BECHIS E CANNES/Chi ha sbagliato?

 

Ma è professionalmente corretto che il collega Franco Bechis, vicedirettore del quotidiano Libero, pubblichi la registrazione di una sua conversazione telefonica con una sua fonte? La fonte in questo caso è il parlamentare del PDL Guido Crosetto, passato alla storia per avere gratificato della qualifica di ‘testa di cazzo’ il capo del governo reo di non volersi dimettere finché non è stato messo con le spalle al muro dalla realtà dei mercati finanziari e dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Capisco che siamo tutti antiberlusconiani, magari a scoppio ritardato e in camera caritatis come lo stesso Bechis, il giornale Libero e l’intera Comunione e Liberazione alla quale fanno riferimento. Ma le regole non dovrebbero valere sempre e per tutti?

 

Sì, certo, Bechis non ha fatto il nome del suo disinvolto interlocutore telefonico, ma diffondendo una telefonata nella quale se ne sentiva distintamente la voce ne ha di fatto rivelato anche l’identità, è come se ne avesse fatto il nome e cognome. Alla stessa stregua che ne avesse diffuso la foto del volto. Crosetto non è una grande celebrità, ma certo i suoi compagni di parlamento e annessi e connessi la sua voce sono in grado di riconoscerla senza difficoltà. Come è infatti avvenuto velocemente. E poiché per qualche ora ha negato di essere lui l’interlocutore telefonico di Bechis in quella telefonata, se ne deve dedurre che non fosse d’accordo con la messa in rete della sua voce e che forse non sapeva neppure che la telefonata fosse registrata.

Vedremo se l’Ordine dei giornalisti e le varie coscienze critiche della professione e della politica diranno la loro, anche se il silenzio sulla gravità dell‚azione di Bechis e il grande clamore sulle parole usate da Crosetto dicono chiaro e tondo che per tutti vale l’eroico ‘tirèmm innanz!’ di Amatore Sciesa.

Diametralmente opposto il comportamento dei giornalisti che giovedì scorso a Cannes per un disguido degli organizzatori  hanno potuto ascoltare in cuffia il presidente Usa Barack Obama e il presidente francese Nicolas Sarkozy mentre parlando in privato confidavano l’uno all’altro la propria avversione per il capo del governo israeliano Benjamin Netanyahu. Come è noto, in vista dell’arrivo di Obama e Sarkozy per una breve conferenza stampa, ai giornalisti era stato distribuito l’apparecchietto per la traduzione simultanea, ma privo di auricolari. “Quelli ve li diamo tra poco, perché i due presidenti stanno parlando tra loro e non vogliamo che possiate ascoltarli”, si sono imprudentemente giustificati gli organizzatori dell’incontro. Ovvio che i colleghi più pronti di riflessi hanno immediatamente infilato nell‚apparecchio traduttore gli auricolari del proprio telefonino, riuscendo così a ‘rubare’ qualche minuto di confidenze tra i due capi di Stato. Compresa la chicca, anzi lo scoop del non poterne più entrambi dell’asfissiante capo di governo israeliano, che con Obama si fa vivo ogni giorno, ovviamente per chiedere soprattutto il disco verde per bombardare l’Iran.

Se non fosse stato per il sito che si occupa dei comportamenti dei mass media, di quella conversazione nessuno avrebbe saputo nulla, eccetto un vago accenno su Le Monde, pur essendo stata ascoltata da vari colleghi di vari Paesi. Un collega parigino che ha voluto mantenere l’anonimato ha spiegato il perché dell’autocensura: “E‚ un tema delicato: è seccante non rivelare queste informazioni, ma al tempo stesso siamo sottoposti a regole deontologiche precise, diffondere quelle frasi voleva dire violare la regole”. E così, “dopo discussioni fra i giornalisti che si trovavano sul posto”, tutti hanno deciso per l’autocensura.

Chi ha sbagliato: Bechis o i colleghi a Cannes? O tutti, cioè sia l’uno che gli altri?

Pino Nicotri
Senza Bavaglio
Consigliere generale Inpgi
Consigliere della Lombarda

 

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