Sanza Bavaglio
Milano, 17 settembre 2017
Il tortuoso percorso intrapreso da Hearst non si ferma nemmeno al secondo licenziamento – quello di Clara Settimo di Marie Claire – anzi. Tra le pieghe di un contratto che non viene più rispettato, proseguono le “scorrettezze” all’interno di un’azienda storica (ex Rusconi, ex Hachette), che sfodera il suo comportamento più irrispettoso proprio con l’ultimo atto procedurale: mandare a casa i giornalisti. La prima giornalista Alba Solaro, era stata mandata via un anno e mezzo fa.
Ma le sfumature meno evidenti, che però esistono e sussistono da anni, sono purtroppo ben conosciute dal sindacato che prende tempo e sta a guardare evidentemente imbarazzato senza sapere che cosa fare. Stagisti (non giornalisti), che firmano pezzi online al posto dei professionisti, demansionamenti, riposizionamenti in situazioni non corrette, giornalisti spostati velocemente in attesa di nuove chiusure di testate, interdizioni di dialogo e di rapporto dopo anni di lavoro serio. E poi tanti collaboratori dall’Italia per la Svizzera, quando i collaboratori sui cartacei vengono tagliati senza nemmeno un motivo, responsabili dei siti online tirati via dal loro ruolo dopo aver detto una parola di troppo, ruoli fasulli inventati per cercare di salvare il salvabile, almeno in apparenza.
Quale sia la strategia futura di Hearst, colosso mondiale dell’editoria, per l’Italia non è dato sapere. Quello che si evince dal comportamento attuale pare tutt’altro che roseo. Almeno per i giornalisti.
E’ l’arrivo di Esquire, soltanto on line per ora? Porterà nuovi posti di lavoro?
Chi può, scappa o è già scappato. A fine giugno sono scaduti gli incentivi per andare. Chi può, sia chiaro. Visto che il mondo del lavoro, si sa benissimo, non è in grado di dare alternative. Ma per chi va, non si apre un posto per chi resta.
Ci sono giornalisti che tornano a essere stagisti e altri sistemati a caso da qualche parte perché il lavoro nelle redazioni non manca. Chissà poi per quale motivo non vengono presi in considerazione colleghi che vagolano senza assegnazione da anni.
“Non ci sono posti disponibili”, è stato dichiarato e sostenuto. La vertenza è oggettivamente complicate e difficile. Il CdR senza l’appoggio serio della Lombarda e della FNSI non è in grado di contrastare le decisioni dell’azienda e cerca di dialogare senza arrivare a un dunque. Non si stanno salvando i posti di lavoro, si stanno salvando solo gli stipendi a discapito della qualità, della professionalità, della dignità e del lavoro giornalistico.
La Svizzera pare rimanere incontrollata dal sindacato, seppur c’è in ballo un approfondimento su quanti dei brand di testate giornalistiche, possano risultare siti non registrati e possano essere sotto diretta responsabilità dell’amministratore delegato e del Digital Editorial Director (ruolo che esercita esclusivamente in Svizzera pur essendo assunto in Italia) e non dei direttori responsabili di testata. Siti (non portali), realizzati da non giornalisti: ma risulta difficile anche parlare di contratto giornalistico in Svizzera, quando nemmeno qui in Italia viene difeso.
La situazione è ormai chiara dentro e fuori le mura di Hearst, ma mancano le risposte e le prese di posizione. I licenziamenti sono l’atto finale di una situazione assolutamente fuori norma. Si parla della chiusura di altre testate per far rimanere solo la parte online. Organigrammi non presenti e non presentati: ci sono colleghi fantasmi da anni, che continuano a essere tali. Molti giornalisti di Hearst si sono rivolti agli avvocati per tentare di trovare una soluzione, che ha tutte le carte per poter essere risolta in casa, senza essere costretti a procedere per vie legali.
Se FNSI e l’ALG continueranno a non prendere posizioni nette e a contrastare efficacemente e seriamente non soltanto a parole l’azienda e le sue decisioni eticamente – ancor prima che legalmente – scorrette, saranno posti di lavoro che si continueranno a perdere. Ma non basta: i giornalisti saranno sostituiti da lavoratori non giornalisti. E chi ha il tesserino si ritroverà a fare il fantasma, producendo un lavoro non giornalistico. (Per poi dover fare i corsi richiesti dalla legge per l’aggiornamento professionale…).
A questo punto la politica deve intervenire, soprattutto in queste sfumature che ormai non lo sono nemmeno più. Ne va del lavoro della categoria e di tutti noi, se le situazioni così allarmanti e gravose per l’identità giornalistica continuano a non essere arginate.
Senza Bavaglio continuerà a seguire da vicino la situazione come ha fatto fino a ora, sperando che ci siano sviluppi positivi e una presa di posizione seria da parte degli organismi di competenza.
Senza Bavaglio
twitter @sbavaglio
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