Vicini ai giornalisti più deboli e maltrattati, per questo voto i candidati di Senza Bavaglio

Speciale per Senza Bavaglio
Solen De Luca
Roma, 5 dicembre 2018

Ex fissa, trattativa individuale, tagli allo stipendio, contratto, profilo Casagit, prepensionamento, sciopero, ferie, malattia, eccetera, eccetera, eccetera. Termini e situazioni di fatto che, seppur tutte degne di attenzione e rispetto, non si applicano e non si applicheranno mai, né a me né a moltissime altre persone della mia categoria.

In questo contesto, l’essere anche solo precario rappresenta paradossalmente, per noi, un vero e proprio miraggio, un lusso al quale non potremo mai accedere. Siamo i cosiddetti “freelance”, quei lavoratori autonomi, liberi professionisti, detentori di partiva iva e quindi soggetti ad emettere una fattura ogniqualvolta si fornisce una “prestazione professionale”.

Tradotto in termini spiccioli, significa che non abbiamo un editore/padrone che può decidere di licenziarci – visto che siamo degli outsider e non facciamo parte degli happy few, ossia della redazione – ma anche che le nostre tutele sono pari a zero: siamo noi a dover contrattare economicamente, ed in prima persona, la nostra opera intellettuale – in questo sono sempre stata una tragedia! – e siamo sempre noi a dover anticipare tutte le spese per la realizzazione del prodotto finale (viaggi, pernottamenti, pasti, telecamere, microfoni, montaggio, traduttori/fixer in loco, eventuali assicurazioni, …).

Solen De Luca

Siamo quei pazzoidi, schizofrenici, folli che hanno deciso di fare il loro mestiere in modo autonomo, andando dove li porta il loro naso, il loro cuore e la loro sensibilità, spesso costretti a lavorare all’estero o per testate estere. E non è certamente un caso se all’estero siamo tenuti in grande considerazione – perché arriviamo laddove i giornalisti seduti non arrivano, neppure con la mente – mentre, in Italia, siamo additati come “sfigati”, come giornalisti che non sono riusciti ad entrare in una redazione (pensate, neppure come collaboratori!), e quindi giudicati sui generis, ossia un tantino strani e sicuramente difficili da gestire. Eppure, la stampa seria si regge sulle nostre spalle.

All’estero lo sanno benissimo, e da molto tempo. Qui, in Italia, solo i più illuminati se ne stanno cominciando ad accorgere. Ho 46 anni e sono freelance da sempre. Ho cominciato con uno stage al Giornale radio in francese della Radio Vaticana, allora di anni ne avevo 22 e mi mancavano alcuni esami per laurearmi in Geografia politica ed economica alla Facoltà di Scienze Politiche (indirizzo politico-internazionale) dell’Università La Sapienza di Roma.

Da allora, nonostante i miei due figli, non ho mai smesso di fare questo mestiere. Mai, neppure al settimo mese di gravidanza. In 24 anni di attività professionale (sono diventata giornalista professionista dopo 8 anni di lunghissima gavetta, nel gennaio 2002), ho avuto un solo contratto (un part-time di un anno – ogni sabato e domenica – agli Esteri dell’ApCom) ed alcune sostituzioni estive (Antenna Sicilia, La Sicilia, Avvenire). Il resto delle mie committenze (Televisione Svizzera Italiana, Rai International, Rai3, Rai1, Rai Vaticano, SkyTg24, Venerdì di Repubblica, France2, Afp, La Croix, ed oggi Tv2000), è sempre stato da freelance, ossia da giornalista libera, autonoma, indipendente e senza tutele (né ferie, né malattie, né Casagit, ma con l’Inpgi e la quota annuale dell’Ordine da versare!).

Non ho mai avuto simpatie per un partito politico o un sindacato in particolare. E se è vero che sono fiera di avere un passato come Presidente della Consulta dei freelance dell’Associazione Stampa Romana, come Rappresentante Lazio della CLAN (Commissione Lavoro Autonomo della FNSI) e come Revisora dei Conti dell’Ordine del Lazio, è anche vero che la mia indipendenza e la mia autonomia rispetto a qualsiasi corrente e movimento vengono ancora visti oggi dai più come sinonimo di arroganza, presunzione e voglia di scavalcare i “Grandi Vecchi” che del Sindacato e dell’Ordine hanno, purtroppo ormai fatto, e da tempo, la loro vera professione, dimenticando quella vera.

Ed ecco perché ho deciso di appoggiare la lista di Senza Bavaglio ed i suoi candidati: perché sono tutti  giornalisti vivi ed attivi, e non professionisti delle poltrone; perché nessuno mi ha chiesto quanti voti potevo portare alla lista; perché hanno anteposto il Noi al Voi, scegliendo di essere dalla parte dei più deboli e di quelli che non hanno voce; perché hanno coraggiosamente scelto di rilanciare il mestiere più bello del mondo, ossia l’arte di saper spiegare la verità dei fatti a chi non ha gli strumenti per capirla, con amore, passione e dedizione; perché sono liberi e mettono al primo posto del loro programma la dignità, il decoro, l’autonomia, la credibilità e il prestigio di questo meraviglioso mestiere, e sono sempre in prima linea nella lotta alla dequalificazione, alla desertificazione intellettuale, allo sfruttamento e alla sottoutilizzazione; perché nel loro programma c’è la parola “insieme”, una parola che implica un lavoro da fare in gruppo, ognuno con i propri talenti, per il bene comune della nostra professione.

Ecco perché, alle prossime elezioni, ho deciso di scegliere i candidati di SENZA BAVAGLIO nelle liste di informazione@futuro

Solen De Luca
twitter @sbavaglio

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