EDITORIA Stati di crisi? Non ci sono soldi

Le nostre fonti dicono che non ci sono più soldi per gli stati di crisi. Franco Siddi, in una sua missiva allarmante ai CdR, qualche tempo fa ribadiva: “Attenzione, esauriti i fondi per i prepensionamenti dei giornalisti, cautela nelle vertenze, raccordo con i livelli territoriali e nazionali del sindacato”.

E poi nel febbraio scorso ancora Giunta della FNSI ammoniva a non affrontare con leggerezza propositi di ristrutturazioni o prepensionamenti. I finanziamenti all’editoria previsti per lo sviluppo e i sostegni sociali ai lavoratori e ai giornalisti delle imprese in reale difficoltà che vogliano investire sul futuro e nuove professionalità non può essere un bancomat privato per alcuno. Allo stato, peraltro, la ‘spendibilità’ del fondo triennale per il settore non è ancora esecutiva, in attesa del decreto governativo che dovrà preliminarmente valutare le osservazioni e le istanze delle parti sociali sulla base di criteri di oggettività, trasparenza ed equità. Diffondere panico tra i lavoratori o promuovere corse verso un ‘bancomat’ inesistente è profondamente sbagliato per chiunque se ne renda protagonista”.

Pare che il sottosegretario Luca Lotti abbia davvero intenzione di dare soldi all’editoria, ma non per permettere nuovi stati di crisi. Esiste infatti il “fondo straordinario per gli interventi di sostegno all’editoria”, istituito dal governo Letta con l’ultima legge di stabilità, che dispone di ulteriori 50 milioni di euro per il 2014, 40 per il 2015 e altri 30 per il 2016.
 Il fondo ha tre finalità: “Incentivare gli investimenti delle imprese editoriali, anche di nuova costituzione, orientati all’innovazione tecnologica e digitale”; promuovere ”l’ingresso di giovani professionisti qualificati nel campo dei nuovi media” e “sostenere le ristrutturazioni aziendali e gli ammortizzatori sociali”.

Non ci sembrano proprio soldi destinati a sbatter fuori colleghi dalle redazioni, come risulta invece dalle istruzioni che i dirigenti sindacali passano ai CdR. Lo stesso Lotti a margine della presentazione dei dati FIEG alla stampa ha ribadito che i 50 milioni di euro per il 2014 saranno per: “Assunzione dei giovani e ristrutturazioni delle crisi aziendali, che dovranno dare delle garanzie sull’occupazione”.

Non ci pare che “garanzie sull’occupazione” si traduca in “espulsione e prepensionamenti dei colleghi”.

Ma i nostri sindacalisti continuano ad incitare i CdR a firmare intese, prima ancora di sapere se saranno o meno stanziati soldi per gli stati di crisi.

E tutti a credere che se non si corre a firmare veloci dei preaccordi prima, sarà molto peggio dopo. Molto peggio per chi? Non certo per i giornalisti e lo dimostrano i casi recenti. In RCS c’è stata la corsa ad accettare, abbassare la testa, subìre perché altrimenti, minacciavano i nostri sindacalisti, sarà peggio per tutti.

Beh, nonostante nessuna replica, nessuna alzata di scudi, nonostante i colleghi abbiano subìto qualsiasi cosa supinamente, peggio di così non poteva proprio andare.

Stessa cosa alla Hearst: il nostro sindacato descriveva scenari infernali se non si fossero tutti affrettati a firmare, ad accettare, guai a replicare o ribellarsi. I fatti hanno dimostrato quanto fosse meglio non firmare per chi invece ha firmato.

E allora vorremmo che qualcuno dalle segrete stanze ci illuminasse. Dove sono i soldi per gli stati di crisi? E, soprattutto, perché mai bisogna precipitarsi a siglare patti scellerati prima ancora che le cose accadano? Per il bene di chi?

 

Ricordiamo a tutti che una volta siglati i preaccordi è quasi impossibile tornare indietro.

 

Senza Bavaglio

Twitter @sbavaglio

 

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