Avvertenza: I personaggi e i fatti riportati nelle pagine del “Diario di Piero” sono immaginari ma autentica è la realtà che li produce.
Milano, 6 febbraio 2006 – Marta Giovanardi è un’inguaribile ottimista, una di quelle persone che riescono sempre a trovare un sorriso per cambiare in meglio la giornata propria e di chi le circonda. Ha studiato in Inghilterra e vanta due prestigiosi master negli Stati Uniti. Una testata di New York le ha offerto un ottimo contratto a tempo indeterminato. Lei finora ha temporeggiato perché non vorrebbe lasciare più la sua amata Italia.
Da oltre un anno lavora a tempo pieno in una nota agenzia di stampa di Milano. È una stagista, a cui ogni tre mesi è rinnovato il contratto. Guadagna 200 euro al mese (lordi). Non le sono concessi né periodi di vacanza, né riposi settimanali. In pratica deve essere a disposizione ininterrottamente 365 giorni all’anno.
Marta, pur ammettendo di trovarsi in una sorta di regime di schiavitù, ha spiegato che a Milano non ci sono alternative. Molte aziende adottano gli stessi criteri e spesso non riconoscono alcun compenso. I direttori e gli editori, in caso di protesta, rispondono che hanno a disposizione una fila interminabile di aspiranti giornalisti, pronti a sostituirti anche gratis. È maledettamente vero!
Lei è inserita in una squadra di 10 giovani, che obbligatoriamente devono sapere utilizzare macchine fotografiche e videocamere digitali. Ogni redattore guadagna 200 euro al mese, lavora in media 12 ore al giorno, svolge in via esclusiva attività giornalistica, corre come un matto da una parte all’altra della città, scatta fotografie a raffica, utilizza la telecamera e la sala di montaggio.
Negli ultimi anni situazioni come questa sono diventate la normalità. I giovani la considerano una forma di gavetta, un
passaggio obbligato. Qualcuno riesce anche a diventare giornalista pubblicista o professionista. A quel punto, però, sei là carne vecchia e costosa da sostituire con nuovi giovani stagisti. È uno strano circolo vizioso.
La laurea, che oramai la maggior parte dei giovani possiede, spesso diventa per qualcuno l’ultima ancora di salvezza. Permette di lasciare il fantastico mondo del giornalismo italiano e intraprendere ex novo una carriera professionale alternativa (possibilmente all’estero).
In questi casi non resta che l’amaro ricordo di avere sprecato diversi anni della propria vita, il ricordo di essere stati trattati
come schiavi (anche nelle redazioni più prestigiose) nell’indifferenza generale e indipendentemente dalle proprie capacità e dai titoli di studio. A volte tornare indietro non si può e allora si rischia seriamente di diventare un precario cronico.
Ho convinto Marta a denunciare pubblicamente il caso grottesco della sua azienda anche se, come spesso accade, non servirà a niente. Il prossimo giugno partirà alla volta di New York portando via per sempre il suo bellissimo sorriso.
È tutto per oggi
Danilo Lenzo
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