Le lezioni della Storia che Berlino si ostina a non capire

Giovanni La TorreIl popolo tedesco ha dato all’Europa e al mondo intero contributi immensi, nella filosofia e nella musica in modo particolare, ma difetta tremendamente di senso pratico. Nel 1871, dopo aver sconfitto la Francia a Sedan la Prussia ha riunificato la Germania. La nuova nazione tedesca si è posta accanto alle altre potenze, Inghilterra, Francia, Russia e Austria. In Europa vigeva un equilibrio basato sul bilanciamento delle forze. Ma con il tempo questo non bastò più alla nuova potenza. I successi industriali ed economici interni indussero la Germania a credere che gli spettasse un posto più qualificato sullo scacchiere internazionale e ruppe per prima l’equilibrio stringendo un patto di alleanza con l’impero austro-ungarico.

A questo seguì come reazione un patto tra Inghilterra e Francia a cui in seguito si unì la Russia. La Germania avviò poi una corsa agli armamenti, soprattutto nel campo navale, e rese evidenti le proprie mire espansionistiche e la volontà di far valere con la forza la propria incipiente superiorità economica. Alla corsa alle armi della Germania fece seguito quella dell’Inghilterra soprattutto.

A questo punto l’attentato di Sarajevo fu il classico fiammifero buttato sulla benzina, e fu la Prima Guerra Mondiale. I tedeschi avevano pianificato tutto, sicuri che la loro maggiore potenza industriale li avrebbe resi vincitori, e pensavano di chiudere la partita in qualche mese. Invece la guerra durò più di quattro anni con una carneficina immane. Sappiamo come è finita, grazie all’intervento finale degli Stati Uniti la Germania e l’Austria furono sconfitte, l’impero austro ungarico si dissolse e alla Germania furono inflitte pesanti sanzioni. I calcoli fatti “a tavolino” dai tedeschi risultarono non aderenti alla realtà effettiva.

In un paio di decenni la Germania si riprese e ridivenne una grande potenza industriale. Hitler e chi stava con lui pensarono di nuovo che l’egemonia politica della nazione tedesca fosse inferiore alla potenza economica e, aggiunse, inferiore alle possibilità della razza.

Avviò un nuovo riarmo, fecero di nuovo i conti a tavolino da cui risultò che avrebbero stravinto nel giro di qualche mese e assoggettato tutta l’Europa. Occuparono la Polonia e fu la Seconda Guerra Mondiale. La guerra è durata sei anni, con stragi inenarrabili di vite umane, e anche questa volta, grazie all’intervento degli Usa e alla resistenza dell’Urss a Est, la Germania e i suoi alleati furono sconfitti. La Germania fu divisa in due, in modo che non potesse nuocere di nuovo, e la sua consistenza militare fu sottoposta al controllo delle potenze vincitrici. Gli è stato vietato di costruire la bomba atomica. Ancora una volta i conti fatti a tavolino sono risultati irrealistici al confronto pratico con la realtà.

La Germania di nuovo non ha impiegato molto per ridiventare una grande potenza industriale, e oggi vuole utilizzare la supremazia economica per dominare il continente. Ma al di là dei mezzi, che non sono più militari, il metodo e la filosofia che ispira la sua politica sono sempre gli stessi: noi siamo più bravi e quindi gli altri devono sottomettersi e fare quello che diciamo noi. Anche questa volta avranno fatto dei calcoli a tavolino a avranno concluso che la vittoria sarà certa. Ora, questa è una filosofia che molto probabilmente in Germania funziona, ma all’estero provoca solo rancore, odio e ribellione.

Nessuno mette in dubbio la superiorità della Germania in campo industriale ed economico in generale, ma se vuol dominare non può pensare di farlo solo imponendo la propria “bravura”. Le ultime elezioni europee sono state il primo segnale tangibile che quella strategia non funziona e che se vuol realizzare un disegno egemonico deve cambiare metodo. Innanzi tutto deve rendersi conto che senza l’Europa la potenza tedesca sarebbe del tutto sterile politicamente.

Essa subisce ancora il ridimensionamento seguito agli esiti della seconda Guerra Mondiale, tant’è che al Consiglio di Sicurezza dell’Onu non ha il posto fisso con diritto di veto, che ha invece la Francia per esempio. Quindi la Germania, se vuol far valere anche in campo politico la propria supremazia economica deve farlo tramite l’Europa.

Ma per far questo deve essere in grado di conquistarsi il favore europeo, e non è con le politiche deflazionistiche che si conquista questo favore, non è con l’invito cogente a correre con il freno tirato che si conquista la benevolenza del continente. I risultati elettorali europei, costituiscono un primo allarme che la Merkel dovrebbe seriamente valutare.

Se dovesse saltare l’euro e l’Europa le ambizioni egemoniche tedesche diventerebbero pure chimere e rischierebbero di spingere in un nuovo isolamento la Germania, senza la possibilità questa volta di far valere, neanche “a tavolino”, l’opzione militare, in quanto disarmata.

Chi scrive non è tra quelli che crede che la supremazia industriale ed economica attuale della Germania sia dovuta all’euro, a danno degli altri paesi, perché è convinto che la Germania avrebbe le stesse performance anche con un marco ancora più forte, ma è sul piano politico che la Germania ha assoluto bisogno dell’Europa.

Questo concetto, purtroppo, non sembra ben acquisito neanche dalla Francia, la quale è la vera e unica potenza politica dell’eurozona. Parigi, forse perché ultimamente ha avuto dei presidenti che sono delle mezze tacche sul piano politico e del prestigio personale, si è accodata in modo acritico alla politica tedesca e non ha fatto finora valere la propria supremazia politica, non l’ha usata per condizionare i diktat tedeschi. Il risultato è stato che il Fronte Nazionale ha avuto la maggioranza.

Allora se si vuole evitare che quel partito arrivi all’Eliseo e conquisti la maggioranza nell’Assemblea Nazionale, e avvii il dissolvimento dell’Ue, è ora che la Merkel cambi politica nello stesso interesse della Germania. Guardi all’esempio degli Usa, che hanno conquistato la leadership nel mondo occidentale anche grazie ai jeans, al rock and roll, al cinema, alla  musica, alla coca cola. Non pensi che con la sola “bravura” si possa avere tutti sottomessi.

Se il ruolo francese può essere più spigliato per il bene dell’Europa, più seriamente compromesso appare quello dell’Inghilterra. Infatti Cameron nella prima riunione, sia pure informale, del Consiglio Europeo ha dichiarato che il ruolo dell’Ue deve essere ridimensionato.

E’ un atteggiamento in assoluta controtendenza, perché gli altri governi se mai chiedono un cambio di rotta nella politica economica, ma non un arretramento dell’Europa. Insomma se la Germania oggi costituisce l’ostacolo principale ad una maggiore armonizzazione economica e sociale, l’Inghilterra rappresenta un muro nei confronti di una maggiore integrazione politica. Tornano i sospetti che quest’ultima non consideri strategica la propria presenza nell’Ue, ma soluzione subordinata rispetto a quella dell’alleanza stretta con gli Usa e, nella peggiore delle ipotesi, che il suo ruolo sia solo quello di fungere, quando necessario, da “cavallo di troia” per conto del potente alleato di oltre atlantico.

Giovanni La Torre

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