Il flop del bonus Letta chiarisce la vera causa della crisi

Uno dei provvedimenti che il governo Letta aveva strombazzato per nascondere la propria impotenza è stato quello concernente il bonus concesso alle imprese, pari a un terzo del costo del lavoro, per i nuovi assunti a tempo indeterminato. Ebbene l’Inps ha attestato che si è trattato di un vero e proprio flop. Erano previste 100.000 adesioni, ne sono arrivate solo 22.000, e chi scrive sarebbe pronto a scommettere, se fosse possibile avere dati appropriati, che quelle 22.000 sarebbero arrivate anche senza il bonus, si è trattato di assunzioni che comunque sarebbero state fatte.

Questo flop è l’ennesima conferma che quella attuale, e che ci assilla da sette anni, è una crisi che non proviene dall’offerta, ma dalla domanda. Alle imprese si possono concedere tutti i regali che vogliamo, tanto per tenere buono Squinzi, ma se esse non sanno a chi vendere la produzione aggiuntiva, non incrementeranno mai l’occupazione.

La Bce può immettere tutta la moneta che si vuole, ma se le imprese utilizzano oggi in media intorno al 50-60% della loro capacità produttiva, non faranno mai nuovi investimenti. E invece il pensiero dominante, quello che ci ha portato alla crisi per intenderci, si ostina a sostenere che la questione è solo quella della “competitività”, la quale è senz’altro una questione seria per l’Italia e va affrontata (ma non con queste misure che servono solo a dare altri soldi alle imprese meno efficienti), ma non può essere risolutiva in questo momento di insufficienza della domanda globale.

Ripetiamo per l’ennesima volta, da questa crisi o si esce tutti o non ne esce nessuno in maniera seria e duratura, e le vie da percorrere sono due: una redistribuzione del reddito da perseguire nell’ambito “privato”, e un aumento della spesa pubblica da parte dei paesi cosiddetti “virtuosi”, con conseguente riequilibrio anche delle bilance commerciali.

Lo stesso bonus di 80 euro di Renzi, rischia di essere inefficace sul piano del rilancio della domanda, fermo restando il suo valore sociale, se viene finanziato solo con riduzioni di spesa, perché quello che conta in questi casi è il “saldo netto” della manovra pubblica.

Purtroppo il blocco scientifico-sociale-politico che ha determinato la crisi, superato il momento di imbarazzo e confusione iniziale per quello che aveva combinato, si è ricompattato molto in fretta e ha ripreso in mano le redini dell’economia e della politica mondiale. E certo pensiero di sinistra, anziché combattere contro questo blocco, preferisce prendersela solo con le banche e la mitica “finanza”, la quale invece non fa altro che speculare sugli squilibri dell’economia reale: eliminate questi squilibri e i finanzieri speculatori resteranno disoccupati.

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