Il coro deamicisiano sulle pensioni

Dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha cancellato la norma che blocca l’indicizzazione sulle pensioni superiori a tre volte il minimo, si è riaperto il dibattito sulle pensioni in Italia, e si è ripresa la retorica dei vecchi pensionati che tolgono sostanze e futuro ai giovani. Come Salvini mette poveri (italiani) contro poveri (immigrati), così molti commentatori e politici italiani mettono i genitori contro i figli, i nonni contro i nipoti.

Non sono mancati interventi di pensionati che hanno detto di rinunciare volentieri alla restituzione “se” serve a risollevare le sorti dei giovani e delle loro pensioni future, aprendo un coro degno del libro Cuore. Ovviamente molti hanno colto l’occasione e hanno messo in evidenza quella promessa di generosità, guardandosi bene però dal sottolineare il “se”. Vorrei vedere quale pensionato, anzi quale cittadino, negherebbe mai un sacrificio se sapesse che va a beneficio dei giovani.

Vorrei dire anche la mia sul punto. Anche il sottoscritto è pronto non solo a rinunciare a incassare la restituzione, ma a dare allo stato anche di più, e sono disposto anche a non metter quel “se”, a condizione però che il tutto avvenga alla luce del sole. Perché, vedete, la cosa più odiosa di quel provvedimento oggi censurato, è che si tratta di un classico provvedimento all’italiana, dove si toglie qualcosa a qualcuno senza che però si possa esplicitamente dire che si è tolto qualcosa a quel qualcuno.

Come ci si comporta in uno stato trasparente? Si aumenta la progressività dell’imposta, ecco cosa si fa. Allora, si  mantiene per tutti l’indicizzazione, e contemporaneamente si aumenta l’aliquota marginale dell’Irpef, se mai imponendo anche un sacrificio maggiore. Invece i nostri politici, anche i professori tecnici alla Monti e Fornero, hanno voluto prendere senza che risultasse un aumento nella pressione fiscale. I soliti mezzucci all’italiana. E invece no! Cari professori del cavolo, le statistiche devono riportare che è stato tolto qualcosa ai cittadini, se mai giustamente, e non consentire che ci si vanti che si sono sistemati i conti “senza mettere le mani nelle tasche degli italiani”, come diceva qualcuno che le mani nelle tasche degli italiani le metteva eccome.

Quanto poi al conflitto intergenerazionale, si tratta della solita affermazione ipocrita di chi vuol nascondere il vero conflitto che vige in Italia, quello tra corrotti ed evasori da una parte e giovani e persone laboriose dall’altra. La veemenza con cui alcuni commentatori e politici si sono scagliati contro la sentenza della Corte Costituzionale, non l’abbiamo udita né letta in occasione dei tanti scandali che infestano il nostro paese, o in occasione della pubblicazione di report internazionali come, quelli di Transparency International o della stessa Commissione Europea, i quali indicano ogni anno in modo inequivocabile chi in Italia ruba (nel significato letterale del termine) il futuro ai giovani, anzi anche il presente. In un precedente gessetto avevo indicato il caso dell’Expo come la dimostrazione lampante di questa realtà. Lì si danno a molti giovani lavoratori la miseria di 500 euro al mese proprio per rimpinguare il bottino da destinare alle tangenti. Chi costringe in quel caso i giovani a lavorare a 500 euro al mese? I pensionati? “Ma mi faccia il piacere” direbbe Totò.

Quanto ai conti dell’Inps ho fatto qualche calcolo veloce e viene fuori che le pensioni erogate ogni anno (ovviamente quelle previdenziali e non quelle assistenziali) ammontano a circa 240 mld, mentre i contributi incassati allo stesso titolo ammontano a circa 210 mld, quindi lo stato versa all’incirca 30 miliardi l’anno (le altre somme le versa per la gestione assistenziale). Bisogna tener presente però che l’importo delle pensioni è quello lordo, quindi basta che la tassazione media sia del 15% e lo stato si è ripreso più di quello che ha versato. Il nostro è un sistema detto a “ripartizione”, cioè il carico pensionistico viene ripartito tra i lavoratori in attività, allora è ovvio che se si continua a non crescere, quindi a diminuire gli occupati, e se si continua a dare salari e stipendi da fame, come i provvedimenti di questo governo incentivano a fare, il sistema prima o poi rischia di non reggere. Un altro dato interessante che si rileva consultando i documenti ufficiali dell’Inps (l’ultimo rendiconto ufficiale è del 2014 con riferimento ai dati del 2013), e che dissolve un altro luogo comune, è che ci sono in media 126,4 soggetti in attività che versano contributi per ogni 100 pensionati, e il rapporto aumenta a 129,2 se ci limitiamo ai lavoratori dipendenti. Ovviamente parlo sempre del settore previdenziale. Infine voglio fare un’altra considerazione: come la mettiamo con le decontribuzioni che ogni tanto il governo decide per aiutare le imprese? Su quale conto devono gravare, su quello dell’Inps o su quello dello stato?

Cari giovani, non fatevi turlupinare da questi commentatori e politici. Credere che i soldi che costoro toglierebbero volentieri ai vostri genitori e nonni finirebbero a voi è come credere a Babbo Natale.

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