da www.CriticaLiberale.it
enzo marzo
Roma, 12 novembre 2018
Servono due premesse. La prima. Chi scrive si pronunciò a favore di Virginia Raggi come sindaca di Roma. La motivazione era chiara: dopo Mafia Capitale un romano non poteva assolutamente votare per il Pd, ormai ridotto a uno straccio inquinato, dopo la scandalosa liquidazione dell’unico che era uscito pulito da tutta quella vicenda, il sindaco Marino. Ma Orfini genialmente riuscì a distruggere il suo sindaco, suicidare il suo partito e la sua giunta per consegnare agli avversari il Comune con anni di anticipo. Di fronte a tanta imbecillità e a un armadio così zeppo di scheletri bisognava voltare pagina.
Personalmente avrei votato per disperazione anche un falso legionario romano stanziante sotto al Colosseo. Era talmente forte la ripugnanza per il Pd che i romani in larghissima maggioranza votarono chi non c’entrava con il malaffare comunale. Tutti implicitamente speravano che si aprissero gli armadi, entrasse aria fresca e che l’incompetenza fosse riequilibrata da un po’ di buongoverno cittadino, anche soltanto di quello spicciolo. Purtroppo si capì subito che la nuova gestione avrebbe fatto un disastro.
Il Comune fu travolto da un tourbillon di nomine, di dimissioni, di incompetenti, dei soliti furbacchioni e di loschi figuri. Raggi ha cambiato ben otto assessori. Soprattutto fu evidente l’incapacità sia di fare davvero pulizia sia di governare la città. Conoscemmo meglio la stessa sindaca. Venimmo a conoscenza che non era lontana dai soliti gruppi di potere locale. Non ci piacque affatto la sua provenienza lavorativa da ambienti previtiani. Da cui addirittura arrivarono consigli e suggerimenti per le nomine. Infine lo scandalo, i Romeo, i Marra, e il processo, che si è chiuso con una decisione che ci rallegra perché è inutile infierire contro una ragazza alle prese di un compito mille volte più grande di lei. Il resto è cronaca quotidiana e ogni romano si può rendere conto e giudicare l’operato della giunta attuale.
Ma tutte le feste e il fracasso e dei M5s appaiono immotivati.
Hanno imparato presto il “metodo Bongiorno” di stravolgimento presso l’opinione pubblica del vero significato delle sentenze. Perché la motivazione del Tribunale è chiara: la sindaca è assolta non perché «il fatto non sussiste», come voleva la difesa, bensì «perché il fatto non costituisce reato». Quindi nessun reato, però il falso c’è, anche se non ha rilevanza penale. Ma ha certamente rilevanza politica avere come sindaca una che dice il falso. Oddio, di questi tempi, ai tempi di Di Maio, di Renzi e di Salvini dire bufale è un esercizio quotidiano depenalizzato. Ma c’è anche una differenza tra le bufale e le bugie. A me, che sono all’antica, e spero anche a molti romani, continuano a dare fastidio le menzogne in bocca ai politici. Come dà fastidio che a quasi tutti sia interessato non rilevare il giusto significato della sentenza.
Seconda premessa. Chi scrive è portavoce dalla “Società Pannunzio per la libertà d’informazione”, che ha come fine di proporre una radicale riforma dell’informazione e di denunciare , come abbiamo fatto, le malefatte dei giornali e dei giornalisti che palesemente violano la deontologia. Non abbiamo risparmiato mai critiche ad alcuni direttori, alcuni li abbiamo fatti anche condannare dall’Ordine, e soprattutto abbiamo sempre criticato un sistema di precariato professionale che rende i giornalisti, soprattutto i più giovani, assolutamente asserviti e sottoposti al continuo ricatto degli editori e dei direttori. Quindi non possiamo essere accusati d’essere teneri nei confronti della categoria.
Al netto del fine politico immediato di voler distrarre i cittadini dal fatto che anche la sentenza avesse sancito che la sindaca aveva detto il falso, le sparate triviali di Di Maio e di Di Battista rivelano – e non da oggi – un astio profondo per la libertà di stampa e un’insofferenza cronica per le critiche. Nella mente dei due esiste solo l’ideale del Minculpop in salsa rousseauiana. Ma l’occasione per esprimere tanto astio è sbagliata. I giornalisti in questo caso non hanno fatto altro che riportare i fatti man mano che accadevano, hanno scritto di cose che la Procura ha ritenuto degne di attenzione e addirittura di una incriminazione.
Dov’è lo scandalo? Detto questo, credo che sia sbagliata la risposta dell’Ordine regionale della Campania (più saggia la reazione dell’Ordine nazionale) che vuole mettere sotto inchiesta il pubblicista Di Maio. Un politico può dire ciò che vuole. Ogni parola gli ricade sulla testa. Non c’è bisogno di provvedimenti disciplinari su opinioni, ancorché ripugnanti. Vi prego, non rispondiamo cedendo a pulsioni corporative. Chi si sente particolarmente offeso lo denunci per ingiuria o diffamazione. E con lui Di Battista. Semmai mi piacerebbe soddisfare una curiosità: chi ha decretato l’entrata di Di Maio nell’Ordine? E sapeste come mi piacerebbe leggere le opere dell’aspirante pubblicista che gli hanno meritato tale onore. I congiuntivi erano tutti in ordine? Di solito, invece, “gli sciacalli” almeno conoscono la grammatica.
Le due premesse sono lunghe, ma servono per dimostrare che non c’è alcun pregiudiziale rancore o giudizio nei confronti dei M5s. Lo so che sono stati gettati nelle braccia di Salvini da un Renzi sempre più avventuriero, ma in verità i casaleggini non hanno fatto che deludere. Completamente soggiogati da Salvini, hanno perduto tutte le battaglie, ma proprio tutte. E la prossima che si addensa sopra le loro teste è quella sulla Tav.
Sull’esito ci scommettiamo qualcosa. E non mettiamo il dito nella patetica rincorsa dietro al sovranismo e all’antieuropeismo leghista. Il loro programma è stato demolito o beffardamente proiettato in un futuro che nessuno di noi o di loro vedrà. Ma nello tempo si sono dimostrati sia completamente inermi di fronte a un’invasiva propaganda demagogica improntata su mentalità e valori e mentalità fascio-razzisti della Lega che ha devastato il Paese, sia subalterni al più tradizionale programma di destra e di estrema destra che come al solito è un minestrone indigesto di illibertà dell’informazione (con una lottizzazione intergovernativa assoluta e nomine agghiaccianti in Rai), di protezione dell’evasione fiscale, di sanatorie e condoni, di voti di fiducia, di garanzie di impunità, di conflitti d’interessi.
E ora il loro alleato, come a Torino, addirittura li sbeffeggia partecipando alla manifestazione contro di loro. Col doppio dei seggi sono sistematicamente massacrati da chi ne ha la metà. Ma ha una politica. Il mantra “né di destra né di sinistra” può essere innocuo quando si sta all’opposizione e basta criticare, ma al governo senza bussola si va a vento, qua e là, a caso. Sinceramente neppure il più pessimista degli osservatori poteva immaginare quanto è successo in questi pochi mesi.
L’incapacità politica di Di Maio e lo sbandamento dell’intero Movimento sono evidentissimi e ci hanno regalato l’egemonia pericolosa di Salvini. Non preoccupiamoci delle sparate infantili di Di Maio. Le abbiamo già viste sull’impeachment di Mattarella, sull’abolizione della povertà, sull’attacco a Draghi, sul ricorso alla Procura per il condono. Poi il v.presidente, detto “qui lo dico e qui lo nego”, va a dormire e il giorno dopo anche lui se le dimentica.
Enzo Marzo
PS: Care «puttane» e «sciacalli», non offendetevi per le ingiurie ricevute. La punizione – e quanto severa – è arrivata immediatamente. Essere accusati da Berlusconi di attentare alla libertà d’informazione è uno scherno che va oltre ogni immaginazione. E’ come essere tacciati di antisemitismo da Hitler. Poveri ragazzotti.
Caro Enzo, la premessa di questo articolo sarebbe pienamente condivisibile, se non fosse che c’è un falso (un malinteso) alla base che nega le pur legittime critiche. Basterebbe leggere cosa dice l’art. 530 codice di procedura penale, comma 1, che è nulla di più della formula pronunciata dal Tribunale di Roma per assolvere la sindaca Virginia Raggi. Ed è quella che si chiama assoluzione con formula piena, chiesta dai suoi legali alla giuria del tribunale monocratico prima che entrassero in Camera di Consiglio, che è stata molto breve, quindi nemmeno a dare adito a retropesieri dei più maliziosi. E’ una pura idiozia, consentimi, dire che il tribunale ha riconosciuto che il fatto sussiste, perché se il fatto non fosse esistito, semplicemente non ci sarebbe stato alcun processo. Detto questo, il fatto (ovvero la procedura di interpello emanata dalla Raggi per 101 dipendenti comunali, le cui posizioni sono state sviscerate una per una dai pubblici ministeri) esisteva ed è stato ritenuto corretto, ovvero non costituente alcun reato. In primo grado. Ancora non si sa se la Procura si appellerà, bisognerà aspettare il deposito delle motivazioni nell’arco di 90 giorni dalla sentenza. Che cosa vogliamo cavillare allora? Se vogliamo continuare a farci insultare, accomodiamoci. Perché quando una sentenza non ci piace, non è che la possiamo tirare a nostro piacimento a seconda del gradimento ‘ad personam’. Il sindaco Marino, tanto per dire, per il fatto di aver usato il bancomat del Campidoglio per uso che il tribunale ha ritenuto personale, è stato poi condannato. Quindi anche qui il fatto esisteva (le cene, pagate con soldi del pubblico anche quando tali non erano), ma è stato ritenuto reato. Si vedrà in cassazione, per Marino che pure ha provato a lasciare un’impronta nella città fuori dagli schemi dei partiti, quale sarà l’esito finale. Eppure, quegli scontrini che forse tanti sindaci prima di lui hanno accumulato senza darsi troppi pensieri, gli sono costati una condanna di due anni in appello…
Diamo conto dei fatti, scissi dalle opinioni, solo così restituiremo credibilità alla categoria. Altrimenti, non vedo come potremmo convincere la gente a non pensare male…