L’anatema di Papa Francesco sui corrotti

Ben fatto! Ben detto! Finalmente questo papa ha detto quanto le persone oneste si aspettavano che la Chiesa dicesse da decenni a questa parte: i corrotti non sono semplici peccatori per i quali si può invocare il perdono! Il marcio che nutrono dentro di loro li rende irrimediabilmente persi dal punto di vista morale e, per chi crede, della possibilità di salvezza. I corrotti sono al di là del peccato perché con la loro propensione a delinquere, divenuta abitudine, si sono posti in una zona dove la possibilità di redenzione non è contemplata. E questo vale a prescindere dalla “causa” con cui si vuole vestire le ruberie, cioè se sono fatte per il partito o per l’arricchimento personale. In entrambi i casi l’attitudine a delinquere e a peccare è diventata istintiva, non riescono più a liberarsene, anzi non si pongono proprio il problema, e il danno che fanno agli altri è immenso. Per essere classificati come corrotti, per appartenere alla categoria di persone che abbiamo cercato di descrivere brevemente, non è necessario aver preso materialmente bustarelle, mazzette, valigette di denaro, o bonifici su conti aperti in paradisi fiscali. Anche il sapere che si governa, si vive e si vegeta, ricavando benefici in termini di carriera, in un’organizzazione dove vengono canalizzati i frutti della corruzione, e convivere placidamente con essa, rende uguali a coloro che materialmente maneggiano il denaro sporco. Il sapere che da noi le opere pubbliche costano un multiplo di quanto costano all’estero, e non fare nulla facendo finta di niente, ma sapendo fin troppo bene dove va a finire quella differenza, rende i finti ignari colpevoli della stessa depravazione morale.

I papi in passato hanno usato toni duri contro i mafiosi, ma abbiamo l’impressione che questa volta l’anatema sia stato ancora più severo. Solo contro i corrotti si è adottato questa formula, che costituisce una vera e propria innovazione dottrinaria, che prevede una sorta di peccato al quadrato, non cancellabile con il perdono. Accanto alle due categorie di peccati, il veniale e il mortale, è stato ora inserita una terza e più grave categoria: il peccato di corruzione. A questo papa, a questo punto, chiediamo un gesto coerente: cacci a pedate tutti i corrotti che si rifugiano nei conventi per “purificarsi”, dopo aver passato qualche giorno in carcere, i quali però si guardano sempre bene dal restituire il maltolto.

Vedremo nei prossimi giorni come reagiranno i politici. Non è da escludere che si verifichi la stessa reazione che si ebbe all’uscita del libro “La Casta”, e cioè che la questione diventi argomento di conversazione salottiera in tv tra gli stessi politici, come se la cosa non riguardasse loro ma noi cittadini; l’esito sarebbe del tutto naturale, considerata la depravazione morale che ha contaminato la maggior parte dei politici, come ci insegna il Papa, ma questa volta penso che il gesto papale non resterà senza conseguenze. Vedremo pure l’eco che la predica avrà sui media, finora alquanto blanda; in particolare vedremo se i vari atei devoti, tra i quali si è accucciato anche Scalfari, si cimenteranno nelle “interpretazioni autentiche” e faranno finta di niente, visto il loro legame stretto con l’andazzo politico, o se invece rilanceranno con forza la condanna del Papa. Una cosa comunque questo anatema papale rende evidente: l’inconsistenza di coloro che quando parlano di corruzione fanno riferimento o alle bustarelle dei burocrati o alla delinquenza organizzata. Il Papa fa finalmente chiarezza sul punto: i veri responsabili della corruzione di un intero paese sono i politici.

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