Stamparomana
Roma, 16 dicembre 2020
Senza Bavaglio riprende questa drammatica sintesi, redatta da Associazione Stampa Romana, dell’attuale situazione del nostro istituto di previdenza, spolpato da due decenni di sperperi e gestioni dissennate, più a sostegno degli editori che dei giornalisti. Ora la politica, invece di lanciare una scialuppa di salvataggio, chiederebbe un’ultima missione suicida, assolutamente da evitare.
I primi esiti degli incontri istituzionali sulla condizione dell’Inpgi confermano tutte le criticità, le sofferenze, i rischi che Stampa romana ha da tempo sottolineato.
Le scelte di allontanarsi dal sistema generale contributivo per venti anni, di affidarsi alla gestione degli immobili come scudo per non far emergere le sofferenze nel rapporto tra erogazione delle pensioni e contributi degli attivi, l’esplosione di falso lavoro autonomo hanno allontanato l’orizzonte di un equilibrio realistico dei conti dell’istituto.
La panacea di tutti i mali sarebbe stata, ad avviso di chi governa Inpgi e Fnsi, l’ingresso dei comunicatori. Scopriamo oggi che nel sistema forse entreranno solo i comunicatori della Pubblica amministrazione e certamente non subito. Si conferma quello che abbiamo sempre scritto: i comunicatori, contrari all’ingresso in Inpgi, non avrebbero risolto la partita anche perché i contratti di lavoro subordinato al loro interno sono una esigua minoranza.
La politica in questi anni non ha esercitato il potere di controllo assegnato dalla legge e oggi non vuole assumersi la responsabilità di scelte previste dalla stessa legge del 1994 tra cui il commissariamento.
Anche le scelte giuste che sembrano in campo, vedi il passaggio della parte assistenziale (cassa integrazione e ammortizzatori sociali) sul Bilancio generale dello stato, e il taglio dei compensi di amministratori e struttura non sono sufficienti a frenare lo squilibrio. Gli stessi ennesimi sacrifici chiesti a pensionati e attivi rischiano di essere un altro buco nell’acqua.
Non solo.
La politica e il Governo chiedono una cosa insostenibile socialmente e sindacalmente: la confluenza dei patrimoni di inpgi 1 (in pesante rosso) e 2 (in attivo) caricando anche sulle spalle dei colleghi autonomi dai redditi in media bassi la sostenibilità complessiva dell’istituto di previdenza.
È necessario ribadire con forza che lo Stato si assuma le sue responsabilità con la garanzia pubblica del settore e delle pensioni in essere e di quelle future.
Politica e Governo non possono giocare al massacro di una categoria che resta un presidio essenziale per la democrazia di questo Paese.
Segreteria Associazione Stampa Romana
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