RCS/Azienda e sindacato uniti nel picconare i giornalisti e giornalismo

Avventizi dell’informazione. Braccianti della parola. Con tanto di direttore-caporale a smistare il lavoro. È il brillante futuro che attende i giornalisti di RCS una volta che verrà firmato l’accordo per lo stato di crisi, il terzo consecutivo, che CDR e FNSI stanno negoziando con l’azienda. Un mostro che scardina e distrugge le fondamenta stesse della professione.

Le linee guida dell’intesa sono già note: in cambio dell’applicazione di un contratto di solidarietà al 30 per cento, più una nuova tornata di prepensionamenti, il sindacato ha acconsentito alla creazione di tre/cinque UOR, ovvero unità operative redazionali, tematiche nelle quali confluiranno i giornalisti rimasti senza testata a seguito delle chiusure di questi mesi, che verranno impiegati nella fornitura di pezzi ai diversi giornali della casa.

Nonostante la varietà degli argomenti, dall’attualità a salute e benessere, dall’economia ai tempi liberi (?), tutte le UOR avranno un unico direttore responsabile. Che, o sarà Einstein o un semplice smistatore di commesse provenienti dalle testate.

I giornalisti, dunque, scriveranno articoli senza neppure avere contatti con il direttore o la redazione che li pubblicherà, in una condizione di alienazione totale, come semplici ingranaggi in una catena di montaggio.

Per di più in balia delle volontà di un “caporale” che potrà stabilire i criteri di assegnazione dei pezzi e perciò stesso disporrà di un potere di ricatto straordinario. Chi scriverà gli articoli più interessanti e destinati alle testate più prestigiose? I giornalisti migliori o quelli più docili e accomodanti?

Senza contare che i giornalisti li riuniti costituiranno un’utile massa di manovra contro i colleghi delle redazioni superstiti: quanti proveranno ad alzare la testa sapendo che in qualunque momento il loro lavoro potrà essere sostituito con quello di giornalisti già dipendenti dell’azienda e che presumibilmente non ambiscono ad altro che a rientrare in una redazione vera?

Il peggiore degli incubi per qualunque professionista dell’informazione sta prendendo forma  con l’assenso della FNSI. A rappresentarla, al tavolo, l’ineffabile Daniela Stigliano, che negli ultimi mesi ha inanellato un successo via l’altro: dall’accordo di luglio su RCS, con il quale si è accettata, oltre alla cessione di cinque testate, la chiusura di altre cinque e la CIGS a zero ore per i giornalisti che vi lavoravano, all’intesa firmata con Hearst, nella quale si è stabilito che i giornalisti pre pensionabili finiscano in CIGS a zero ore anche per diversi mesi in attesa del decreto ministeriale.

Forse è arrivato il momento di chiedersi come nascano certe brillanti carriere professionali e sindacali. Pochi sanno, per dire, che Stigliano, si è guadagnata la qualifica di caporedattore mentre era nel CDR Rcs: un caso più unico che raro di promozione sul campo di un esponente sindacale.

Oggi, per Stigliano, la partita si gioca su due fronti: da un lato il salvataggio della redazione de Il Mondo, la testata in cui lavora; dall’altro la corsa alla carica di segretario della FNSI.

 

Sul primo punto basti dire che a fronte della chiusura della testata – chiamata eufemisticamente sospensione – è già prevista la ricollocazione di una parte, al momento ancora imprecisata, della redazione al Corriere della Sera Economia. Stando alle voci che circolano, in cambio dell’assenso al massacro di tutto il resto, Stigliano avrebbe spuntato la ricollocazione per il cento per cento dei giornalisti del Mondo (quindi anche per se stessa).

 

Ma, se così non fosse, sarà interessante vedere chi entrerà nella lista dei miracolati.

In vista del rinnovo della segreteria della FNSI, si tratta di un vero colpo da maestro, che da un lato le consente di rafforzare il proprio potere personale e dall’altro di proporsi all’azienda e agli editori in genere come un interlocutore affidabile, disponibile a interpretarne le istanze e a farle accettare alla categoria.

Come ci riesca è un altro aspetto che merita un’analisi. Perché lo strumento è sempre lo stesso: dividere i giornalisti. Una tecnica che Stigliano ha appreso dal suo (ex?) mentore, Giovanni Negri, ai tempi del riconoscimento dei cdr “autonomi” delle redazioni di Oggi e Io donna.

Alla divisione si aggiunge all’occorrenza il ricatto morale e il gioco è fatto. Ora come a luglio, i giornalisti in cassa integrazione sono stati presi in ostaggio e usati come elemento di pressione per ottenere il voto favorevole dell’assemblea alla bozza di accordo.

 

Per rendersene conto, basta vedere come sono stati gestiti i tempi: dalla sigla della bozza fra CDR, FNSI e azienda al momento del voto da parte dei giornalisti sono passate poco più di 12 ore. Per di più l’assemblea si è svolta in condizioni penose, in una sala inadeguata, con i colleghi seduti a terra o in piedi.

 

Ma né il CDR né Stigliano hanno voluto sentir parlare di rinvio. Perché tanta fretta, visto che al momento in cui scriviamo, domenica 9 febbraio, ben 5 giorni dopo quell’assemblea, non è ancora stata fissata la nuova riunione con l’azienda?

Il punto è che per ottenere un voto favorevole a un accordo del genere bisogna che i giornalisti sentano la pressione, che non abbiano tempo di riflettere e confrontarsi. Di valutare se davvero non ci fossero soluzioni alternative. Bisogna che i cassaintegrati siano lì con le loro comprensibili paure a guardare negli occhi gli altri colleghi, a farli sentire in trappola, a urlare loro, se solo provano a sollevare qualche obiezione, che sono degli egoisti, disposti a buttarli a mare per salvare i loro “privilegi”.

Ecco, quali discutibili mezzi utilizza per la costruzione del consenso colei che aspira a diventare il secondo segretario donna della FNSI. Ricordiamocene quando andremo a votare.

Senza Bavaglio
www.senzabavaglio.info
twitter @sbavaglio

Ps Prevediamo già la reazione di Stigliano a queste critiche: griderà all’attacco personale e magari, come avvenne a luglio dopo che noi denunciammo il suo conflitto d’interesse, convocherà un’assemblea dei giornalisti RCS per imporre loro di riconfermarle la fiducia. Minacciando, in assenza, di abbandonare il tavolo e lasciarli in balia dell’azienda (si, anche questo hanno dovuto sentire da una sindacalista i colleghi di RCS). Noi le rispondiamo in anticipo che se non voleva correre il rischio di nuove critiche sul suo conflitto d’interesse doveva fare un passo indietro e lasciare che la vertenza venisse gestita da chi, all’interno della Federazione, non ha rapporti di dipendenza con Rcs.

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