Quotidiani e TG: quando la realtà virtuale supera quella di ogni giorno

Speciale per Senza Bavaglio
Valerio Boni
Milano, 9 dicembre 2021

Bisogna staccarsi dal concetto di giornali, giornalisti e giornalismo del passato ci dicono. La redazione come la ricordano in molti è superata, ce l’hanno insegnato questi ultimi due anni. In fondo un telefono è sufficiente per svolgere tutte le attività che fino all’altro ieri richiedevano tecnologie ben più complesse per garantire la copertura di una notizia. È vero, non si può negare, ma il vecchio modo di lavorare integrava anche elementi che non erano assolutamente irrinunciabili, partendo da quella verifica delle fonti che assicurava autorevolezza e fidelizzava i lettori.

Questi ultimi “dettagli” sembrano essere stati sacrificati sull’altare di quella freschezza e rapidità di informazione che deve avere la precedenza su tutto. Ma proprio su tutto. Il web ci ha abituati a ogni tipo di saccheggio pur di avere un click in più; una pratica difficile da arginare, con piccole realtà che non si limitano a prendere ispirazione dalle informazioni che arrivano da chi è strutturato a livello nazionale, internazionale o addirittura globale.

Il problema sembrava essere quello non certo semplice di proteggere i contenuti, di salvaguardare il diritto d’autore con normative efficaci. Tuttavia anche questo fronte sembra essere ormai superato a causa di un nuovo orientamento, che di fatto ribalta e rende ancora più complessa la situazione. Perché si sta diffondendo l’inqualificabile attività contraria; quella delle grandi testate che recuperano le immagini dalla rete, rinunciando a ogni tipo di verifica.

La pubblicazione sul sito del Corriere della Sera della notizia della scomparsa a inizio febbraio di Monica Vitti era stata illustrata con una foto di Mariangela Melato, morta nove anni prima. Purtroppo questo non è stato un caso isolato, ma il riconoscimento ufficiale di un nuovo modo di “fare giornalismo”, che è esploso nei giorni della crisi tra Russia e Ucraina. In meno di una settimana abbiamo assistito a una vera e propria spirale di dilettantismo che ha già coinvolto i più grandi nomi dell’informazione, dalle edizioni online delle testate nazionali, ai telegiornali più autorevoli.

Non è il caso di fare nomi, ma gli esempi sarebbero da scuola di cabaret, se non si riferissero a eventi drammatici. C’è solo l’imbarazzo della scelta, si va dall’immagine dell’edificio dichiarato colpito da una bomba, con un buco sulla parete ma tutte le finestre integre, al video scoop dei bombardieri su Kiev, che invece erano aerei che in formazione partecipavano due anni fa alla parata militare a Mosca. E cosa dire di quelle immagini di combattimenti che non erano altro che fotogrammi presi da un videogioco?

Se un tempo capitava che la realtà superasse la fantasia, è oggi la realtà virtuale a superare la vita di tutti i giorni. Rispetto al giornalismo che dovremmo dimenticare, Internet offre il vantaggio che le bufale possono essere “depubblicate” una volta scoperte, lasciando solo il ricordo in qualcuno e poche tracce. Ma è evidente che i click generati dallo scoop restano, anche se foto e video sono successivamente nascosti. Quindi purtroppo il loro obiettivo lo hanno comunque raggiunto.

Mettere qualcuno davanti a un pc con il compito di trovare e mettere subito in rete immagini spettacolari, senza effettuare alcuna verifica, è una strada decisamente economica e non richiede grandi professionalità. Non certo quelle dei reporter e fotoreporter di guerra che in passato hanno saputo raccontare piccoli e grandi conflitti andando di persona a cercare la verità. Erano gli anni, ormai andati, in cui gli italiani avevano un appuntamento quotidiano con le edicole, mentre oggi si è portati a pensare che pochi secondi di un video (anche fasullo) possono dire molto di più di 10.000 battute in punta di penna.

E pensare che nel 1961 un celebre fotografo si aggiudicò un ambito premio fotografico internazionale con un servizio mai pubblicato. Aveva avuto la “fortuna” di riprendere l’intera sequenza dell’incidente nel GP di Monza nel quale persero la vita il pilota tedesco Wolfgang Von Trips e 14 spettatori, ma dopo avere visto la drammaticità di quelle immagini decise di distruggere i negativi nonostante le offerte economiche arrivate da quotidiani e riviste di tutto il mondo.

Valerio Boni
valeboni2302@gmail.com

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