Il fuoco amico del bazooka

Vi ricordate i titoli dei giornali e i commenti di economisti e giornalisti quando il famoso quantitative easing (Qe) della Bce di Draghi doveva partire? Tutti titolavano e parlavano del “bazooka di Draghi”, pronto a sparare per debellare la deflazione e la recessione nell’Ue, pronto a indurre le banche a ridare credito alle imprese, e altre cretinate del genere. Il sottoscritto forse è stato l’unico che da questo piccolo pulpito aveva revocato in dubbio quelle promesse messianiche e aveva insinuato che, STANTE L’ATTUALE POLITICA ECONOMICA EUROPEA, l’azione della Bce avrebbe potuto avere più conseguenze negative che positive, perché in assenza di politiche volte a rilanciare la domanda, tutta quella liquidità avrebbe favorito solo la speculazione finanziaria. Ebbene ora, in sordina, un po’ alla volta, i commentatori cominciano a prendere le distanze dagli entusiasmi della prima ora. Riportiamo alcuni esempi.

Il primo che vogliamo citare è quello di Federico Fubini. Sì proprio lui, colui che quando parlava di Draghi mostrava le stesse emozioni che pensiamo abbiano provato i pastorelli di Fatima, colui che più di tutti usava l’espressione “bazooka” per parlare di Draghi, e che se avesse avuto a disposizione una matita avrebbe ritratto il presidente della Bce in una foggia priapea. In uno degli ultimi articoli pubblicati su Repubblica (4 maggio) prima di tornare al Corriere (andirivieni alquanto misterioso), ha scritto che la Bce “sta aprendo una forbice tra le quotazioni sui mercati finanziari europei e il valore fondamentale dell’economia sottostante” e che ci troviamo di fronte a “un caso evidente, deliberato, di scollamento fra i prezzi dei mercati e una realtà sottostante di alto debito e crescita cronicamente bassa”. La conclusione è “ora tocca alla realtà italiana risollevarsi e raggiungere (al rialzo) quei prezzi. Se non ci riesce saranno questi ultimi a ricongiungersi alla realtà. Ma al ribasso”. Tradotto in parole semplici “è in corso una bolla speculativa sui prezzi dei valori mobiliari e finanziari, se l’economia reale non cresce può scoppiare da un momento all’altro”.

Il secondo esempio è quello di Alessandro Plateroti sul Sole 24 Ore (20 maggio). Riferendosi a una dichiarazione di un membro del board della Bce, con la quale si è voluto “rassicurare” i mercati circa il proseguimento sostenuto del Qe, ne ha dedotto che “emerge la prima ammissione esplicita da parte di membro influente di Eurotower sui rischi concreti di effetti collaterali destabilizzanti sul sistema finanziario legati all’enorme liquidità erogata dalla Bce”, cioè il fatto che i corsi di borsa si reggono solo sul lago di liquidità della Bce e non sui fondamentali reali, e quindi il venir meno di quella liquidità potrebbe ormai avere effetti disastrosi. Plateroti rincara poi la dose “il rischio che corre la Bce è quello di alimentare il circolo vizioso che si è creato negli ultimi mesi: l’uso del denaro del Qe a fini speculativi e non per il rilancio dell’economia europea”.

Su Repubblica Alessandro Penati (7 giugno) ha rilevato che “il Qe americano è stato accompagnato da un forte sostegno della domanda aggregata da parte della spesa pubblica. Da noi c’è l’austerità e l’enorme surplus dei conti con l’estero della Germania, che esporta deflazione” e da qui derivano i diversi effetti sull’economia reale: sembra di rileggere un mio “gessetto”.

Di un articolo di Enrico Marro (26 giugno) su il Sole 24 Ore riportiamo solo l’incipit: “l’iperattività delle banche centrali, che stanno inondando il mondo di liquidità con tassi a zero, ha incoronato un vincitore indiscusso: i mercati finanziari”.

Cos’altro poteva avere a cuore una persona che prima di fare il banchiere centrale faceva il venditore di prodotti della Goldman Sachs?

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