INPGI/Gli intrighi di palazzo

 

 

L’ottanta per cento della categoria ignora del tutto quello che ormai va sotto il nome di “caso Terna”. Terna S.P.A. è  il proprietario della Rete di Trasmissione Nazionale di energia elettrica. Terna è quotata in Borsa dal 2004. Azionista di riferimento è la Cassa Depositi e Prestiti con il 29,86%. Tra i principali azionisti della società: Enel al 5,1%, Romano Minozzi al 4,4%, Pictet Funds Europe S.A. al 2,8%, BlackRock Inc. al 2,2% e Assicurazioni Generali al 2,0% (Dati al 31/03/2011). Questa la cronaca.

Il 15 aprile la Cassa Depositi e Prestiti deposita le liste dei candidati per il rinnovo degli organi sociali. Nell’elenco figura anche Andrea Camporese, presidente dell’INPGI ed eletto un anno fa presidente dell’Adepp, l’associazione che racchiude le 20 Casse privatizzate. Per la prima volta nella storia della categoria, ai giornalisti è offerta prima la massima .carica per le venti casse privatizzate, poi un posto di prestigio.

VIA PREFERENZIALE
Il 13 e 14 maggio l’assemblea di Terna, approva il bilancio 2010 ed elegge il proprio Consiglio di Amministrazione. Camporese viene eletto. Un grande riconoscimento non solo per l’uomo ma anche e soprattutto per l’INPGI, per l’Adepp, e per la categoria tutta. Di fatto si apre una via preferenziale alle stanze dove tutto si decide e le venti Casse hanno così finalmente referenti diretti per discutere con serietà tutte le problematiche in questo delicato momento del mercato del lavoro.

A questo punto le cose cambiano nel bene e nel male. Immediatamente dopo la nomina di Camporese, si assiste a un netto cambiamento, per esempio, dell’atteggiamento degli editori nei confronti del nostro Istituto di previdenza e dei giornalisti: rispetto e anche un certo timore.

BAGARRE IMPRESSIONANTE
Contemporaneamente però, si scatena una bagarre impressionante per cercare di mettere in dubbio l’autonomia dell’Istituto.  Quel che è peggio i giornalisti, che mai parlano di sé e dei veri problemi della categoria nei media per cui lavorano (nemmeno quando succedono le peggior cose che minano la professione stessa), sono in questo caso subito pronti ad ascoltare le voci di corridoio e a gettar fango sull’unica vera occasione che sia mai stata loro data. Le critiche a Camporese si sprecano.

Il 25 maggio si svolge a St Vincent l’Assemblea Nazionale della Casagit, apparentemente tutto è normale, invece, latente e velenosa striscia la questione Terna. E scoppia il bubbone. Andrea Camporese è a Roma, ma le telefonate da St. Vincent e le pressioni si fanno pesanti.

La sera dello stesso giorno il Consiglio di Amministrazione dell’INPGI interviene e firma all’unanimità una dichiarazione di totale sostegno e fiducia al Presidente Camporese. Solo Franco Siddi, il rappresentante della FNSI non mette la sua firma in calce al documento, rendendo così palese la netta spaccatura che si sta vivendo nella Giunta del sindacato e non solo. Il testo, dopo aver focalizzato l’importanza dei dati del bilancio consuntivo 2010 dell’INPGI, e i risultati positivi ottenuti in tre anni di mandato, recita tra l’altro: “Appaiono anche per questo del tutto incomprensibili alcuni attacchi rivolti da organi di stampa alla nomina del Presidente dell’Inpgi – e da un anno Presidente dell’Associazione delle Casse previdenziali privatizzate Adepp – nel Consiglio di amministrazione di Terna. Una nomina che non lede in alcun modo l’autonomia dell’Inpgi e degli altri Enti privatizzati i quali continuano ad operare a tutela dei loro iscritti”…

Il documento poi conclude: “Appare pertanto fuori luogo porre un problema di conflitto di interessi che esiste solo se si intende strumentalizzare un ruolo assunto con trasparenza in sede pubblica per il bene comune”.

PRESSIONI VENETE E DEL CAPS
Tra il 26 e il 27 maggio piombano a Roma tutti i colleghi veneti che contano (il Veneto è la regione di origine del presidente) e compaiono alcuni rappresentanti del Caps (Coordinamento Associazioni per un Sindacato di Servizio, una specie di sindacato nel sindacato che raggruppa alcune piccole regioni, tra cui il Veneto). Il presidente riceve un numero impressionante di telefonate, messaggi, pressioni. Il caso monta e diventa un dramma per quella piccolissima parte della categoria che muove le fila di tutto.

Nella serata di venerdì 27 è Andrea Camporese a porre definitivamente la parola fine al caso/dramma e si dimette da Terna. “Di fronte anche al più lontano sussurro, decido di porre fine ad una questione, lasciando il CdA di Terna, che rischia di divenire sgradevole e contraria al bene comune.

Il mio impegno a favore dell’Inpgi, dell’Adepp e di ogni singolo collega, in particolare sul versante dell’autonomia, del welfare, del precariato e di una visione innovatrice, sarà ancora più incisivo. E così sarebbe stato se fossi rimasto nel Consiglio di Terna”.

Chi ha sussurrato? Chi sono i manovratori occulti che hanno spinto Camporese alle dimissioni nonostante la fiducia all’unanimità del Consiglio d’Amministrazione dell’INPGI?

Ognuno ora si deve assumere le proprie responsabilità a partire dai giornalisti, quelli che oggi si vantano di “aver segnalato la singolarità della scelta”, quelli che hanno scritto e ancora scrivono senza aver capito di essere stati il facile strumento di chi era mosso da ben altre motivazioni e non dal bene della categoria e del suo futuro.

Si deve assumere le proprie responsabilità chi ha usato l’invidia o la sete di potere o ancora la paura di perdere poltrone già traballanti, soprattutto fuori ma anche dentro l’Istituto. Si devono assumere le proprie responsabilità tutti coloro che con intrighi e complotti hanno fatto perdere alla categoria tutta, e NON al presidente Camporese, l’occasione di contare davvero. Costoro hanno dimostrato di essere riusciti a migliorare persino le tecniche berlusconiane.

FOGLIA DI FICO
Hanno scritto e parlato senza nemmeno chiedersi quali potevano essere i vantaggi per i giornalisti, si sono nascosti dietro alla foglia di fico che si potesse perdere l’ “autonomia”. Ma quale autonomia? Ci sarebbe da crepare dal ridere, se non ci fosse invece da piangere. Si è persa l’occasione di far finalmente emergere da una stagnazione totale una categoria, massacrata da tutti, premier in testa.

Una categoria sottomessa agli editori che, grazie a un contratto che ha travolto le ultime difese,  stanno dettando gli schemi del nuovo giornalismo, imbavagliato, ricattato. Una categoria in balia di un sindacato che per badare alle proprie beghe interne, non riesce più a difendere nessuno.

E’ bene che tutti sappiano che per la prima volta nella storia dell’INPGI, finalmente i giornalisti cominciavano ad avere un certo peso anche nei palazzi della politica.

Il presidente Andrea Camporese, supportato e sostenuto dal suo CdA, in tre anni è riuscito a dare quella svolta, quella spinta di modernità e di guardare avanti, cosa che nessuno prima di lui, in nessuna delle nostre istituzioni, era mai riuscito a fare. I giornalisti stavano persino recuperando il rispetto degli editori.

RISPETTO E TIMORE
Non solo rispetto, ma anche un certo timore e la disponibilità a sedersi al tavolo con serietà per discutere la riforma delle pensioni e la questione lavoro, e anche a chiudere le questioni in tempi brevi.

Per la prima volta, infatti, i giornalisti avevano accesso direttamente alla “stanza dei bottoni”, senza più stare ad aspettare in corridoi e in anticamere “con il cappello in mano”, come ha fatto notare qualcuno. Ben diverso parlare di welfare, occupazione, lavoro, precariato, riforme, pensioni direttamente a coloro, chiunque sia al Governo, con i quali si possono elaborare normative e leggi, e/o trovare in tempo reale le soluzioni migliori.

Ben diverso dal parlare con uscieri o attendere mesi per incontrare qualche aiutante di un ministro, e fare una lunghissima trafila prima di riuscire a parlare con il ministro in persona. Ben diverso dal pietire di essere ascoltati in qualche  Commissione solo per far sapere, per l’ennesima volta, in quale tragica situazione si trovano precari e freelance, senza poi poter concludere nulla, perché in quella sede nulla può essere deciso.

OTTANTA PER CENTO
Speriamo solo che sia giunto il momento della sveglia per quell’ottanta per cento della categoria che sta ancora assopito. Si dia una bella svegliata e cominci a capire e a partecipare. Pena la sua sparizione.

Colleghi è venuto il tempo di alzare la testa: il popolo dell’ottanta per cento, quello che non va mai a votare, quello stufo delle spaccature nella Fnsi,  delle beghe non sulle cose ma sugli schieramenti, delle corse per accaparrarsi le poltrone, dei giri di valzer sugli strapuntini, del non riuscire mai a concludere nulla, si deve svegliare.

Questa volta qualcuno, scientemente, ha attentato al bene della categoria, e qui, cari colleghi, l’attentato include il cento per cento dei giornalisti, è un attentato alle pensioni, alla salute di un Istituto che ha avuto negli ultimi tre anni una spinta in avanti storica, al lavoro stesso, alla dignità della professione, alla vera libertà di stampa.

LE MANI DELLA CASTA
Non si può più lasciare tutto nelle mani di quella casta, una trentina di persone che fa il bello e il cattivo tempo, con il potere immenso di distruggere. E’ ora di finirla con “i signori delle tessere”, con i poteri, perché oggi  la posta in gioco è alta e non si può più starsene fuori dicendo: “tanto non mi riguarda”, “tanto non mi interessa”, “tanto sono tutti uguali”. E’ ora di passare dal ruolo di antagonisti a quello di protagonisti, e il tempo stringe.

Senza Bavaglio

 

 

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