EQUO COMPENSO/ Commissione senza freelance. E la Fnsi aspetta la Fieg

Non ce ne voglia Enzo Iacopino, presidente dell’Ordine dei giornalisti, che ha invitato la categoria alla coesione, ma la questione, quella dell’equo compenso, è un po’ troppo grande per fare i buonisti.

Questo perché il lungo cammino verso l’applicazione della legge ha un ostacolo chiamato Fnsi. Lo si è capito quando a Roma, in occasione del seminario in materia organizzato dall’Associazione Stampa Romana, Giancarlo Tartaglia, direttore generale del sindacato unico, ha candidamente ammesso che un percorso che di per sé potrebbe essere breve, quasi certamente diventerà lungo. Perché un mese per decidere la commissione e due per elaborare il regolamento è troppo poco.

E chi se ne frega se l’Ordine, ad esempio, il suo membro lo ha già trovato nel suo presidente. Al sindacato unico e all’Inpgi la cosa non interessa. Loro aspettano che l’esponente lo scelga prima la Fieg (che ha tutto l’interesse nel ritardare i tempi), regalandogli così, per l’ennesima volta, un ruolo di leadership che non ha.

Perché la commissione che dovrà lavorare sull’equo compenso avrà tre rappresentanti espressi dai giornalisti, tre dal Governo e uno solo dagli editori. Invece niente, la strategia rimane la solita: caliamoci le braghe e aspettiamo.

Ma non finisce qui. Troppo facile. C’è un’altra cosa fastidiosa per i freelance. Loro non si potranno occupare di loro stessi. Perché presumibilmente il presidente dell’Ordine sarà affiancato da quello di Fnsi e Inpgi.

Quindi a difendere le loro posizioni potrebbero esserci, oltre a Iacopino, Giovanni Rossi (indicato come successore di Roberto Natale e secondo molti “il meno peggio”) e Andrea Camporese.

In sostanza, due pensionati e un contrattualizzato. Nessuno dei tre dunque ha la necessaria conoscenza della materia e, soprattutto, la “fame” di portare a casa un risultato “vero”. E dire che qualche giorno fa l’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa aveva invitato i giornalisti a far valere i loro diritti per migliorare le loro condizioni di lavoro.

In sostanza pare che questo sia l’inizio di un percorso diretto verso il pessimismo cosmico, dove a preoccupare i freelance non sono gli editori, ma i giornalisti che li rappresenteranno i quali, tra l’altro, avranno anche il compito di convincere i membri del governo in commissione.

E’ per questo che Usgf chiede tre cose. La prima è che tra i membri giornalisti della commissione ci sia almeno un freelance (possibilmente vero), la seconda che prima dell’inizio delle trattative siano fissati degli obiettivi e la terza che poi, passo per passo, siano pubblicate le dinamiche dei tavoli di lavoro. Giusto per sapere di che morte morire, visto che questa, piaccia o no, è l’ultima chance di chi la professione la vive fuori dalle redazioni.

 

P.S. Tra i freelance, tanto per non farsi mancare nulla, c’è anche chi teme il tariffario. Ma è opportuno ricordare che tariffario significa “compenso minimo” e che compenso minimo non significa passare da 5 euro a 15 euro, perché a quelle cifre non si può nemmeno parlare di giornalismo.

Fabio Gibellino
Esecutivo Nazionale USGF
www.usgf.it

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