Sulla corruzione l’Italia fa finta di non sentire

Il giorno prima del discorso del nostro Presidente della Repubblica al Parlamento europeo la Commissione Europea pubblicò il report sulla corruzione, dal quale emerse che nel nostro paese si realizza il 50% della corruzione di tutta l’Europa messa insieme. Nei giorni successivi però in Italia si è continuato a parlare di legge elettorale, la Confindustria ha continuato a chiedere soldi al governo (la cosa che gli è sempre riuscita meglio), si è continuato a disquisire con nonchalance se politici chiacchierati potessero o meno entrare nel governo, Napolitano ha fatto il suo bel discorso al Parlamento europeo, e tutto è proseguito come se niente fosse. Ieri la Commissione europea è tornata sul dossier Italia indicando i nostro paese come uno dei tre malati gravi dell’Europa (gli altri sono Slovenia e Croazia) per via dell’elevato debito pubblico e della scarsa competitività. Sul primo punto appare ormai evidente che o riusciamo a riprendere una strada di crescita sostenuta per diversi anni, in modo da aumentare il denominatore del rapporto debito/Pil, oppure sarà inevitabile ricorrere a una patrimoniale seria (“da 400 miliardi” diceva Barca nella telefonata intercettata) perché un carico di interessi che si avvicina sempre più ai 100 miliardi di euro l’anno non è assolutamente sopportabile con l’attuale Pil.

Sul piano della competitività la Commissione Europea indica nella bassa produttività del lavoro e, soprattutto, nella corruzione le cause del suo inarrestabile declino. Ma in Italia si continua ancora a far finta di niente, stando alle reazioni governative. Renzi e Padoan in coro hanno detto che il governo sta andando proprio nella direzione indicata dall’Ue (beati loro!). E quale sarebbe la direzione che secondo costoro avrebbe indicato la Commissione? Lo ha sintetizzato il ministro Padoan: “E’ il momento di rilanciare la crescita. La competitività dell’economia italiana è oggi limitata dall’elevato cuneo fiscale sul costo del lavoro, un problema che il governo si accinge ad affrontare con determinazione”. Prima che me lo rinfacci qualcuno lo dico io da solo: avevo auspicato che il derby Padoan – Tabellini per la poltrona di Via XX settembre finisse a favore del primo, come è stato, e non rinnego quell’auspicio, precisando però che si trattava di fare il tifo per una parte di una partita i cui contendenti erano già stati definiti e non di indicare il ministro ideale. Quella dichiarazione appena riportata colloca Padoan sulla scia dei precedenti ministri, quando afferma che tutto il problema italiano della produttività e della competitività stia nel costo del lavoro. Continuiamo pure così e il nostro declino sarà assicurato. Ma non è di questo in particolare che voglio parlare oggi ma, ancora una volta, della corruzione quale causa prima della nostra bassa produttività e competitività. Ne voglio parlare ancora una volta per il semplice fatto che nonostante tutti gli organismi internazionali continuino a suonarci l’allarme, i nostri governanti e legislatori non se ne danno intesi, fanno finta di non sentire. Matteo Renzi si è già adeguato a questo andazzo, il ragazzo è precoce anche in questo. Nelle sue dichiarazioni programmatiche quotidiane non mi pare abbia mai fatto seriamente riferimento a questo virus della politica e dell’economia italiana. Evidentemente anche a lui fa comodo quel sottobosco; che poi l’Italia vada a ramengo “chi se ne frega”, tanto poi diamo la colpa al rigore, alla Germania, all’Ue, all’euro che non ci fa svalutare, e si può tranquillamente continuare a rubare. Fanno ridere quei politici che dicono che i governanti italiani devono andare a battere i pugni sul tavolo a Bruxelles: cari signori è già tanto che non li perquisiscano quando entrano e quando escono dalle sale riunioni (ma non è detto che non lo facciano in futuro). Può darsi pure che l’Ue conceda un’apertura di credito a Renzi, ma temo che sarebbe l’ultima volta dopo di che, in caso di ennesimo fallimento, il commissariamento del nostro paese potrebbe diventare non solo di fatto, come oggi, ma giuridicamente sancito.

La ministra che è andata in parlamento a dire che il “governo non può chiedere le dimissioni sulla base di un avviso di garanzia” ha detto una cosa giusta, ma non nel senso che ha voluto dargli lei, ma nel senso che anche senza un avviso di garanzia una persona indecente deve essere esclusa da cariche pubbliche. I nostri politici sono veramente in mala fede, perché da un lato demandano tutto alla magistratura, dato che fino al terzo grado di giudizio non vogliono prendere alcun provvedimento, dall’altro, quando poi la magistratura si pronuncia, l’accusano di “invadere il campo della politica”. Ma, scusate, i partiti non hanno un collegio dei probiviri al proprio interno che può verificare come stanno le cose prima di arrivare in cassazione, così da impedire alla magistratura di “invadere il campo”? Perché non li mettono all’opera? … Ma, è evidente, si tratta di domande ingenue.

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