Italiani rapiti e dimenticati, la FNSI “non abbandoniamoli”, no al silenzio stampa

Senza Bavaglio
Roma, 7 luglio 2019

Il Consiglio Nazionale della Stampa Italiana,  riunito a Roma il 25 giugno 2019, ricorda che Giulio Regeni, Silvia Romano, Luca Tacchetto, Pierluigi Maccalli, padre Paolo Dall’Oglio, sono cinque italiani di cui non si sa nulla.

Giulio è stato ucciso, ma non si sa da chi e perché. Silvia, Luca, Pierluigi, Padre Paolo Dall’Oglio, rapiti in Africa e in Asia sono scomparsi. Il silenzio stampa chiesto dalle autorità lascia molto perplessi noi giornalisti.

Per far luce su queste vicende, il lavoro dei giornalisti diventa essenziale. Ma se i giornali non hanno (o non vogliono stanziare) risorse, la ricerca della verità risulta difficile e richiama l’attenzione sulla mancanza dell’impegno dell’editoria nel fornire informazioni che l’opinione pubblica chiede.

Le tragiche vicende di questi italiani vanno indagate e non si può scrivere soltanto quando si hanno notizie frammentarie e non verificate. Occorre tenere alta l’attenzione, senza però inventare informazioni inesistenti e non controllate con attenzione. Sul web e sui giornali circolano informazioni spesso non verificate. Molte sono false.

Per fare un buon giornalismo occorre investire risorse, senza le quali il giornalismo è destinato a una brutta fine

Firmatari:

Massimo Alberizzi

Il documento è stato approvato all’unanimità.

Post Scriptum:

Tra le figure che hanno pagato con la vita il loro essere “sul campo”  ricordiamo anche Vittorio ‘Vik’ Arrigoni, l’attivista propalestina, scrittore e corrispondente del Manifesto e Peacereporter (e occasionalmente di molte delle più note testate italiane) ucciso a Gaza nel 2011 da estremisti islamici. Vittorio Arrigoni, unico “giornalista” presente a Gaza durante l’operazione israeliana Piombo Fuso, è stato il punto di riferimento per tutti i principali media internazionali. Incarnava perfettamente quel giornalismo-non-convenzionale che a tutti gli effetti alimenta l’informazione pur non appartenendovi formalmente. Suo il motto “Restiamo umani” con il quale chiudeva le sue corrispondenze, oggi divenuto quasi un’icona. Dopo la sua morte sono stati processati gli esecutori materiali ma sulla vicenda permangono ancora molte zone d’ombra.

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