Leggendo il documento dell’Ordine dei Giornalisti sull’Equo Compenso, ho pensato di avere letto male, quello non può essere un documento redatto dai giornalisti, mi sono detta. Più credibilmente potrebbe essere un documento firmato dagli editori.
Non indica i criteri per arrivare a un “Equo compenso”, come peraltro richiesto più volte dal sottosegretario Legnini, ma è invece un tariffario. E se tariffario doveva essere, perlomeno doveva essere un tariffario degno di tale nome come la proposta inviata mesi fa dall’Unione Sindacale Giornalisti Freelance (USGF) allo stesso Legnini. http://www.usgf.it/wp-uploads/2013/07/USGF-Equo-Compenso-luglio-2013D.pdf
UN INSULTO
Questo tariffario dell’Ordine è quasi un insulto per i veri professionisti dell’informazione e non si capisce da dove salti fuori. Completamente disatteso il principio fondamentale su cui si basa l’equo compenso, l’Articolo 36 della Costituzione: “Il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. E come diavolo si può mantenere se stessi e la propria famiglia se, grazie a una legge dello Stato, guadagnerò un tozzo di pane e sarò, per legge, schiavo della gleba a vita!
L’Ordine poi “si ispira” al contratto nazionale FNSI/FIEG, che dopo aver svenduto alla grande i contrattualizzati, ora fa un altro favore agli editori regalando un equo compenso così ridicolo che nemmeno il più arrogante degli editori poteva sperare di ottenerlo. Connivente l’Ordine che invece fino ad oggi rappresentava un baluardo alle angherie degli editori e in cui molti freelance avevano riposto le speranze che lottasse fino alla fine per un equo compenso serio e professionale.
COME UN ARTICOLO 1
L’idea che un equo compenso dovesse uscire da un parametro con il costo per gli editori di un contrattualizzato è una vecchia idea dell’USGF, portata avanti anche dai rappresentanti del lavoro autonomo della Commissione Contratto. Peccato che tutti parlassero di parametri con i costi riferiti all’art.1, non certo a quelli di un articolo 2. L’idea di parametrare l’equo compenso ai costi di un articolo 2 , fino ad oggi, era venuta solo ai dirigenti della FNSI e a quelli della FIEG.
Ottimo éscamotage, tra l’altro, per eliminare del tutto l’art. 2 dal Contratto Nazionale, come vorrebbero fare gli editori. Nessuno si sarebbe mai aspettato che l’avvallo finale al deprezzamento del lavoro dei freelance venisse proprio dall’’Ordine dei Giornalisti.
Terzo elemento di ispirazione, il tariffario dell’Ordine del 2007, saremmo stati più felici se l’Ordine avesse allargato la propria visuale e fosse partito da un tariffario che al limite ancora oggi può essere considerato un buon tariffario, quello elaborato e approvato dall’Associazione Lombarda dei Giornalisti nel 2008. O, se proprio avessero voluto fare un atto di coraggio, a quello ancora più recente e sicuramente professionale dell’USGF.
IN GUERRA PER 150 EURO
In verità, sembra che l’Ordine si sia ispirato più alla realtà di schiavismo imperante del mercato di oggi piuttosto che cercare davvero un Equo Compenso che soddisfacesse le esigenze di chi lavora fuori dalle redazioni.
E perché mai i giornalisti del web – che è poi il vero futuro della professione – devono essere pagati di meno per un equivalente lavoro? E poi, ma come si fa a quantificare in 150 euro (lordi visto che di solito nei tariffari si parla di lordo) per un pezzo di un inviato di guerra? Un inviato di guerra rischia di suo, ci mette giorni ad arrivare in loco, con un sacco di spese e nemmeno assicurato quando rischia la vita, e tutto questo per 150 euro al pezzo?
L’ESTERNO DEVE COSTARE DI PIU’ DEL CONTRATTUALIZZATO
Ce lo diciamo da anni e per la verità la IFJ (il sindacato internazionale dei giornalisti) lo afferma da più di vent’anni: chi lavora fuori dalle redazioni deve “costare” all’editore più del giornalista subordinato. Dovrà fornire un prodotto altamente professionale e sarà pagato molto bene, però non resterà a vita a carico degli editori, come invece accade per i contrattualizzati.
Solo se chi è fuori dalle redazioni costa tanto, gli editori possono essere spinti ad assumere i giovani. Ma per arrivare a questo bisogna anche eliminare per legge i CoCoCo (sono rimasti solo per i giornalisti).
ABOLIRE I COCOCO
Via i CoCoCo, che oggi perlopiù fanno il lavoro dei contrattualizzati, e un equo compenso professionale sono le carte vincenti per costringere gli editori a stabilizzare i precari. Non dimentichiamo che l’equo compenso riguarda solo i liberi professionisti, mentre i precari vanno stabilizzati, e lo saranno solo con un equo compenso adeguato.
Per aiutare davvero il sottosegretario Legnini ad elaborare l’Equo Compenso, bisogna dare delle indicazioni di principio non delle “tariffe” e, per di più, così prive di dignità.
Ribadisco. Se vogliamo essere realisti allora, come il resto del mondo insegna, i giornalisti fuori dalle redazioni devono costare agli editori più dei contrattualizzati e se si deve considerare un parametro reale di confronto sulla professione, bisogna elaborare il costo agli editori di una pagina o di un servizio dei vari media oppure il costo a giornata ma sempre di un art. 1!
I CRITERI PER LEGNINI
La speranza che resta ai professionisti è che il sottosegretario Legnini ascolti altri consiglieri al di fuori delle nostre istituzioni che forse, non essendo parti in causa e sottoposti a pressioni, siano in grado di valutare i criteri per arrivare a un compenso professionale. Altrimenti meglio che non ci sia nessuna legge che, se fatta così, potrà solo far sparire definitivamente giornalisti e giornalismo.
Infine noi dell’USGF siamo pronti e disponibili a partecipare a qualunque momento di elaborazione delle idee. Occorre essere uniti in questa battaglia che noi conduciamo da oltre 20 anni e se abbiamo ottenuto pochi risultati è grazie a dirigenti che non ci hanno mai ascoltato.
Simona Fossati
Portavoce USGF
www.usgf.it
www.senzabavaglio.info
Leave a Comment