Il precedente governo aveva strombazzato la nomina di Cottarelli come una sorta di soluzione finale per sradicare gli sprechi e le inefficienze dalla pubblica amministrazione italiana. Essa faceva seguito ad altrettante “soluzioni finali” costituite dalle nomine di Giarda e di Bondi. Di nuovo ci è toccato sentire le solite giaculatorie delle siringhe che in un’Asl costano tot e in un’altra tot moltiplicato 4, 5, 6, senza peraltro fare mai niente. Chi scrive, in diverse occasioni, ha molto modestamente fatto notare che oltre alle siringhe ci sono i cosiddetti “grandi lavori” che in Italia costano un multiplo di quello che costano all’estero, e in questo ci si faceva forti anche dei rilievi fatti da organismi internazionali, ultima la Commissione Ue. Pensavamo, ma come al solito eravamo ingenui, che Cottarelli da lì avrebbe cominciato, anche perché in un colpo solo si ottenevano due risultati, dei quali forse il secondo era anche più importante del primo: si potevano recuperare bei soldini e si poteva finalmente cominciare a rendere più concorrenziali le forniture alla P.A. e gli appalti per i grandi lavori, che oggi invece sono in mano per lo più ai “furbetti del tangentino”. E invece ora viene fuori che tutto il lavoro del predetto Cottarelli ha prodotto come risultato principale il taglio delle pensioni, il taglio del welfare e il taglio del personale pubblico. Ci voleva un commissario straordinario per pervenire a questi risultati? Queste conclusioni dimostrano due cose. La prima è che, al di là del merito delle proposte, più che dubbio, emerge che Renzi e il suo governo, al netto delle guasconate mediatiche, hanno paura di proporre misure dolorose e quindi le vestono da “misure tecniche” proposte da un “tecnico”. La seconda è che Renzi e Cottarelli sono subito entrati nella logica della partitocrazia e delle loro camarille, e quindi hanno capito che “chi tocca la corruzione muore”, chi mette gli occhi sulla “mangiatoia”, immediatamente viene invitato a guardare da un’altra parte, e loro, evidentemente, hanno obbedito.
Finché il nostro paese non combatterà con convinzione ed energia la corruzione, gli organismi internazionali ci considereranno sempre come dei malati gravi, se non addirittura terminali. Ce lo stanno dicendo in tutte le maniere ma, come ho detto in un precedente “gessetto”, i nostri governanti e la nostra cosiddetta “classe dirigente”, fanno finta di non sentire, volgono la testa dall’altra parte. La corruzione diffusa è il principale fattore distorsivo della concorrenza e rende il paese che ne è infetto inefficiente, oltre che ingiusto, e seleziona una classe dirigente (politica e non) scadente, molto scadente, come è avvenuto e avviene ancora in Italia. In un paese simile qualsiasi provvedimento preso per la crescita rischia di diventare elemento distorsivo più che propulsivo. Quando i nostri governanti si piegano a voler trattare l’argomento “corruzione” tendono a dare l’impressione che il problema stia tutto in qualche funzionario disonesto. E invece la questione principale sta innanzi tutto a livello politico. “Il pesce puzza dalla testa” è il proverbio corrente in tutta Italia, ed esso è particolarmente vero nel nostro paese per la corruzione. Ma poi, questa classe politica non colpirebbe mai seriamente neanche i funzionari corrotti, perché costoro rivelerebbero immediatamente quello che hanno “visto” ai piani più alti. Di fatto c’è un tacito accordo di proteggersi l’un l’altro.
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