Deflazione, sempre deflazione, fortissimamente deflazione

La svalutazione dello yuan decisa dalla banca centrale cinese è l’ennesima conferma  che il modello economico mondiale che ci ha portato alla crisi non è affatto cambiato e che quindi stiamo correndo, se nulla cambierà, verso il prossimo crack.

La crisi cominciata nel 2007 con i mutui sub prime, l’abbiamo detto e scritto mille volte, è stata scatenata da un’insufficienza di domanda (è quindi una crisi di sovrapproduzione) che la finanza aveva solo occultato per un po’ di anni attraverso il credito al consumo e l’effetto ricchezza del gonfiamento fittizio dei valori mobiliari. Per far riprendere l’economia mondiale in modo stabile e duraturo era quindi necessario che si ricreasse una domanda adeguata alla capacità produttiva esistente e questo andava fatto attraverso diverse vie: ridando alle classi medie e basse quei redditi che la svolta neoliberista degli anni ottanta aveva loro sottratto indebitamente, aumentando la tassazione alle classi più agiate che avevano accumulato un eccesso di risparmio che andava in cerca solo di impieghi speculativi, aumentando la spesa pubblica nei paesi cosiddetti “virtuosi”, azzerando il surplus commerciale in quei paesi che avevano puntato tutta la loro crescita sulle esportazioni, in primis Cina e Germania.

Nulla di tutto questo è stato fatto e così l’economia mondiale ancora arranca, al di là di qualche singolo paese che ogni tanto dà segni di maggiore vitalità. La misura monetaria cinese di questi giorni è l’ennesima prova che non si prendono provvedimenti per far crescere la domanda mondiale complessiva, ma si adottano mezzucci, come la svalutazione della propria moneta, per far crescere la domanda delle proprie merci a danno di quella degli altri paesi. Cioè, anziché creare una coperta più lunga, ci tiriamo reciprocamente una coperta che resta tremendamente corta, non rendendoci conto che così facendo si esaspera una concorrenza sui prezzi (e sui cambi) che, riflettendosi poi sui salari, determinerà un ulteriore abbassamento della domanda mondiale, con il probabile risultato finale di una spirale ulteriormente recessiva.

La riduzione delle performances cinesi, che è all’origine del provvedimento adottato, è causata proprio dal loro modello di sviluppo, tutto incentrato sulle esportazioni, perseverare in quella politica vuol dire solo illudersi di poterne uscire. Tempo fa scrissi un “gessetto” dove, partendo dalla situazione di stallo del Giappone, dissi che quella situazione doveva essere di monito a Cina e Germania, perché i modelli di crescita dei tre paesi erano uguali. Per la Cina è già cominciato il redde rationem. E dire che la Cina ne ha di opportunità per aumentare la propria domanda interna e quindi correggere almeno parzialmente il proprio sistema economico.

A parte il livello dei salari che è ancora basso, la Cina ha ancora poveri assoluti che, se pur diminuiti negli ultimi decenni, si contano ancora a centinaia di milioni. Nel 2011 (ultimi dati disponibili) contava ancora 304 milioni di persone che vivono con meno di 2,25 dollari al giorno (“a parità di potere di acquisto”), di cui 281 milioni nelle zone rurali, e 84 milioni che vivono con meno di 1,25 dollari al giorno, di cui 82 milioni nelle zone rurali. Anziché combattere sui mercati internazionali per rosicchiare quote di mercato, le autorità cinesi dessero da mangiare ai propri affamati e ne deriverà una spinta anche per l’economia. Aumentassero i salari e la spesa pubblica, e così quell’eccesso di risparmio che sta creando delle bolle a ripetizione e che viene e verrà distrutto dal loro scoppio, sarà andato a beneficio dell’intera economia, loro e mondiale.

D’altro canto non è solo la Cina che si affida alla moneta per superare una crisi che con la moneta non ha nulla a che fare, riguardando l’economia reale. Anche noi in Europa ci stiamo affidando solo a quella, lo sto denunciando da anni. A proposito, l’ultimo bollettino Bankit ci dice che in Italia il credito alle imprese nei dodici mesi terminati a maggio sono diminuiti dell’1,6%. Dove sono coloro che dicevano che il QE, il famoso bazooka di Draghi, avrebbe ridato credito alle imprese, avrebbe fatto riprendere gli investimenti, e tutte le altre c…te dello stesso tipo? Il QE è stato l’ennesimo regalo alla Germania e niente altro, e ha consentito ai tedeschi di sentirsi con la coscienza a posto, facendo finta di essere contrari e poi di accettarlo.

Un’ultima cosa mi preme segnalare: la stranezza di un calo vistoso delle quotazioni dei titoli del settore del lusso. Come una variazione dei prezzi di qualche punto percentuale possa influire pesantemente per un settore dove il prezzo dei beni che produce è l’ultima variabile presa in considerazione è per me un mistero. Più che conseguenza della svalutazione è più sensato pensare che si tratti di effetto di una valutazione complessiva delle prospettive cinesi nel medio termine. Oppure si dovrebbe pensare che sia frutto di manovre per accaparrarsi quei titoli a prezzo ridotto.

Condividi questo articolo