Come i 600 euro dell’Inpgi dal portafoglio dei freelance scivolano nelle tasche di Cairo

Speciale per Senza Bavaglio
Serva della Gleba
Milano, 2 maggio 2020

Avrebbe potuto essere più diretto Urbano Cairo, e chiedere direttamente ai freelance che in marzo hanno beneficiato del bonus Covid-19 di 600 euro stanziato dal Governo, di girare sul suo conto quella esigua sommetta essendo lui come editore e imprenditore in difficoltà.

Invece ha preferito far inviare ai molti collaboratori che scrivono per le sue testate una lettera datata 14 aprile 2020 (a poche ore dall’accredito di quei 600 euro), nella quale uno dei suoi direttori annuncia il taglio del 30 per cento dei compensi. Significa che Cairo dal mese di aprile 2020 avrà 3 articoli al prezzo di 2, formula in voga da anni nella grande distribuzione ma sino ad oggi mai applicata nell’editoria. Come funzionerà? Prima un articolo veniva pagato 400 euro, ma da ora in avanti – poiché c’è stato un calo della pianificazione pubblicitaria – verrà pagato 280. Perciò un libero professionista che in un mese pubblica 5 pezzi, invece di percepire 2000 euro lordi ne vedrà 1400, ed ecco che il bonus Covid-19 scivola in tasca a Urbano. Un bonus moltiplicato per moltissimi collaboratori, è ovvio. Se i pezzi pubblicati sono 3, invece di 1200 euro ne andranno al collaboratore 840 (lordi!), perché entra in funzione la magica formula 3×2 che aiuta l’editoria.

Possibile che un imprenditore del suo calibro abbia fatto questi conti da servetta? Ma no, naturalmente lui si è affidato ai grandi orizzonti del mercato pubblicitario, suo cavallo di battaglia. E dopo aver sostenuto nel famoso  video destinato ai venditori di aver sentito 40 grandi industriali prontissimi a far pubblicità sui suoi mezzi, cosa ha fatto? Ha messo le mani nel salvadanaio dei freelance sostenendo che è “l’unico modo per restare in edicola”.

Ragazzi, ci vuole un fegato bestiale! Oltre tutto, conto della serva per conto della serva, qui i conti proprio non tornano: questa gallinella dalle uova d’oro di femminile che oggi taglia i compensi, in un numero pre-Covid del mese di febbraio contava 31 pagine pubblicitarie su 138 (23%) mentre un numero uscito in piena pandemia, a metà aprile, ha 34 pagine di inserzioni su 146 (24%). Certo, non sono i numeri di fine anno, tipo 68 pagine pubblicitarie su 178 (38%), ma parlare di calo delle inserzioni quando tra febbraio e aprile vediamo una lieve crescita… beh, quanto meno fa pensare.

Fa pensare anche il fatto che di recente sono usciti articoli che incensano il principale azionista di RCS, che a fine marzo voleva redistribuire ai soci i 15 milioni di dividendi e che, dopo le pesanti proteste da parte della redazione del Corriere, ha annunciato non solo la sospensione dei dividendi ma addirittura la rinuncia al suo compenso, 500.000 euro che saranno devoluti a sostegno di famiglie in difficoltà. Evidentemente secondo Urbano Cairo invece i freelance se la passano benissimo, perché – soprattutto in questo periodo di vacche grasse a livello planetario – possono permettersi paghette decurtate.

Urbano Cairo

Il discorso del Corriere è complesso: RCS è l’unico grande gruppo editoriale in attivo, ma Cairo ha chiesto fondi pubblici per prepensionamenti vari (e anche qui i tagli ai compensi dei collaboratori arrivano puntuali come le zanzare).  Ma tornando a bomba, cioè a quel -30 per cento di chi scrive per Cairo Periodici, come non chiedersi quale sia la logica che muove l’ottimo Urbano? C’è una crisi cosmica, epocale, galattica e lui decurta i compensi dei lavoratori più fragili, in pratica dei servi della gleba? Perché è questo che sono i freelance, servi della gleba a disposizione dei capricci di direttori, editori, caporedattori, siamo schiavi senza tutele, senza diritti, intercambiabili con altri schiavi possibilmente meno costosi.

Ma noi servi della gleba 2.0 abbiamo una speranza, ovvero che Cairo e dignità non sia un ossimoro.  E che Urbano – che si fa un punto d’onore nel non aver mai licenziato nessuno –  faccia retromarcia su questi tagli. E’ un appello: Urbano Cairo, non ti chiedo di metterti una mano sul cuore, ma sul portafogli sì. Il tuo è di certo più gonfio del mio, non avere dubbi: se c’è qualcuno che si deve tagliare lo stipendio non sono io che scrivo per te.

Serva della Gleba

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