La presentazione della riforma delle pensioni preparata dall’INPGI e inviata per conoscenza al sindacato dei giornalisti FNSI e a quello degli editori FIEG è stata presentata alle 10 di mattina del 2 luglio al Circolo della Stampa di Milano e nella sede dell’Associazione Stampa Romana in piazza della Torretta a Roma. Si direbbe che la montagna ha partorito un topolino.
A Milano, moderatore e anfitrione Paolo Perucchini, presidente dell’Associazione Lombarda dei Giornalisti, l’onore e l’onere della presentazione è toccato a due dei consiglieri d’amministrazione lombardi dell’INPGI, Claudio Scarinzi ed Edmondo Rho. A Roma l’iniziativa è stata presa dal consiglio direttivo dell’Associazione Stampa Romana insieme alla Consulta Regionale dei comitati di redazione: invitati, tutti i consiglieri nazionali romani della FNSI.
Nelle due regioni dove vive e lavora ben oltre il 50 per cento dei giornalisti italiani, è sufficiente un dibattito che avrà coinvolto sì e no 150 persone? Dalle altre regioni giungono notizie che non denotano partecipazioni affollate, e neppure plausi scontati al progetto partorito in via Nizza. Strana e a nostro avviso non molto corretta la decisione del sindacato dei giornalisti marchigiani, che s’è pronunciato per primo già il 22 giugno, di approvare il progetto di riforma e inviare la sua approvazione al sindacato nazionale senza però pubblicare il documento sul proprio sito.
Finora tace la Campania, che pure ha un considerevole numero di colleghi e il cui sindacato (SUGC) ha varato recentissimamente, il 1° luglio, un’iniziativa interessante: vale a dire, il Gruppo Uffici Stampa (GUS) ben deciso a darsi da fare nella vasta foresta di chi lavora negli uffici stampa senza nessun riconoscimento professionale e con contratti, quando ci sono, di qualunque tipo purché non giornalistico.
Per quanto possa apparire strano, se non surreale, solo la Subalpina ha avuto l’idea di consultare i colleghi già in pensione, con un’assemblea fissata a Torino per le 15,30 di lunedì 6 a Palazzo Ceriana Mayneri (in corso Stati Uniti 27). Eppure è lapalissiano che i colleghi già in pensione sono quelli che subiranno per primi, in corpore vili, gli effetti della riforma, quale che sia la sua versione definitiva comunque restrittiva.
Insomma, credo che il vertice di via Nizza e i suoi interlocutori sindacali si siano mossi tardi, in ordine troppo sparso e in sordina. Come evitare il sospetto che si cerchi di fare in modo di concludere i giochi in pieno periodo vacanziero per mettere a settembre tutti davanti al fatto compiuto?
Tutto ciò premesso, è ormai la quarta o quinta volta che dopo i provvedimenti man mano presi negli ultimi anni l’INPGI afferma in tono perentorio con tanto di comunicati trionfalistici che “i conti dell’Istituto sono stati messi in sicurezza”. I conti e di conseguenza le pensioni. Ma se erano già stati più volte “messi in sicurezza” come mai siamo di nuovo punto e a capo a dover usare forbici e forbicine?
Al Circolo della Stampa ho posto questa domanda e i membri del CdA hanno scaricato il barile sull’ex ministro Elsa Fornero e sull’attuario al quale l’INPGI si è rivolta per leggere il futuro nella palla di vetro. Chiariamo che l’attuario è un professionista che utilizza le proprie conoscenze di natura matematica e statistica per effettuare calcoli e previsioni su andamenti futuri per conto di società di assicurazioni ed enti vari. L’attuario incolpato è Marco Micocci, con un curriculum e un medagliere di tutto rispetto (http://people.unica.it/marcomicocci/curriculum/), ma trovo non meraviglioso che di recente sia stato assunto dalla Fieg. A parte il possibile conflitto di competenza, se le sue previsioni risultassero sbagliate anche per la Fieg oltre che per l’INPGI sarebbe un bel guaio: per la nostra professione, doppio danno….
Come che sia, al Circolo ho ribattuto ricordando la mia insistente proposta, nel mio secondo mandato di consigliere generale, che l’INPGI consultasse più di un attuario: in modo che confrontandone le previsioni ci si potesse rendere conto se combaciavano (e su quali basi), un caso questo tranquillizzante, o se erano differenti, un caso, questo, invece allarmante. E che avrebbe fornito lo stimolo a volerci vedere più chiaro e con maggiori certezze.
Dopo l’esposizione di Rho e Scarinzi, sin troppo rassicurante, i colleghi hanno posto domande di tipo molto pratico, nella maggior parte dei casi riguardanti casi personali. Pareva si stesse parlando di una riforma già approvata e non solo di un’ipotesi ancora da promuovere. A un certo punto però sono iniziate le domande scomode, che ponevano dubbi e muovevano critiche anche pesanti sul reale andamento del bilanci dell’INPGI da non pochi anni ad oggi.
Poi il dibattito è un po’ degenerato quando è stato fatto notare che il presidente dell’INPGI guadagna ogni anno oltre 314 mila euro lordi, più del presidente della Repubblica il cui appannaggio è di 240 mila euro lordi (guarda il video della bagarre http://tv.ilfattoquotidiano.it/2015/07/03/INPGI-protesta-dei-cronisti-sul-presidente-camporese-compenso-da-315mila-euro-piu-di-mattarella/390989/ ). Per parte mia ho chiesto se risponde al vero la notizia, appresa solo la sera del 1° luglio, che Camporese è iscritto all’INPGI/2 per il lavoro di presidente dell’INPGI/1 (e dello stesso INPGI/2) di cui è collaboratore coordinato e continuativo.
Scarinzi e Rho hanno risposto che tutti i consiglieri sono iscritti all’INPGI/2 in base alle indennità percepite. Avranno una pensione dalla gestione saparata. Quella di Camporese sarà molto robusta. Secondo Franco Abruzzo, poiché lavora per l’INPGI l’istituto versa all’INPGI/2 il 17,82% dell’indennità pura (255 mila euro) pari a circa 46mila euro, mentre altri 23mila euro sono versati dall’interessato. Il contributo è del 26,72% (17,82% a carico del committente e l’8,91 a carico del giornalista, leggi in http://www.INPGI.it/?q=node/809).
Quindi alla fine il presidente Camporese viene a costare oltre all’indennità di 314 mila euro, anche i 46mila euro di INPGI/2 più i vari fringe benefit e cioè: l’appartamento a Roma, i pasti, i viaggi in aereo sulla tratta Roma/Venezia, i taxi. Certamente quei 46mila euro sono un costo imposto dalla legge. Tutto regolare quindi, ma a chi deve tirare un altro po’ di più la cinghia non piace molto. O no?
Dando fuoco alle polveri, la cifre sono state lette ad alta voce dal collega Franco Abruzzo, ex presidente di lungo corso dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia e attuale presidente dell’Unione pensionati per l’Italia (Unpit), e dalle colleghe Daniela Stigliano e Nicoletta Morabito, consigliere nazionale dell’Ordine per Senza Bavaglio, che ha chiesto lumi sull’iter seguito per arrivare a fare avere al presidente attuale oltre 314mila euro di indennità annui.
Il collega Scarinzi ha detto che i 45/50mila euro aggiuntivi percepiti dal presidente sono comunque “una goccia” nel mare del bilancio INPGI. Giusto. Ma avrei preferito una spiegazione più chiara e argomentata.
Il collega Rho ha tentato di disinnescare l’argomento cercando di coinvolgermi nelle responsabilità: ha fatto notare che a suo tempo io in consiglio generale ho votato a favore di una delibera sull’indennità del presidente attuale, Andrea Camporese. Giusto. Ma era una delibera che si faceva carico del fatto che Camporese, giornalista della Rai, nei quattro anni di mandato, diventati otto, una volta tornato alla Rai si sarebbe ritrovato con due scatti di anzianità in meno e con conseguente danno per tutti i suoi molti stipendi futuri, molti perché all’epoca aveva solo 38 anni.
Il fatto è che di delibera sull’indennità, o meglio sull’aumento dell’indennità di Camporese, ce n’è stata una seconda, approvata quando non ero più consigliere dell’INPGI. Insomma, il tentativo di Rho di respingere al mittente la critica implicita della Morabito non è stato propriamente corretto, e nella bolgia che ne è seguita non sono sicuro che il pubblico abbia potuto sentire bene ciò che ho spiegato.
La strategia perseguita per far passare questa riforma è chiara ed è – di fatto – un ricatto: chi è contrario viene fatto passare per egoista privo di solidarietà per i colleghi in difficoltà e soprattutto nemico dei giovani. E’ la linea mutuata dal governo Renzi che calpesta la sentenza della Corte Costituzionale sul blocco della perequazione.
Blocco che punta a ridurre a carta straccia nel giro di un decennio le pensioni cosiddette “d’oro”, ove per oro si intende anche un netto da 1.500 euro al mese!!! Renzi per far passare il suo colpo di mano anticostituzionale, e perciò para golpista di fatto, ha messo i giovani contro gli anziani e contro i vecchi come se fosse colpa loro il fatto che in Italia il lavoro è fin troppo carente e ci sono quindi troppi giovani a spasso. Molti dei quali – leggo dalle statistiche – ormai rassegnati e con poca voglia di studiare e cercarsi un lavoro, preferendo restare invece a carico e in casa dei genitori fino anche a oltre i 30-35 anni di età, cosa assolutamente impensabile in qualunque altro Paese europeo o comunque civile.
In tema di solidarietà che si vuol rendere obbligatoria con discorsi moralisti è interessante leggere quanto scritto piuttosto superficialmente da Marcello Zinola ( https://assostamparegionali.wordpress.com/2015/07/03/zinola-sulla-riforma-INPGI-no-a-egoismi-fuori-del-tempo/ ) ), a patto di riuscire a capire dall’italiano stentato cosa voglia dire. Al Circolo della Stampa di Milano il tema della solidarietà tra colleghi è stato argomento di un discorso appassionato da Giancarlo Perego, in pensione dal Corriere della Sera.
Ovviamente nessuno è contro il prelievo di solidarietà che l’INPGI vuole introdurre, dato che si tratta di cifre esigue (alla mia pensione verrebbero sottratti più o meno ALTRI 10-15 euro), ma vorremmo essere sicuri che servirà a qualcosa e che non venga amministrato come sono stati amministrati finora i soldi dell’INPGI, grazie anche a previsioni attuariali piuttosto farlocche. E comunque dà un po’ fastidio vederselo imporre da una dirigenza molto ben pagata e che al pari dei parlamentari NON intende rinunciare neppure a un briciolo delle proprie indennità, fatta eccezione per i gettoni di presenza.
Il fastidio aumenta se il tema della solidarietà viene agitato con toni e discorsi moralistico ricattatori, anziché con analisi informate e informanti. Si tace per esempio che il blocco della perequazione ha sottratto ai pensionati italiani già 10 miliardi di euro, una fettina dei quali (20 milioni di euro) è stata già dirottata alle casse dell’INPGI, anziché agli aventi diritto pensionati. Per di più i 1.200 giornalisti pensionati con oltre 91mila euro lordi annui subiscono (ex legge 147/2013) già il prelievo scalare del 6, 12 e 18%: questi soldi vanno all’INPGI. Ora devono pagare due volte?
La mia pensione purtroppo non arriva ai 91 mila euro lordi l’anno, ma negli ultimi anni anziché aumentare è diminuita. Di poco, ma è diminuita. Chi se ne intende mi dice che col blocco della perequazione ho già subito un danno che ora è di qualche centinaio di euro al mese. Nelle mie condizioni ci sono molti altri pensionati. E chi, come me, abita in un appartamento di proprietà dell’INPGI si vede man mano aumentare l’affitto perché questo, a differenza delle nostre pensioni, NON è soggetto al blocco della perequazione: quando l’Istat dice che il costo della vita è aumentato dell’ X%, la cifra da pagare all’INPGI per l’affitto mensile aumenta inflessibilmente in rapporto a tale X%. Mi viene in mente la dentatura della murena, costituita da due diverse file di denti tra loro indipendenti: con una la murena blocca la preda, con l’altra se la divora…..
Si tace che in fatto di solidarietà nel costo della benzina TUTTI gli italiani, compresi i famosi giovani, pagano i seguenti contributi – di fatto di solidarietà – chiamati però chissà perché accise e introdotti per emergenze ormai antiche. In un Paese civile quando viene meno il motivo per cui si è introdotto un nuovo balzello questi viene rimosso. In Italia invece…
Ecco l’elenco fino a tutto il 2014, che il governo Berlusconi voleva anche aumentare introducendo una nuova piccola accisa per recuperare i 671 milioni di euro venuti a mancare con l’abolizione della tassa sulla prima casa. Tassa che non è affatto detto che non venga reintrodotta mentre la sua accisa continuerà a pesare sul costo della benzina esattamente come continuano a pesare ogni giorno al distributore di benzina i seguenti contributi di solidarietà, chiamati prudentemente in altro modo e che in totale assommano a ben mezzo euro del costo del carburante:
0,000981 euro: finanziamento della guerra d’Etiopia del 1935-1936;
0,00723 euro: finanziamento della crisi di Suez del 1956;
0,00516 euro: ricostruzione post disastro del Vajont del 1963;
0,00516 euro: ricostruzione post alluvione di Firenze del 1966;
0,00516 euro: ricostruzione post terremoto del Belice del 1968;
0,0511 euro: ricostruzione post terremoto del Friuli del 1976;
0,0387 euro: ricostruzione post terremoto dell’Irpinia del 1980;
0,106 euro: finanziamento della guerra del Libano del 1983;
0,0114 euro: finanziamento della missione in Bosnia del 1996;
0,02 euro: rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004;
0,005 euro: acquisto di autobus ecologici nel 2005;
0,0051 euro: terremoto dell’Aquila del 2009;
da 0,0071 a 0,0055 euro: finanziamento alla cultura (ma molti parlarono di “cinema di quarta categoria…”) nel 2011;
0,04 euro: arrivo di immigrati dopo la crisi libica del 2011;
0,0089 euro: alluvione in Liguria e Toscana nel novembre 2011;
0,082 euro (0,113 sul diesel): decreto “Salva Italia” nel dicembre 2011;
0,02 euro: terremoti dell’Emilia del 2012;
Al Circolo della Stampa di Milano il 2 luglio ho anche ripetuto ciò che ho scritto e riscritto più volte: anziché sforbiciare le pensioni bisogna assolutamente allargare la base del lavoro giornalistico. Ho fatto l’esempio del collega Roberto Natale, che da ex presidente della Fnsi è andato a fare l’addetto stampa della presidente della Camera Laura Boldrini. Se può lavorare come addetto stampa addirittura un ex presidente della Fnsi, allora deve essere considerato giornalista e pagare i contributi all’INPGI anche chiunque altro faccia il portavoce, l’addetto stampa o il redattore di fatto in un ufficio stampa.
Desidero ricordare che quella del giornalista è una professione che si può fare solo senza svolgerne altre, pena la cacciata dall’Ordine e dalla professione. Natale non è stato cacciato né dall’Ordine né dalla professione, il che è la prova provata che un portavoce, cioè un addetto stampa, insomma una persona che fa informazione lavorando in un ufficio stampa, è da considerare giornalista e non un dipendente d’altro tipo.
In Italia sono iscritti all’Ordine dei giornalisti oltre 50 mila pubblicisti che all’INPGI non versano assolutamente nulla, per l’Istituto sono dei fantasmi. Inoltre gran parte dell’attuale brutta situazione occupazionale, e quindi in prospettiva brutta situazione pensionistica, della nostra professione, è proprio dell’Ordine. Che oltre ad avere maglie di ammissione e di sorveglianza troppo larghe, con il proliferare della scuole di giornalismo partorite dai vari Ordini regionali (molte delle quali, per fortuna, ora sono state chiuse) ha immesso sul mercato un numero insostenibile di giornalisti, in gran parte inevitabilmente disoccupati o sottoccupati e sottopagati, e quindi inevitabilmente con prospettive pensionistiche problematiche e con rapporti con l’INPGI piuttosto recriminatori.
La solidarietà se non è ben gestita non serve a nulla, anzi può diventare una beffa. Quando sono andato in pensione a 65 anni dal settimanale L’Espresso non ho esercitato il diritto di chiedere, e ottenere, di restare al lavoro per altri 5 anni perché ero convinto che al mio posto avrebbero assunto un altro collega, necessariamente più giovane. Invece oltre a non assumere nessuno L’Espresso ha sfoltito i ranghi – con aggravio degli esborsi dell’INPGI sotto forma di ammortizzatori sociali – e ha potuto farlo pur avendo bilanci positivi e per nulla in rosso.
L’unico risultato che ho ottenuto con la mia solidarietà è stato avere io una pensione vistosamente minore che se fossi rimasto al lavoro altri 5 anni e avere così fatto risparmiare all’INPGI la cifra equivalente. Che è molto meno della goccia nel mare evocata da Scarinzi…. Ma per la cifra mensile della mia pensione sarebbe – se ci fosse – una buona secchiata di acqua di mare.
Pino Nicotri
pino.nicotri3@virgilio.it
Già consigliere generale dell’INPGI
Senza Bavaglio
www. senzabavaglio.info
twitter @sbavaglio
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