Boccone amaro per Repubblica, annunciati sacrifici e tagli

Speciale per Senza Bavaglio
Andrea Montanari
Milano, 15 settembre 2018

Un fulmine a ciel sereno. Anche se la manovra straordinaria era nell’aria. Ma nessuno se l’aspettava adesso. E sopratutto così drastica. Ma alla fine la nouvelle vague del Gruppo Gedi (nato dalla fusione della Itedi di Fiat-Fca nel Gruppo L’Espresso), targata Laura Cioli, l’amministratore delegato scelto dalle famiglie De Benedetti ed Agnelli-Elkann per risanare i conti della casa editrice – dopo gli anni di ristrutturazione targati Monica Mondardini che ha lasciato la carica per mantenere quella di amministratore delegato della Cir dei De Benedetti -, è chiara: tagliare, tagliare e ancora tagliare. Gli investimenti per lo sviluppo del secondo quotidiano nazionale, La Repubblica, per La Stampa di Torino e i tanti quotidiani locali di Finegil? Non si conoscono. Nessuno li ha visti. Forse ci sono, ma per ora sono tenuti nel cassetto.

Il primo numero del quotidiano “La Repubblica”

L’importante, quindi, è tagliare i costi. E se è vero che la redazione del quotidiano diretto da Mario Calabresi è assai numerosa – ben 411 giornalisti, anche per le edizioni locali –, è altrettanto vero che nessuno si aspettava una mossa come quella preannunciata dai manager del Gruppo Gedi nelle giornate di giovedì e venerdì e che hanno subito messo in fibrillazione la redazione.

Da mesi, appunto, si parlava di possibili interventi “lacrime&sangue”. Ma nessuno ne conosceva la consistenza. Fino a ieri. Quando dai rumors di redazione, e dalla successiva assemblea di redazione di Repubblica, è emerso che l’azienda vuole realizzare, a più livelli e con più interventi, risparmi per 60 milioni. Di questi, 15 milioni devono essere tagliati al quotidiano fondato da Eugenio Scalfari e per anni principale giornale del Paese per vendite in edicola.

Come si traduce questa manovra? Per quel che riguarda Repubblica si parla di un intervento sugli stipendi dei giornalisti nell’intorno del 20%: lo stato di crisi che verrà annunciato dal gruppo prevederà la solidarietà, se non addirittura la cassa integrazione. Una novità assoluta per l’azienda e per i colleghi.

Così i giornalisti di Repubblica hanno immediatamente reagito consegnando al Comitato di Redazione un pacchetto di 5 giorni di sciopero da far scattare al momento dell’avvio della contrattazione vera e propria. Un monito, quindi. Un campanello d’allarme. Un segnale indirizzato non solo all’ad Cioli, ma soprattutto agli azionisti. In particolare a John Elkann. Per un paio di ragioni. Innanzitutto, perché a La Stampa, testata leader in Piemonte e un tempo di proprietà della Fiat, non ci saranno stati di crisi, non ci dovrebbero essere interventi drastici su una redazione composta da 170 colleghi.

Ma la seconda ragione, forse quella più rilevante, è che è stato lo stesso Elkann a promuovere la candidatura di Mario Calabresi per Repubblica dopo l’uscita di scena di Ezio Mauro, il delfino designato da Scalfari. Calabresi arrivava proprio da La Stampa, affidata ora a Maurizio Molinari.

Ed è proprio la gestione Calabresi ad aver portato, di fatto, a questa situazione. Dati alla mano – quelli ufficiali di Accertamento Diffusione Stampa -, infatti, La Repubblica dal suo arrivo (gennaio 2016) ha perso qualcosa come 56.557 copie vendute in edicola, scendendo dalle iniziali 214.582 copie alle attuali 158.025. Un crollo secco superiore al 26%. Una flessione che ha portato il quotidiano di Largo Focchetti a perdere la leadership delle vendite in edicola a discapito del principale avversario, ovvero il Corriere della Sera che nello stesso periodo di riferimento (due anni e mezzo: gennio 2016-luglio 2018) ha perso solo 3.359 copie, scendendo da 209.285 a 205.927 copie vendute in edicola.

E ora la distanza tra le due testate regine è divenuta siderale. Con un impatto rilevante sui conti del Gruppo Gedi, in termini di ricavi editoriali.

A questo punto viene da chiedersi: ma questo intervento sui costi gestionali e redazionaliè accompagnato da un piano di rilancio, di investimenti, di sviluppo o no? L’ultima esperienza di Laura Cioli nel settore editoriale è durata lo spazio di un mattino. Arrivata in fretta e furia in Rcs, per sostituire Pietro Scott Jovane (altro manager molto vicino a John Elkann), il suo piano non si è mai concretizzato per l’avvento di Urbano Cairo. L’unica vera mossa concreta della Cioli in Rcs è stata la chiusura di Gazzetta Tv: esperimento durato meno di un anno e costato 10 milioni.

La proposta di tagli avanzati dall’azienda per la sola Repubblica è pesante. Anche perché bisogna capire se sarà limitata al solo intervento sul costo del personale o se sarà collegata ad altre azioni mirate ancora sconosciute.

Vi è poi da dire che più volte è circolata la voce di un ricambio alla direzione del quotidiano romano: sono circolati i nomi di Ferruccio de Bortoli e di Carlo Verdelli. Oltre a quello di Molinari, direttore de La Stampa. Ma per ora John Elkann non molla e continua a confermare Calabresi. Bisognerà ora capire se la famiglia De Benedetti che di fatto controlla il Gruppo Gedi non vorrà intraprendere altre scelte.

Intanto, nell’impasse decisionale dei soci, si interviene solo e sempre sulla redazione. Una scelta semplicistica, se si vuole. Sarebbe, invece, utile conoscere i piani strategici per il futuro dello storico quotidiano scalfariano.

Andrea Montanari
@ilmontanari

Ecco il comunicato del CdR di Repubblica:

Dopo i tagli adottati negli ultimi dieci anni, il Gruppo Gedi, editore di Repubblica, ha prospettato ulteriori, pesanti interventi sul costo del lavoro giornalistico.

La redazione ha respinto all’unanimità la proposta dell’azienda e ribadito l’indisponibilità a confrontarsi, in questi termini, sul futuro del quotidiano. E ha invitato gli azionisti a farsi carico di criticità che non possono essere addebitate al corpo redazionale, ma a scelte manageriali, di marketing ed editoriali.

Nel momento in cui Repubblica è sotto attacco da parte della maggioranza di governo, i giornalisti esigono dall’azienda che si mettano in campo tutti gli strumenti e i comportamenti necessari per difendere il giornale, per proteggerne l’autorevolezza e la libertà, per tutelare la comunità dei lettori.

Allo scopo di preservare la qualità e il ruolo di Repubblica come garante del tessuto democratico del Paese, i giornalisti hanno dichiarato lo stato di agitazione, con il blocco contestuale di ogni nuova iniziativa editoriale, e hanno affidato al Comitato di redazione un pacchetto di cinque giorni di sciopero e la valutazione sull’uso di altre forme di lotta.

Al Cdr è stato inoltre dato mandato di ottenere dall’azienda un piano industriale dettagliato, accompagnato dalle specifiche sui conti del gruppo e sull’analitica distribuzione di costi e ricavi. E di chiedere alla direzione di Repubblica se ritenga questi ulteriori tagli compatibili con la qualità del prodotto in tutte le sue declinazioni, cartacee e digitali.

Il Comitato di Redazione di Repubblica

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