INTERCETTAZIONI, BATTAGLIA TRA EDITORI EINAUDI E MONDADORI CONTRO TUTTI

Fra qualche anno magari non ci sarà più il libro come supporto fisico, ma l’importante è che continui la letteratura (Fernando Savater) «La raccolta di firme è solo marketing. Non serve alla libertà di stampa»

TORINO – «Marketing editoriale»: Ernesto Franco, direttore editoriale di Einaudi, definisce così l’ appello contro il disegno di legge governativo sulle intercettazioni telefoniche e ambientali lanciato sabato scorso da Giuseppe Laterza e Stefano Mauri al Salone del libro di Torino e firmato da gran parte degli editori, tra cui il presidente di Rcs Paolo Mieli, Carlo Feltrinelli, Carmine Donzelli, Federico Motta, ma non da Mondadori. I marchi del gruppo si compattano e fanno quadrato attorno alla casa madre di Segrate, a cominciare da Einaudi. Franco ribadisce il secco comunicato con cui sabato l’ azienda presieduta da Marina Berlusconi aveva risposto all’ iniziativa del giorno, rincarando la dose. «Il gruppo Mondadori – dice Franco – fa parte dell’ Associazione italiana editori (Aie), che ha espresso chiaramente la sua posizione a nome di tutti i soci italiani. Scrivere manifesti è un’ attività di cui è stata provata l’ inefficacia e che, a volte, può diventare sospetta. Appelli come questo portano acqua al mulino di chi li fa più che alla libertà di stampa. La questione è molto semplice: è come chiedere a un armatore se è davvero utile che esista il mare. Certo che lo è. Noi la libertà di stampa la esercitiamo tutti i giorni, con il nostro lavoro. È una battaglia continua fatta di cose concrete che si possono riassumere in una: fare libri che valgano la pena. La nostra voce sono gli autori di cui ci prendiamo cura, la responsabilità con cui lavoriamo tutti i giorni. Esercitiamo la libertà di stampa con il nostro catalogo, dove ci sono autori come Sebastiano Vassalli, Gustavo Zagrebelsky, Adriano Prosperi, Paul Ginsborg, che scrivono quello che vogliono». Una linea condivisa da Massimo Turchetta, direttore delle Edizioni Mondadori: «Credo che la chiamata alle armi di questo appello abbia poco a che fare con motivi ideali e molto invece con il tentativo di creare un potenziale imbarazzo nel rapporto tra Mondadori e i suoi autori (molti dei quali si sono peraltro già apertamente dichiarati contrari al disegno di legge sulle intercettazioni). Sono le loro opere che sempre e comunque pubblicheremo e sosterremo. A queste è affidata la nostra idea di tutela della libertà di espressione». Alla questione intercettazioni Roberto Saviano, ieri presente a un incontro con Carlo Lucarelli, Valeria Parrella, Piero Colaprico e Simona Vinci, autori, con Wu Ming, della raccolta di Einaudi Stile libero Sei fuori posto, non ha voluto fare esplicito riferimento, limitandosi a ribadire un concetto già espresso in occasione delle critiche rivolte da Silvio Berlusconi a Gomorra (pubblicato dalla casa editrice di Segrate) sull’ immagine dell’ Italia all’ estero: «So che ci sono molte pressioni, ma l’ unica cosa che mi sento di dire, e credo che su questo anche gli altri qui presenti siano d’ accordo, è che raccontare oggi significa resistere. E raccontare le contraddizioni di questo Paese non significa diffamarlo, ma amarlo. Dicono che sono un rompiscatole? Sono fiero di esserlo». Alla «guerra degli editori» ieri ha fatto riferimento anche Eugenio Scalfari, nell’ incontro in Sala gialla per presentare il suo nuovo libro Per l’ alto mare aperto, pubblicato proprio da Einaudi. «Questo appello – ha detto – è stato molto importante. Io faccio parte di quelli che hanno firmato, ma riconosco che sia Mondadori che Einaudi non erano tenuti a farlo». A Giuseppe Laterza e a Stefano Mauri ieri sono arrivate nuove adesioni e altre se ne aggiungeranno oggi sul sito dell’ editore Laterza, dove sarà pubblicato l’ appello lanciato sabato contro il disegno di legge sulle intercettazioni. Commenta Laterza: «Una cosa vorrei dire alla signora Marina Berlusconi: se è d’ accordo con il comunicato dell’ Aie, firmi anche il nostro, sottoscritto da editori che non hanno nessuna piega politica. Noi difendiamo un principio liberale, che dovrebbe essere condiviso anche da una casa editrice liberale come la Mondadori». Dopo la risposta delle case che fanno capo al gruppo di Segrate, secondo Laterza «si impone un’ occasione pubblica per discutere sulla libertà di stampa. La domanda cruciale è questa: è una libertà che va limitata per legge o regolata attraverso l’ esercizio della responsabilità da parte di chi pubblica? Molti degli editori che hanno aderito al nostro appello sono preoccupati dall’ uso scorretto delle intercettazioni, credono che occorra trovare un modo per tutelare meglio la privacy, ma la strada della censura è sbagliata». Anche Stefano Mauri è convinto dell’ utilità «di una battaglia per tutelare il diritto di cronaca». Con il nuovo disegno di legge, aggiunge il presidente del Gruppo Gems, «salterebbero alcune garanzie fondamentali, nel caso per esempio di un cittadino arrestato su accuse false, senza che la stampa possa difenderlo. Alcune limitazioni, sulla scia della legislazione francese, riguardanti la famiglia, la sfera sessuale, i poliziotti sotto copertura, sono benvenute, ma una cosa è la tutela della privacy un’ altra il controllo preventivo su giornalisti e autori». Tra gli editori (non solo di saggistica, il settore naturalmente più preoccupato di una possibile stretta sul diritto di cronaca) che ieri hanno aderito all’ appello lanciato da Mauri e Laterza: Luca Formenton del Saggiatore, Mario Andreose della Bompiani, Vittorio Bo di Codice, Raffaello Avanzini di Newton Compton, Mario Desiati di Fandango, Manuel Kromer della valdese Claudiana, Giuseppe Russo di Neri Pozza, Stefano Passigli, Stefano De Matteis dell’ Ancora del Mediterraneo, Oliviero Ponte di Pino della Garzanti, Marco Zapparoli di Marcos y Marcos, Gaspare Bona di Instar Libri, Daniela Di Sora di Voland.

Dino Messina e Cristina Taglietti

 

 

 

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