Il consiglio di amministrazione della Rai tiene fede al vecchio adagio. I suoi componenti sono come i ladri di Pisa: di giorno litigano, la notte vanno a rubare insieme. Senza distinzione, destra e sinistra, maggioranza e opposizione.
E’ un consiglio di amministrazione che si divide su tutto, anche sul colore della carta igienica da acquistare. Ma quando si tratta di nomine, beh allora c’è gloria per tutti. Lasciamo da parte i consiglieri nominati da Lega e Partito delle Libertà: in fondo loro fanno solo il loro dovere, quello cioè di essere il cavallo di Troia all’interno della Rai di Mediaset con il compito nemmeno tanto nascosto di affondare l’azienda pubblica. Licio Gelli aveva visto lungo 30 anni fa: è l’ora che si facciano avanti un po’ di storici revisionisti per rendere giustizia ad un uomo di così ampie e preveggenti vedute.
Giorgio Van Straten (lascito del Partito Democratico era Veltroni) tuona contro tutto ma quando si tratta di nominare Silvia Calandrelli (amica di Walter) alla guida dei programmi per bambini di Rai Educational (posto strategico per educare i pionieri rossi di domani!) non ci sono santi che tengano. A costo, come ha rischiato, di mettere anche sè stesso nel tritacarne piddino ampiamente scontento della sua gestione.
Nino Rizzo Nervo (Pd area Margherita, in realtà democristiano fin dal primo vagito, grazie anche al dna paterno) lo scambiano spesso per un militante che pendola tra Lotta Continua e Potere Operaio: duro e crudo, mi spezzo ma non mi piego. Ex direttore della Testata Giornalistica Regionale e poi del Tg3, passato poi a La 7 (sempre in quota Dc) quando questa rete prometteva sfracelli, direttore di “Europa” (quotidiano clandestino della Margherita), non è certo estraneo a logiche e manovre di potere, le stesse che denuncia oggi con puntualità e … competenza.
Paolo Garimberti (“presidente ‘di garanzia’ della sua poltrona”, come aggiungono i dipendenti) tace per principio, come gli impone la sua alta carica anche se vede i tyrannus rex invadergli la stanza del settimo piano di Viale Mazzini. Ricorda però di avere corde vocali, voce e… famiglia per bacchettare il Tg3 per i lanci dei servizi poco bilanciati e dimentica la tragedia di Minzolini che sta facendo affondare l’ammiraglia.
Ma giustamente tutti guardano al proprio futuro: una proroga dell’attuale consiglio di amministrazione, una riconferma o un posticino in una delle tante consociate.
Ed ecco dunque tutti pronti a cogliere (come ha sottolineato Garimberti) il vento di Monti, augurandosi che fischi anche in Rai. E così hanno subito offerto sull’altare sacrificale un po’ di vittime: rai International, rai Med, e 7 sedi di corrispondenza delle 15 presenti all’estero. Parola d’ordine: risparmi. Giusto, tutto giusto. Sicuramente va detto che organici e risorse nel corso di questi anni (e grazie anche alla compiacenza dei signori che oggi invocano l’austerità) hanno risentito delle logiche spartitorie della rai con sperperi e ingolfamenti a dismisura.
Non parliamo delle sedi regionali e di alcune follie editoriali (che costano milioni di euro) come l’inutile edizione delle 7,20 del mattino, su cui però non si operano tagli perché si rischia di causare le ire di vari potentati, non esclusi quelli sindacali. Ma come al solito si colpisce giusto per far vedere al nuovo governo (finchè dura) di aver capito la lezione ed in cambio qualcosa si potrà avere.
Ma si capisce che questo piano economico approvato in fretta e furia il 29 novembre ALL’UNANIMITA’ (ma non litigavano su tutto?) nasconde molte falle. Si chiudono le 7 sedi estere che costano di meno (Beirut, Buenos Aires, Istanbul, Madrid, Mosca, Nairobi, Nuova Delhi) dove è presente un solo giornalista e dove il costo del lavoro del personale locale è basso. Non si tiene conto dei costi di chiusura e per quanto riguarda le altre 8 sedi che resteranno in vita si pensa di chiudere gli uffici e di esternalizzare il lavoro, con un aggravio spaventoso dei costi.
Dov’è il risparmio? In un artificio contabile. La rai potrà dire di avere abbattuto i costi fissi delle sedi (affitti, personale) cancellandoli. Ma i costi dei servizi che queste 8 sedi realizzeranno ricadranno nei budget delle testate richiedenti a costi spaventosamente più alti.
Poco o nulla si dice si conosce su rai Corporation, al centro di allegre gestioni in un passato appena prossimo. Ed i fortunati ex redattori di tesate rai che grazie alle loro conoscenze politiche (rigorosamente bipartisan) vivono a Parigi o Los Angeles in qualità di collaboratori rai ovviamente retribuiti che mandano un pezzo (se lo mandano) ogni morte di papa?
Non crediamo che il vento Monti sia la ricetta per portare in salvo l’Italia ma se questo vento dovesse fischiare sulla rai ci auguriamo innanzitutto che questo consiglio di amministrazione (senza eccezione alcuna) torni a casa per godersi tranquillo liquidazioni d’oro e prebende ma che restino almeno sulle tradizionali panchine che accolgono i pensionati. “ We have a dream”: avere persone oneste e competenti alla guida del servizio radiotelevisivo pubblico. Chiediamo troppo?
Senza Bavaglio
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