Tre anni fa un gruppo di 21 giornalisti coraggiosi ha osato sfidare i poteri forti. Ecco che cosa è successo.
Da Agenzia Giornalistica Il Velino (AGV)
Roma, 29 novembre 2017
“È incredibile che i giornalisti che hanno osato contestare il più che discutibile contratto di lavoro del 2014 non solo abbiano visto respinta la loro istanza, ma siano stati anche condannati dal Tribunale di Roma a risarcire l’intero ammontare delle spese legali a Fnsi, Fieg e Presidenza del Consiglio. Il giudice, non entrando nel merito, ha dato torto ai giornalisti con la singolare motivazione che non sarebbero iscritti alla Federazione della stampa ma alle singole associazioni regionali. Tra i giornalisti condannati vi sono molti disoccupati, tanti free lance, tenuti a pagare la spropositata somma di 40 mila euro. Sarebbe interessante sapere cosa pensi Giulietti, sindacalista di lungo corso e motore dell’Associazione Articolo 21, nonché attuale presidente della Fnsi, di questa vicenda che vede protagonisti dei giornalisti costretti a rivolgersi al giudice per difendere la categoria e i più deboli. Sarebbe interessante aprire una riflessione sulle posizioni della Fnsi e sul deficit di democrazia che sembra ormai caratterizzarla”. Lo dichiara il senatore Maurizio Gasparri (FI).
Una sentenza ingiusta. Riassumiamo i fatti
Tre anni fa un gruppo di 21 giornalisti coraggiosi ha osato sfidare i poteri forti, presentando un ricorso alla magistratura per chiedere di cancellare l’ultimo contratto che contiene norme aberranti.
Voleva difendere i diritti lesi di tutti i giornalisti, anche i vostri.
Noi abbiamo chiesto che il contratto fosse annullato perché la procedura con cui è stato imposto ai giornalisti non ha rispettato i dettami dello Statuto della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, il sindacato unico dei giornalisti.
Insomma non sono state rispettate le regole che prevedono criteri trasparenti e democratici.
Il giudice ci ha dato torto, ma NON è entrato nel merito della questione, ha semplicemente sentenziato che noi non abbiamo titolo per contestare le procedure della FNSI, semplicemente perché non siamo iscritti alla FNSI. La sentenza si trova qui “https://www.senzabavaglio.info/2017/11/13/la-sentenza-dei-giudici-di-roma-che-ci-da-torto/” .
Da notare che la questione della nostra illegittimità ad agire non era stata sollevata da nessuno dei tre chiamati in giudizio: FNSI, FIEG (la Federazione Italiana Editori di Giornali) e la Presidenza del Consiglio, chiamata a rispondere dell’accordo sull’Equo Compenso.
La vertenza – nel merito delle ragioni di tutti i giornalisti
L’informazione è sotto scacco. come sappiamo in Italia è pessima e lo sarà ancora di più se non riusciremo a fermare la deriva.
L’iniziativa dei giornalisti contro il rinnovo contrattuale era tanto fondata al punto che una parte significativa (quella dei compensi da fame stabiliti per i co.co.co ) è stata dichiarata illegittima prima dal Tar e poi dal Consiglio di Stato, a dimostrazione clamorosa della nostra tesi complessiva.
Il 22 novembre scorso la Fnsi è scesa in piazza per manifestare contro il lavoro precario dei giornalisti; ma il primo a precarizzare il lavoro è stato proprio il sindacato unitario dei giornalisti, che con l’accordo del 2014 ha ottenuto incentivi del governo anche per chi assume a tempo determinato;
Questa intesa sugli incentivi ai contratti a termine, ha avuto la conseguenza (per altro neanche sottoscritta negli accordi di Giunta del giugno 2014, ma aggiunta nel silenzio dal segretario della FNSI nella stesura definitiva del Contratto) di depennare i paletti che gli editori avevano per derogare ai contratti a tempo indeterminato, e cioè sostituzione di colleghi in ferie, malati, colleghe in maternità, oppure in via eccezionale per affrontare quelle che il Contratto dei giornalisti definiva come “situazioni imprevedibili”;
Sull’ex-fissa si è di fatto operata una malleva sui grandi editori, quelli che in gran parte avrebbero dovuto rispondere di questa importante voce contrattuale (i piccoli giornali, che spesso vivono pochi anni, oppure le testate che non hanno avuto continuità negli ultimi tempi, come l’Unità, quasi mai avevano fatto maturare ai loro redattori i 15 anni di anzianità aziendale per esigere il diritto).
Una malleva che arriva all’immoralità di far pagare il debito dei grandi editori ai contratti dei nuovi assunti di qualsiasi iniziativa editoriale (anche di una cooperativa). A questi giornalisti è stata tolta l’indennità cosiddetta ex-fissa, ma è stato mantenuto il prelievo (l’1,5% su ogni singolo contratto FIEG-FNSI) che va quasi interamente (salvo uno 0,25%, destinato alle singole posizioni di previdenza complementare) al fondo di debito.
Quindi si alza il costo del lavoro, ma non a beneficio del lavoratore bensì degli editori che sarebbero stati debitori delle singole posizioni che avevano maturato il diritto con 15 anni di anzianità aziendale. Successivamente, FIEG e FNSI (con onere aggiuntivo rispetto agli accordi del 2014…) si sono accordati per un ulteriore 0,35% di costo del lavoro su ogni nuovo contratto da destinare al fondo ex fissa.
La poca pubblicità a questi accordi è stata tale che la presidente dell’INPGI Marina Macelloni, in audizione alla Camera nel settembre scorso, ha in due occasioni sostenuto che l’1,5% dei nuovi contratti va interamente veramente al Fondo di previdenza complementare. E l’INPGI è l’ente previdenziale che amministra il fondo dell’ex-fissa! Se il massimo dirigente dell’INPGI non conosce gli accordi che pure sono recuperabili nel sito dello stesso Istituto, significa che non si è fatta corretta informazione sulle intese contrattuali. Grave per qualsiasi sindacato, imperdonabile per il sindacato dei giornalisti.
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