Dietro le quinte della farsa che ha provocato lo tsunami a Repubblica e Stampa

Speciale per Senza Bavaglio
Andrea Montanari
Milano, 23 aprile 2020
Proviamo a mettere in fila un po’ di pensieri sul tema Exor, Cir, Gedi, Repubblica, Verdelli, Molinari ecc ecc ecc
(nel giorno in cui Mediaset sale al 24,9% di ProsiebenSat.1 e all’indomani dell’ingresso di Vivendi, 10%, nel capitale di Lagardère)
Alcune premesse:
1) Exor è una delle holding più liquide in assoluto sul panorama italiana, seppure sia olandese, ma la famiglia Agnelli-Elkann sia di Torino. Ha ceduto asset – da Partner Re a Fca che si sposa con Psa e prima Fca ha venduto Magneti Marelli – e si tiene il gioiellino Ferrari.
2) John Elkann ha sempre avuto la passione/pallino per l’editoria: Fiat/Fca era il primo socio di Rcs – la gestione non è stata certo il top in anni di crisi – prima di passare la mano a Urbano Cairo che ha vinto la sfida con il salotto buono. Exor è azionista di The Economist. John apprezza l’Osservatorio Giovani Editori di Andrea Ceccherini
3) Il matrimonio tra l’ex Gruppo l’Espresso e Itedi è durato lo spazio di un mattino, visto che in tre anni è stato stravolto l’assetto proprietario con la Cir dei De Benedetti – nel 2008 Rodolfo aveva studiato lo spin-off delle attività allora controllate, compresa Sorgenia, un progetto non andato in porto per la contrarietà del padre Carlo
Per cui ci si aspettava che il cambio di direzione a Repubblica, del quale si parlava da mesi, ossia da quando CIr ed Exor hanno studiato il nuovo deal, non avvenisse ora, in un periodo emergenzial, ma in autunno, con calma. Quindi qualcosa deve essere andato storto o precipitato. Perché?
1) Carlo Verdelli era arrivato nel febbraio 2019 a Repubblica dopo una lunga riflessione dei soci Elkann-De Benedetti. La scelta che pareva più logica, per un giornale come il quotidiano romano, faceva riferimento a Ferruccio de Bortoli, molto apprezzato dall’Ing e non solo. Ma non piaceva a John Elkann, forse anche per qualche incompresione quando FdB era direttore del Corriere della Sera con Fiat/Fca 1° socio.
2) Si scelse Verdelli per il curriculum, la storia, l’indipendenza, il carattere e perché tutti i giornalisti che hanno lavorato con lui lo hanno sempre apprezzato, nonostante anche nella breve esperienza in Rai le cose non andaron benissimo: esiste la leggenda, molto vera, del semaforo sulla porta del direttore Verdelli per accedere alla sua stanza
3) Verdelli ha raccolta l’eredità di Mario Calabresi con un quotidiano che vendeva in edicola 138.675 copie (dato Ads del febbraio 2019) e lo ha lasciato con 132.270 copie (dato Ads febbraio 2020, ultimo disponibile), quando per esempio nel febbraio 2015 ne vendeva, sempre in edicola 238.476
Questi sono i fatti (e i numeri fino a oggi). Ma poi cosa è successo?
John Elkann è persona decisa, vuole i suoi uomini: l’ad di Gedi, Laura Cioli, che aveva avuto e voluto anche in Rcs dopo l’esperienza di Pietro Scott Jovane, non è stata confermat già mesi fa quando si è deciso il merger. Al suo posto è arrivato Maurizio Scanavino, magari della scuderia torinese tra Fca, Itedi, Publikompass ecc ecc molto vicino a Elkann stesso. Manager apprezzato dal mercato.
Ma il blitz a Repubblica, consumato curiosamente o stranamente nel giorno in cui l’hashtag #iostoconverdelli spopolava su Twitter (a difesa del giornalista minacciato più volte sui social e non, al punto che era comparsa persino un data di morte, guarda caso proprio oggi, poi cancellata, per fortuna direi), è particolare.
Ma ha delle spiegazioni. Elkann apprezza parecchio Maurizio Molinari che ha voluto nel novembre 2015 alla direzione de La Stampa (copie vendute in edicola: 140.472) e che lascia con 86.619 copie (febbraio 2020), -38,33%. Si fida di lui, anche se politicamente è distante, parecchio, da Repubblica e dal suo lettorato. E’ una scelta, forte, di campo, da decifrare. Per questo la redazione di Repubblica oggi ha proclamato un giorno di sciopero.
Verdelli ha dato uno svolta a Repubblica, ha fatto titoli forti, d’impatto, che magari non erano in linea con  lettorato del quotidiano romano da sempre faro del Centrosinistra e del Pd, o di una parte di esso: le battaglie combattute dalla testata fondata da Eugenio Scalfari sono state d’impatto e decisive per il Paese e la politica. Linea che però, dati alla mano non ha portato risultati crescenti – del resto il mercato è in crisi dal 2008 – e non ha colmato il gap con il Corriere della Sera, quotidiano che Verdelli conosce bene per esserne stato vicedirettore anche con de Bortoli.
Ma probabilmente la linea strong della Repubblica di Verdelli non erano e non sono nei canoni editoriali di Elkann che forse preferisce tematiche meno politiche o campagne mediatiche meno strillate.
Poi c’è un particolare che nel mondo giornalistico oggi è tornato alla mente: Verdelli era il direttore di quella Gazzetta dello Sport che sollevò e cavalcò il caso Calciopoli, scoppiato nel 2006 – anno della vittoria dell’Italia ai Mondiali di calcio che garantì al quotidiano sportivo il record di copie, 2 milioni nel giorno successivo al successo – che portò alla retrocessione in B della Juventus di proprietà degli Agnelli-Elkann.
Andrea Montanari

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