“Borsetti, faccia la tessera o perderà il posto!”

 Il Diario di Piero
Danilo Lenzo
Milano, 18 luglio 2017

Il nuovo che avanza in politica non smette mai di stupire anche perché profuma di marcio. Questa è la storia di Andrea Borsetti, ex cronista di nera che, tra crisi editoriali, vere o presunte che siano, è passato da un giornale all’altro, per poi finire a gestire l’ufficio comunicazione di una grande azienda pubblica lombarda. I primi cinque anni sono trascorsi molto bene. Lavoro più stabile e retribuito dignitosamente. Ambiente sereno e stimolante.

I problemi sono iniziati quando in azienda un partito, seguendo i metodi della mai tramontata prima Repubblica, ha “piazzato” un nuovo presidente, un illustre sconosciuto senza arte né parte ma grande “paraculato” da sempre al servizio della politica lombarda. Borsetti ha scoperto che, in pratica, da quando aveva 20 anni ad oggi che ne ha 50, è passato da un incarico ben retribuito all’altro grazie agli amici degli amici e spesso senza avere le necessarie competenze. Niente di nuovo sotto il sole di Milano.

Il presidente nel giro di pochi mesi ha stravolto in negativo l’azienda, portando dentro tutta l’arroganza e il pressapochismo della politica degli ultimi tempi. E impegnandosi soltanto a garantire incarichi e molto altro agli uomini della sua tribù. Ha poi preso di mira Borsetti, inattaccabile professionalmente, avanzando particolari richieste di fedeltà e parlando sempre al plurale gli ha detto: «Caro dottore, noi vogliamo aprire un nuovo corso. In questa azienda c’è ancora posto per lei solo se rema nella stessa nostra direzione. Noi dobbiamo fidarci di lei. La comunicazione è importante. Lei non è dei nostri. Non è iscritto al partito. Questo è un problema serio».

Il giornalista pensando di essere su “scherzi a parte” ha cercato di spiegare di essere in azienda grazie ad un concorso vinto superando le prove con il massimo dei voti e che non si tratta di un incarico politico e di non essere interessato a nessun partito.

Niente da fare. Il presidente in più occasioni ha insistito: «Lei deve schierarsi, altrimenti ci mette in difficoltà. Segua il mio consiglio faccia la tessera del mio partito». A questo punto il giornalista ha replicato: «Presidente non mi interessa. In tasca mi basta avere solo la tessera dell’Ordine». E il presidente senza battere ciglio: «Si fidi, la sua tessera non serve a un cazzo. Poi sa come vanno certe cose. Noi potremmo anche muoverci per toglierla. Faccia la tessera del partito, almeno per conservare il posto. Lei ha una famiglia da mantenere, un figlio ancora piccolo. Faccia in modo che il futuro continui a sorriderle. Di questi tempi non è facile trovare un’altra occupazione. Ascolti i nostri consigli».

Andrea Borsetti per qualche mese è stato sottoposto a non poche pressioni di questo genere da parte del presidente che per modo di fare e di parlare, se avesse avuto un accento siciliano, anziché spiccatamente lombardo, sarebbe stato di sicuro scambiato per il padrino don Vito Corleone.

In ogni modo, il giornalista non si è fatto intimidire. Ha registrato gran parte delle assurde conversazioni. Si è affidato a un bravo avvocato e dopo mesi l’ha anche spuntata salvando il suo posto di lavoro e soprattutto la sua dignità di uomo e di giornalista. E il presidente? Niente di niente. Della vicenda non ha parlato nessuno, neanche una riga. Non ci sono state gravi conseguenze legali per il presidente. E il suo grande partito si è limitato a “piazzarlo” in un’altra azienda, l’ennesimo incarico e sempre ben retribuito da dove continuerà a lavorare per gli amici degli amici. La feccia cade sempre in piedi.

È tutto per oggi.

Danilo Lenzo

(Avvertenza: i personaggi e i fatti sono immaginari ma autentica è la realtà che li produce)

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