di critica alla nuova legge che prevede la laurea per chi voglia esercitare
la professione giornalistica.
Caizzi fornisce un quadro preciso e chiaro
della funzione di un organismo che esiste solo in Italia.
Senza Bavaglio sin dalla sua nascita ritiene che vada aperto un dibattito
ha più alcuna ragione di esistere.
dal Corriere della Sera
Ivo Caizzi
Milano, 9 gennaio 2006

Il ruolo operativo in questa potenziale discriminazione ai danni dei cittadini meno abbienti sembra spettare alla Siliquini, semisconosciuta al grosso pubblico e notissima tra i lobbisti degli ordini per il suo attivismo nella tutela dei privilegi corporativi. Il sottosegretario di An è iscritta a un ordine (avvocati), come i tanti altri parlamentari che costituiscono la lobby trasversale da sempre impegnata a bloccare in Parlamento i tentativi di liberalizzare le professioni. Una lobby che genera un evidente conflitto d’ interessi, scontato dagli italiani pagando di più i servizi professionali rispetto ad altri Stati Ue e ritardando l’ ingresso dei giovani nel mondo del lavoro.
Nell’Ordine dei giornalisti hanno giustificato lo sbarramento quinquennale (tre anni di laurea più due di specializzazione), con l’ obiettivo di togliere agli editori il potere di decidere chi deve fare il giornalista. Ritengono che passerebbe alle università e alle scuole di formazione approvate dallo stesso Ordine.
In realtà gli editori continuerebbero sempre a decidere chi far lavorare e chi no. Avrebbero solo molto meno scelta, potendo assumere esclusivamente tra i vecchi iscritti all’Ordine o tra i giovani che possono pagarsi un quinquennio di costosa formazione.
In più si sospetta che le nuove restrizioni dello sbarramento quinquennale siano scaturite da un patteggiamento tra alcuni «baroni universitari (interessati a rendere obbligatori i corsi dei propri atenei), l’ Ordine e la Siliquini, trascurando che otto milioni di italiani avevano chiesto l’abolizione delle restrizioni dell’Ordine dei giornalisti in un referendum (che non raggiunse il quorum). Si aprirebbe poi il dubbio di possibili conflitti d’ interessi qualora fosse confermato che alcuni notabili della corporazione dei giornalisti, poco attivi sugli organi d’ informazione, siano davvero ansiosi di ottenere incarichi di insegnamento nelle università.
Già ora tutta da valutare sul piano dell’ opportunità appare la posizione del presidente dell’ Ordine dei giornalisti della Lombardia, Franco Abruzzo, che si è battuto dalla parte degli atenei interessati a rendere obbligatori i corsi, pur essendo contemporaneamente «docente a contratto» presso le università Milano Bicocca e Iulm.
Ivo Caizzi
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