per la legge relativa al 2016 ha fatto la stessa cosa. Il rapporto deficit/Pil è stato del 3% nel 2014, del 2,6 nel 2015 e per il 2016 è previsto che sia il 2,2%. Quindi il deficit continua a calare e allora tutte le leggi di stabilità di Renzi sono recessive, altro che espansive, cioè tolgono più che dare. Il gioco di prestigio dialettico di Renzi e dei suoi reggi bordone, è che secondo le previsioni il deficit avrebbe dovuto essere dell’1,4% nel 2016, quindi l’aumento del deficit è rispetto alle previsioni e non rispetto a quello effettivo dell’anno precedente.

Ora, un bilancio che diminuisce il deficit può risultare ugualmente espansivo, in una situazione di crisi di domanda come è quella attuale, solo se toglie in maniera sensibile ai ricchi per dare ai poveri, perché solo in questo caso si avrà con certezza un aumento della domanda. Invece i soldi che si danno ai ricchi vanno ad alimentare i risparmi; i quali si tramutano in domanda solo se finanziano gli investimenti, cosa alquanto improbabile se la domanda per beni di consumo è fiacca e se la capacità produttiva è già fortemente sottoutilizzata.

Il passaggio di risorse dai ricchi ai poveri, attraverso lo stato, Renzi non lo compie affatto con questa legge di stabilità, anzi strizza un occhio più ai ricchi che ai poveri. Infatti dell’eliminazione della tasi sulla prima casa ne beneficeranno soprattutto coloro che hanno una casa più grande. E la diminuzione delle risorse agli enti locali va più a danno dei poveri che dei ricchi. Sia detto en passant: quando noi denunciamo la corruzione come male assoluto non invochiamo una riduzione assoluta della spesa pubblica, bensì la riduzione della corruzione. La semplice riduzione della spesa anzi, considerata la famelicità della nostra classe politica e dirigente, non fa altro che aumentare l’incidenza della corruzione. Renzi dovrebbe innanzi tutto badare a combattere quest’ultima (oltre ovviamente gli sprechi) e avrebbe automaticamente una riduzione della spesa senza incidere sulla domanda.

Questa volta sono d’accordo con Mario Monti: questa è una legge ideata per acquisire consenso, alla crescita del paese non serve a nulla. E sono d’accordo con Alessandro Penati che su Repubblica ha precisato in particolare che serve a Renzi per continuare a drenare voti da Forza Italia. A questo tenderebbe per esempio l’elevazione del contanti a 3.000 euro, a prendere i voti dei padroncini, dei piccoli artigiani, negozianti e ristoratori, e in generale degli evasori cronici cioè “quel blocco sociale che ha sempre votato Forza Italia e la Lega”. E a questo serve a mio avviso anche la mancia che si darebbe alle nuove assunzioni. Come pure l’aumento della deducibilità fiscale dei macchinari nuovi che si acquisteranno. Sono, questi ultimi due, provvedimenti validi in una situazione di contemporaneo aumento della domanda, ma nell’attuale situazione diventano meri regali a chi quelle assunzioni e quegli investimenti li avrebbe comunque fatti, a prescindere. Per carità, anche essi sono utili alle imprese, ma non fanno svoltare la congiuntura.

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