Con una certa sorpresa e tanto disappunto ho letto che l’Ordine dei giornalisti ha approvato un documento che si intitola “Determinazione dell’equo compenso”. In realtà non mi pare che quel testo determini un compenso equo. Piuttosto si tratta più semplicemente di un tariffario. A parte il fatto che un tariffario, sebbene minimo, sia vietato dalle norme dell’Unione Europea, non mi pare che quel documento determini alcunché.
E’ quindi l’impianto stesso di quel documento (si può leggere sul sito dell’Ordine) che non funziona. La filosofia che lo ispira dev’essere del tutto ribaltata, se veramente si vuole offrire una piattaforma di equo compenso ai colleghi.
Il documento, per esempio, valuta in un modo diverso uno stesso lavoro. Perché un articolo per un quotidiano nazionale viene pagato 100 euro, mentre per il sito web dello stesso quotidiano 40 euro? Ma il lavoro che si richiede a un collega non è forse lo stesso?
Se si legge il tariffario varato dall’Ordine si comprende che i tempi necessari per fare un buon lavoro (non parlo della ricerca delle informazioni, né della scrittura di un pezzo) sono sempre a carico del giornalista. Sono vent’anni che noi di Senza Bavaglio lottiamo per superare questo modo di valutare il lavoro. Quel documento ci riporta indietro nel tempo!
I pagamenti vanno valutati sul lavoro che effettivamente si richiede al giornalista, non sul prodotto finale. Questo se si vuole veramente raggiungere una legge che stabilisca un compenso equo. Se invece si vuol solo gettare fumo negli occhi allora vanno bene, benissimo, le scelte dell’Ordine e della FNSI.
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