Avvertenza: I personaggi e i fatti riportati nelle pagine del “Diario di Piero” sono immaginari ma autentica è la realtà che li produce.
Milano, 8 agosto ? Questa mattina in via Torino mi è apparso come un fantasma l’editore Ernesto Lamorte, con cui ho avuto la prima esperienza semi ? seria di lavoro nel mondo del giornalismo.
Dopo avermi riconosciuto, ha spalancato gli occhi a palla e poi ha abbassato lo sguardo.
Credevo fosse ancora nascosto in qualche buco dell’America latina, dove aveva ripiegato in seguito al fallimento fraudolento delle sue aziende.
Ricordo come, aiutato da un noto sindacalista milanese, mi ha fregato con la tecnica della busta chiusa. Lavoravo in un
settimanale dell’Editrice Lamorte, ufficialmente come collaboratore ma nella pratica come redattore a tempo pieno con
altri 9 giornalisti.
Quando le cose si sono messe male l’editore Lamorte ha deciso di mandarci subito a casa ma eliminando il rischio di vertenze. Siamo stati convocati uno alla volta nel suo ufficio, dove mi sono trovato davanti un omone con occhi piccoli e neri come la pece. Era Carmelo Piccozza, un famoso sindacalista che ancora oggi a parole si batte in difesa dei giornalisti.
Piccozza ha spiegato che dovevo interrompere immediatamente il rapporto con la casa editrice firmando un documento in cui rinunciavo per il futuro a qualsiasi pretesa economica e contrattuale.
Ho chiesto spiegazioni e soprattutto di potere leggere attentamente il documento. L’editore si è infuriato iniziando ad inveire contro la mia persona: «Non ho tempo da perdere. Firma come tutti gli altri e lascia subito questo palazzo».
Il sindacalista l’ha invitato con un cenno della mano a calmarsi. Dopodiché ha preso dal tavolo una busta bianca chiusa e
sventolandola in aria ha detto: «Questo è l’assegno che ti diamo in cambio della firma. Ho tenuto conto del periodo che hai trascorso dentro questa azienda. L’importo forfetario è di cinque milioni di lire». Mi ha poi gentilmente concesso il tempo di leggere il documento.
La cosa puzzava molto di bruciato. Non volevo firmare ma l’editore ha iniziato di nuovo a bestemmiare, a battere i pugni sul tavolo fino a quando il sindacalista: «Stai ricevendo un trattamento di favore. Lamorte è costretto a chiudere il settimanale e non vuole rogne con i giornalisti. Ha deciso di dare a tutti, collaboratori compresi, un piccolo risarcimento perché è una brava persona. Firma e prendi questa busta. In ogni caso, devi lasciare subito la redazione».
Non avevo molto tempo per decidere tra la possibilità di andarevia a mani vuote e poi magari tentare un’azione legale oppure chiudere la vicenda accettando l’assegno (tra l’altro non menzionato nel documento). Ho stupidamente accettato l’assegno. La convinzione di avere in mano un compenso certo mi ha fregato.
Dopo avere lasciato la redazione ho aperto la busta, così come chiesto dal sindacalista per evitare possibili polemiche tra colleghi in merito alle differenze di trattamento economico.
La busta non conteneva nessun assegno, bensì un grande biglietto con la scritta «Il futuro sorride a quelli come me» firmato da Ernesto Lamorte. Inutile il tentativo di tornare in redazione, perché i portieri mi hanno respinto con energia. Con la tecnica della busta, in poche ore, sono stati fregati tutti i giornalisti dell’Editrice Lamorte.
È tutto per oggi
Danilo Lenzo
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