Avvertenza: I personaggi e i fatti riportati nelle pagine del “Diario di Piero” sono immaginari ma autentica è la realtà che li produce.
Milano, 26 luglio 2007 – Il giornalismo si tinge di rosa. Il problema è capire se è una cosa positiva o l’ennesimo colpo di sfiga per la categoria e soprattutto per le donne.
La collega Erminia Castelli, 38 anni, tenace caposervizio di cultura in un quotidiano del Nord, protende per la seconda soluzione.
Mi ha raccontato diverse storie, brutte molto brutte per un Paese che si definisce civile e normale. Secondo lei il giornalismo è una professione in progressiva decadenza e da più punti di vista. Per questa e unica ragione, i “maschietti italici” se ne tengono sempre più alla larga: i lavori precari o poco retribuiti è meglio lasciarli alle donne.
All’interno e all’esterno delle redazioni esercitare la professione giornalistica con dignità è davvero molto difficile. Editori, ma anche colleghi senza scrupoli, sfruttano al massimo il personale ed i collaboratori esterni, in cambio di condizioni contrattuali da terzo mondo o comunque di accordi fortemente condizionati dal principio “poca spesa, molta resa”.
A farne le spese sono soprattutto le giornaliste, che oramai rappresentano la maggioranza all’interno della categoria. Devono rinunciare a tutto ed essere disponibili 24 ore su 24.
Erminia ha evidenziato qualcosa di assai grave: è prassi diffusa imporre condizioni che interferiscono con la vita privata, in cambio di un posto di lavoro fisso (o di una buona collaborazione).
Occupa il primo posto il consiglio “obbligatorio” di non fare figli. Chi sgarra, se assunta o con contratto a tempo determinalo, al rientro dal periodo di maternità sarà in qualche modo costretta a licenziarsi (con mirate e squallide azioni di mobbing).
Evviva, quindi, le donne giornaliste, meglio ancora se single o al massimo “tendenzialmente impegnate con terza persona” (per chi riesce, nelle due ore libere della propria giornata, ad imbastire almeno una bozza di rapporto sentimentale).
Altra situazione grottesca è che le giornaliste che occupano posti di rilievo (generalmente riservati ai pochi esemplari maschi in circolazione), non fanno nulla per fermare questo andazzo, anzi sono spesso le prime a “condizionare” pesantemente la vita privata delle colleghe. Regola numero uno: procreare è un errore gravissimo.
Erminia ha proposto al suo capo, di inserire nei contratti di assunzione o di collaborazione, una nota in cui si chiede
espressamente la sterilizzazione, al fine di eliminare il rischio di maternità tra le nuove “operaie” dell’informazione.
Il capo (un donnone di 55 anni che fuma sigari puzzolenti) ha definito la proposta “molto allettante, ma purtroppo, non applicabile… almeno per ora”.
Non ha capito che si trattava di una provocazione.
È tutto per oggi
Danilo Lenzo
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