I giornali non vendono più? Convertiamoli in free-press

Con questo articolo di Francesco Greco
vogliamo aprire un dibattito sulla crisi dei giornali,
dei giornaisti e del giornalismo. Se non si trova una soluzione
non ci resta altro che organizzare il funerale della libera informazione.
Con conseguenze catastrofiche sulla democrazia.
S.B.
Francesco Greco
Bari, 22 novembre 2019
“Non li vogliono neanche gratis!”. Il mio edicolante ogni mattina si lamenta: vendeva 15 copie di quotidiani al giorno, ora appena vende 5. E gli va anche bene: la metà dei suoi colleghi (circa 16mila, erano 32mila), si è arreso e ha abbassato la saracinesca. Il mio resiste, ma la pensa come Salvini: “I giornali sono morti, non li legge più nessuno”.

E infatti vorrebbe rifiutarli, perché aprire il pacco al mattino e fare la resa a sera porta viatempo. A destra e a manca si levano alti lai di dolore, ci si strappa i capelli, si convocano gli stati generali dell’editoria, ci si masturba al convegno di Perugia, si fanno “rilanci” ravvicinati. Ma le copie diminuiscono e il rigor mortis si approssima.

Tutto per non ammettere una verità solare: che i giornali sono morti, che il mercato non livuole più. Che è nella logica dell’evoluzione: quando apparve l’auto, il carretto col mulo cominciò a diradarsi. I grillini avevano capito le difficoltà del settore, e sostenuti dal pensiero unico, senza contraddittorio, stavano cercando di affossarli definitivamente dando il colpo di grazia, togliendo quel poco di ossigeno che le leggi sull’editoria assicurano.

Un’azione sinergica che ha già i suoi effetti (Radio Radicale è spacciata). I grillini sono una citazione quotidiana del potente ministro della propaganda nazista Joseph Goebbels: leggenda vuole che se sentiva pronunciare la parola “cultura” metteva la mano sul calcio della pistola. I giornali intanto galleggiano, diminuiscono la foliazione, gli stipendi dei giornalisti senza che questi protestino, sono pieni di debiti e quando gli editori si stancheranno di ripianarli e rifinanziarli (non perché mecenati, per mera convenienza), sarà il ko definitivo.

Perché accade tutto questo? Cominciamo col dire che il giornale non è più la preghiera laica del mattino, che il giornalista ha perso la sua centralità e anche credibilità, che è stato abbondantemente relativizzato. Ieri si poteva dire: l’ha detto Montanelli, l’ha scritto Biagi, lo pensa Bocca, lo sostiene la Cederna. E ci si poteva fidare. Oggi invece tra giornalisti massoni, fake-news, post-verità e uffici-stampa camuffati da informazione, tutte le mucche sono grige, c’è un conformismo desolante, uniformità di visioni, militanze spudorate, letture del reale sbagliate.

Si tenta di criminalizzare il web attribuendogli le peggio cose, come se la carta stampata fosse immune da fake-news. Contrariamente all’aneddotica diffusa, però, non è il web il vero killer dei giornali. Perché l’informazione proposta non è sostitutiva, semmai complementare. La loro è una morte annunciata, un suicidio, un’eutanasia lenta. Gli assassini sono gli stessi giornalisti. I giornali sono vecchi, non si sono rinnovati: sono sempre gli stessi che scrivono sempre le stesse cose.

Hanno la mentalità novecentesca del giornalismo burocratico: pensionati che scrivono per pensionati. Le opinioni poi soffocano le notizie: ogni giorno c’è una news (spesso falsa) e dieci commenti abbarbicati come l’edera a soffocarla. Anche così si finisce fuori mercato. E non serve a niente svuotare i magazzini allegando libri dati mille volte o altri gadget. Il loro è un pubblico vecchio, marginale, prosciugato. Chi dovrebbe leggere il giornale? Non si sono rinnovati nei linguaggi, nelle tematiche trattate, nel target di lettori cui mirare. Sono in crisi identitaria, e se non sai chi sei, come fai a interessare gli altri e sapere che cosa vuoi?

Se una ragazzina svedese di 16 anni, Greta Thunberg, è seguita da milioni di persone in tutto il mondo, vuol dire che la tematica ambientale è stata ignorata, o trattata male dalla stampa. Darsi poi l’atout di denigrarla (“gretini”) invece di scendere nel merito di quel che dice, è un’ulteriore patologia tipica del giornalismo italiano provinciale e autoreferenziale. Se questa è la situazione, cosa fare? Un modo per uscire dall’angolo e provare a rilanciarli ci sarebbe, ma è doloroso.

Potrebbe dispiegarsi in due tempi: accompagnare alla rottamazione pensionandoli il 90% di quelli che oggi riempiono le pagine, e poi darli gratis, farne dei free-press. Facendosi finanziare dai grossi marchi (grande distribuzione, enogastronomia, lusso, ecc.), inclusi i colossi del web erroneamente letti come assassini: Amazon, Facebook, Google, Netflix e quant’altro. E’ un’idea, ma se ce ne sono altre, vorremmo ascoltarle: siamo tutt’orecchi…

Francesco Greco

Condividi questo articolo