Quando era altissimo veniva indicato come il segno che l’Italia era sull’orlo dell’abisso (e in parte era vero), oggi che è basso viene indicato come il segno che il nostro paese è ritornato affidabile e appetibile per gli investimenti esteri.
In realtà i commentatori trascurano il fatto che uno dei principali insegnamenti di Keynes è che le oscillazioni del tasso di interesse non provengono dall’economia reale bensì dal mercato monetario (e dei titoli). Sono il frutto della domanda e offerta di moneta (contro titoli) e non, come credevano i neo classici, della domanda e offerta di risparmio. L’offerta di risparmio deriva dal livello del reddito, data la propensione al consumo di una popolazione, e la domanda di risparmio (investimenti) deriva dall’ “efficienza marginale del capitale”, cioè dalle prospettive di reddito che gli imprenditori nutrono per gli investimenti.
Ora, quando lo spread era altissimo ci trovavamo in una situazione in cui i detentori stranieri dei titoli italiani, temendo la fuoruscita del nostro paese dall’euro, chiedevano moneta in cambio di titoli per liberarsi del “rischio Italia”, e questa moneta non gli veniva data in misura sufficiente provocando il calo continuo dei corsi e il conseguente rialzo dei tassi.
L’inversione di tendenza che registriamo da un po’ di tempo a questa parte, non è dovuta al miglioramento delle performance del sistema Italia, come i governanti di turno vogliono far intendere per inculcare una fiducia fasulla, e che infatti non fa presa, bensì al fatto che negli ultimi anni a quei signori che la chiedevano è stata data la moneta, consentendo di liberarsi dei titoli.
A questo proposito bastano pochi dati (elaborazioni su dati Bankit). A fine 2010 i “non residenti” finanziavano il 44% del nostro debito pubblico, a fine 2013 detta quota è passata al 31,8%. I “privati” residenti sono passati dal detenere il 11,4% del debito pubblico italiano all’12,7%. Per contro le banche e tutte le altre istituzioni finanziarie italiane (compresa Bankit) sono passate nello stesso periodo da una quota del 44,6% al 55,5%.
E’ questo spostamento che ha allentato la pressione sui tassi, e si è potuto verificare grazie alla potente iniezione di liquidità che la Bce ha fatto alle banche italiane (e a qualche moral suasion delle autorità statali alle altre istituzioni che investono in titoli), proprio allo scopo di sostenere il debito pubblico italiano e togliere dal mercato i titoli detenuti dagli investitori più insofferenti (anche nazionali). Tra parentesi: quando si dice che è bastata la “parola” di Draghi per fermare i mercati, si dice una cosa inesatta, perché in realtà ci son voluti i “fatti”, cioè il finanziamento alle banche perché facessero quello che alla Bce non veniva consentito. Chiusa parentesi.
Tornando al discorso che più ci interessa, va ribadito che il calo dello spread ha poco a che vedere con la situazione economica italiana. I due mercati, monetario e “reale”, viaggiano separatamente. Ma questo può durare in eterno?
Normalmente i due mercati dialogano attraverso il tasso di interesse, una volta fissatosi nel mercato monetario. In particolare va ad influire su l’efficienza marginale del capitale e quindi sugli investimenti, che fanno parte dell’economia reale. Ma anche qui bisogna fare attenzione, va a influire “al margine”, cioè su quegli investimenti non molto redditizi che le imprese compiono solo se il costo del denaro si abbassa, ma non smuove i grossi investimenti. Per questi ultimi il traino vero è la “domanda”, che in questo periodo è asfittica, per questo la politica monetaria di abbassamento dei tassi è ininfluente sull’economia reale.
E allora rifacciamo la domanda precedente: questa situazione può durare in eterno? La risposta è senz’altro: No! I due mercati se non tornano al più presto coerenti tra loro possono provocare altri disastri. Se l’abbondanza di denaro e lo svilimento dei tassi non va a beneficio dell’economia reale si gonfieranno altre bolle che poi esploderanno. I mercati finanziari si comportano come quei personaggi dei cartoni animati che corrono corrono fino all’orlo di un precipizio, e lo superano pure continuando a correre perché non vedono che il terreno è finito, ma poi cascano di colpo quando si accorgono che sotto di loro c’è solo l’aria.
Si continua a fare il paragone con gli Usa e la Gb, ma è completamente fuori luogo. Lì la moneta abbondante serve ad accompagnare una politica di rilancio (reale) della domanda fatta attraverso un deficit pubblico che è multiplo di quello europeo, da noi invece si pretende che abbia gli stessi effetti quando invece si continua dall’altro lato a comprimere la domanda attraverso l’austerità. Si tratta di un controsenso molto pericoloso.
Si dice che con la politica di espansione monetaria Draghi porterà l’inflazione al 2%. Anche questa rischia di essere una pia illusione con una capacità produttiva ampiamente sottoutilizzata. Quello che rischia di essere inflazionato, come sta già accadendo, sarà il corso dei titoli perché quella moneta andrà a sfogarsi esclusivamente nel mercato monetario
A costo di essere petulanti, sentiamo il dovere di ripetere che senza misure che rilancino realmente la domanda non ci sarà inversione di ciclo (ora ci si è messa anche la politica internazionale a complicare ulteriormente le cose). Salutiamo con piacere che quanto da chi scrive viene sostenuto da anni, è cioè che la Germania deve aumentare il proprio deficit pubblico e i salari per risollevare l’Ue, viene ormai confermato quotidianamente da esimi economisti. Da ultimi Stglitz e De Grauwe (London School of Economics) su Repubblica rispettivamente del 22 e del 26 agosto.
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