Vergogna al Fondo Complementare: direttore Marco Micocci, eletto con il suo voto

Speciale per Senza Bavaglio
Arturo Rufus
Milano, 24 giugno 2020

Era noto da tempo che gli editori considerassero i giornalisti loro servi sciocchi senza una spina dorsale dritta e proni a ogni ordine, inclini insomma al “Signor sì”. Quanto avvenuto al Fondo Pensione Complementare dei Giornalisti mostra che non è sempre così.

Dopo oltre sei mesi di trattative per trovare un nome condiviso per la nomina a direttore del Fondo, gli editori hanno imposto con protervia il loro nome: Marco Micocci. Micocci che è già consigliere d’amministrazione del Fondo, in quota editori, per essere eletto non solo ha votato per se stesso, ma ha dovuto sommare al suo il voto doppio del presidente, esponente anche lui degli editori, Alessandro Serrau.

Tra l’altro il secondo voto del presidente per Micocci, non è stato segreto ma palese perché solo dopo che è stato annunciato il voto di parità è stato ufficializzato il doppio voto del presidente. Quindi palese. Come insegna il regolamento del Senato, che viene applicato anche alle istituzioni sotto controllo pubblico, il voto sulle persone deve essere segreto.

Marco Micocci

Nessuna vergogna, nonostante Micocci avesse perduto ogni credibilità e prestigio. Stavolta i sei giornalisti del CdA del Fondo, hanno reagito compatti all’arroganza degli editori, denunciando l’uso di un metodo eticamente scorretto. Quindi, un comportamento francamente spregiudicato.

Infatti il signor Micocci, quando il Fondo decide di cercare un direttore e qualcuno aveva fatto il suo nome, arrogantemente dichiara: ”Accetterò, a condizione di venire nominato all’unanimità”. Nonostante quell’unanimità salti, lui rimane inchiodato al suo posto di candidato. Come un inossidabile politico.

A nulla servono i richiami sull’evidente conflitto di interessi, respinti con un certo disprezzo. Nel consiglio d’amministrazione di martedì scorso il nostro tira fuori una spudorata faccia tosta e si autovota. La mancanza di classe e di eleganza non può passare inosservata.

Ma non solo: autovotarsi non è un palese conflitto di interessi?

Cambiare opinione con una certa disinvoltura è quindi una caratteristica del signor Micocci. E allora una domanda sorge spontanea: comprereste un’auto usata da questa persona?

Ma ci sono altre questioni che restano aperte cui i consiglieri d’amministrazione del Fondo in quota editori dovranno prima o poi rispondere. Giacché il signor Micocci ha competenze inferiori a quelle di altri candidati a quel posto, perché lor signori hanno insistito tanto per nominarlo direttore?

Personalmente mi sarei vergognato ad accettare quell’incarico con una procedura – a parer mio – eticamente scorretta e divisiva. Ma l’etica non sembra appartenere al mondo degli editori. A questo punto infatti credo che sia legittimo chiedersi: cosa si nasconde dietro quell’insistenza?

Giulio Andreotti saggiamente sosteneva: “A pensar male si fa peccato, ma ci si azzecca!”

Arturo Rufus
arturo.rufus@gmail.com

Condividi questo articolo