Noi siamo quelli che quando abbiamo iniziato sentivamo sempre la stessa cantilena: “Se non hai gli appoggi giusti puoi sognartelo il posto di lavoro”. Ce lo dicevano perché sognavamo il mestiere più bello del mondo, almeno per noi. Ce lo dicevano perché noi volevano essere giornalisti: essere e non fare, essere perché volevamo che quel mestiere ci desse di che vivere.
Abbiamo imparato a diventare cinici davanti a direttori e a grandi giornalisti che si riempiono la bocca con condanne del precariato, salvo poi lavorare al fianco di stagisti, co.co.co. E collaboratori sottopagati.
Raccontiamo i fatti più importanti che accadono in Italia e nel mondo, alla sera siamo stanchi, arrabbiati, con pochi soldi in tasca ma con il cuore pieno della passione che ci spinge sempre nelle braccia di questo mestiere. Siamo giornalisti.
Siamo scesi in piazza senza vessilli, perché davanti alla precarietà noi siamo tutti uguali.
E siamo quelli che vincono, perché crediamo che questo Paese lo possiamo cambiare. Subito, da ora, da questa piazza: ce la siamo presa e non la lasceremo più.
Coordinamento giornalisti precari di Roma
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