Speciale per Senza Bavaglio
Valerio Boni
Milano, 27 gennaio 2019
Quanto accaduto negli ultimi giorni invita a riflettere: in meno di 12 mesi l’editoriale News 3.0 (editore di Lettera 43) ha licenziato due rappresentanti sindacali, giustificando il tutto con motivazioni futili. Ciò significa che difendere con decisione i diritti dei colleghi è sempre un lavoro rischioso. Le conferme arrivano la lontano, da quegli autunni caldi degli anni Settanta vissuti dai metalmeccanici, ma sembrava che il vento fosse cambiato. In Mondadori, per esempio, nessun membro dell’esecutivo ha mai rischiato il posto. Al contrario, almeno il 50 per cento dei colleghi eletti nel CdR ha iniziato il mandato con una qualifica, e dopo il rientro a tempo pieno in redazione è arrivata una promozione. A pensare male si fa peccato, tuttavia la cosa è perlomeno bizzarra, anche perché sono molti gli elementi che fanno dubitare che il sindacato abbia sempre fatto tutto il possibile nelle varie crisi che si sono presentate. Al punto che già in tempi non sospetti qualcuno aveva ironicamente commentato: «impostare una rotta di collisione è sempre pericoloso, seguirne una di collusione è decisamente più semplice».
Che il rapporto tra due parti contrapposte fosse fin troppo cordiale era evidenziato negli anni in cui nessun giornalista era ancora stato licenziato o “smaltito” con la complicità di editori compiancenti, da una serie di piccoli segnali. Uno su tutti: nel caso un giornalista avesse bisogno di un confronto con la direzione del personale con l’assistenza del CdR, per questioni non gravi, il membro dell’esecutivo non sedeva a fianco del collega, ma dalla stessa parte dell’azienda.
VECCHIA GUARDIA
Un comportamento perlomeno curioso, probabilmente suggerito dalla consapevolezza che la casa editrice di Segrate fosse un’isola felice, dove diritti e professionalità erano ancora considerati. In fondo non serviva nemmeno avere i sindacalisti attenti e sospettosi della vecchia guardia. Dai primi anni del Duemila si è fatta largo la nuova generazione, più tollerante, capace di strillare sottovoce, molto gradita alla proprietà. Soprattutto a quella fedele al motto “cambiare passo, subito”.
Era il 13 maggio 2013 e il CdR Mondadori non capì che la email inviata a tutti i dipendenti alle 15:59 non portava nulla di buono e imponeva un’immediata revisione dei rapporti tra sindacato e azienda, perché era l’inizio di una nuova era. Invece l’esecutivo ha continuato sulla strada del “volemose bene”, anche quando sono emerse le prime criticità (per i giornalisti) di un progetto che aveva come unico obiettivo la ricerca dell’utile a tutti i costi, cancellando e ribaltando quella correttezza che per oltre un secolo aveva caratterizzato l’azienda fondata da Arnoldo Mondadori. Non servivano qualità particolari per capire che da quel momento si aprivano scenari nuovi, che non sarebbero stati limitati a palazzo Niemeyer, ma avrebbero contagiato a breve tutte le aziende, come possiamo vedere in questi giorni.
Gli eventi delle ultime settimane confermano che i rappresentanti dei giornalisti hanno perso il controllo della situazione, ammesso che l’abbiano mai avuto negli ultimi sei anni. Ma che cosa ci si poteva aspettare da chi ha affrontato il confronto come una partita a scacchi? La strategia era semplice, sacrificare qualche pedone per salvaguardare il re, in altre parole consentire qualche licenziamento reale o mascherato da far passare in sordina, per non compromettere la posizione di tutti gli altri giornalisti. Nel 2014 come oggi è la Mondadori a dettare le regole, e adesso come allora le idee su come contrastare l’arroganza erano latitanti.
È sufficiente ripercorrere le fasi della primavera di cinque anni fa per scoprire che nulla è cambiato. A quell’epoca le emergenze da affrontare erano due: il trasferimento a Visibilia di tutta l’area di riviste informatiche e la liquidazione di ACI Mondadori, con la gestione di sette giornalisti. In quella circostanza tutto era praticamente deciso, e il CdR si limitò a sollevare un po’ di polvere senza fare più di tanto.
AUTOMOBILE CLUB
Ai colleghi che avevano vissuto l’esperienza con l’Automobile Club, e nell’ultimo mese erano stati collocati in ferie obbligate, si cercava di trasmettere tranquillità (non senza un pizzico di stizza). Maurizio Dalla Palma scriveva per esempio in una email: «Solo 7 giorni fa era ancora aperta la questione dei permessi retribuiti, e noi l’abbiamo affrontata e risolta. Questo fa il CdR. Questo vuol dire che il sindacato pretende e ottiene il riconoscimento del suo ruolo. Inoltre questo CdR, fin dall’inizio, ha teso, nonostante lettere o non lettere, a tenere sempre unita la vicenda dei sei colleghi e non ha mai fatto distinzioni. Ma prima dobbiamo ottenere altre spiegazioni dall’azienda. Altrimenti l’incontro sarebbe un semplice passaggio intermedio: in questo momento il tempo, per il CdR e per tutti, è risorsa limitata, visto che dobbiamo seguire la vicenda di Visibilia. Più l’enorme mole di altri problemi».
Al messaggio del 13 marzo 2014 seguì un incontro con l’esecutivo il 17, nel quale i giornalisti furono rassicurati sul fatto che comunque si fosse evoluta la situazione tutti avrebbero avuto diritto a un’indennità di mancato preavviso, come se questa fosse una conquista del CdR e non quanto stabilito da tutti i contratti nei casi in cui al lavoratore non sia concesso il periodo di preavviso. In realtà già sapevano che per la prima volta Mondadori non avrebbe riassorbito i lavoratori impegnati in una consociata, al contrario di quanto avvenuto precedentemente, per esempio con Hearst-Mondadori che pubblicava su licenza Men’s Health.
La conferma arrivò dal silenzio che seguì quei giorni, e dopo la cessione di PC Professionale a Daniela Santanché arrivò una nuova email, inviata da Monica Mainardi «Cari colleghi, volevamo avvisarti che i telefoni aziendali hanno copertura fino a oggi, 31 marzo. Come già vi avevamo detto, il numero di telefono lo potete tenere, ma dovete provvedere a portarlo su un contratto telefonico personale. Per quando riguarda la mail, per un mese le mail che saranno inviate al vostro indirizzo aziendale di posta elettronica vi saranno riversate sulle vostre mail personali.
Per ulteriori tematiche (tipo il badge aziendale), vi faremo sapere al più presto.
Il CdR esecutivo»
Fine delle trasmissioni.
Da quel momento si poteva tornare alla normalità dello stato di crisi, che garantiva qualche ora libera in più alla settimana per tutti in cambio di una minima rinuncia in termini economici. L’operazione ACI-Mondadori fu gestita senza troppo interesse, limitandosi a sentire il direttore e l’ufficio del personale, ma senza valutare una soluzione con azienda e FNSI, come previsto dal contratto, poiché dell’incontro non c’è alcuna traccia di verbale. Per la verità bisogna aggiungere che due dei sei licenziati sono stati reintegrati nella redazione de Il Mio Papa un paio di mesi più tardi, per effetto del decreto Lotti che prevede l’assunzione di un giornalista ogni tre prepensionati. Ne avevano diritto in quanto avevano lavorato in precedenza in Mondadori, e al momento dell’affitto della redazione alla joint-venture con l’ACI la loro posizione fu garantita da una lettera di impegno.
GRUPPO SINDACALE DIVERSO
Lo stesso documento è peraltro nelle mani di un terzo ex redattore, rimasto escluso dal trattamento di favore (o meglio promesso) per una serie di motivazioni: erano stati prepensionati otto giornalisti quindi ne mancava uno per l’applicazione del decreto, era il più anziano, apparteneva a un gruppo sindacale in contrasto con quello dominante e aveva avuto l’ardire di indagare nel torbido di una joint venture, scoprendo in anticipo che sarebbe stata chiusa provvedendo al salvataggio di direttore e vicedirettore. Senza dimenticare che davanti al giudice il loro legale ha candidamente dichiarato che lo stesso lavoro di un caposervizio può essere svolto da due collaboratori pagati 800 euro, senza nemmeno versare i contributi.
Anche se si escludono questi episodi, l’esecutivo non ha certo brillato nell’esercizio delle funzioni di controllo che farebbero parte della quotidianità. Ha sempre accettato le richieste di stati di crisi sulla base di dati non attentamente verificati, su esuberi calcolati dai direttori in funzione dei conti, non delle reali necessità, e dimenticando di far pesare nei conteggi i collaboratori stanziali. Risulta difficile credere che siano stati analizzati con cura anche i piani industriali che l’azienda deve presentare per avere diritto agli aiuti. Anche perché gli unici programmi attuati sono quelli che hanno portato a riduzioni di stipendi per alcune redazioni e alla vendita della redazione di Panorama, che hanno indubbiamente modificato il quadro rispetto a quanto prospettato.
Cercare una vittoria nelle ormai numerose battaglie che si sono susseguite dal maggio 2014 è impresa ardua. È stata venduta come grande onquista il mantenimento in azienda delle redazioni di Confidenze e TuStyle, salvate dalla cessione all’editore croato. Un successo, se così si può definire, ottenuto sempre sacrificando qualche pedone, nello specifico una percentuale dello stipendio di tutti i colleghi interessati, tramite un accordo tombale.
CORAGGIOSO CHI SI E’ OPPPOSTO
L’esperienza non è servita a capire che si trattava solo dell’antipasto, di quanto sarebbe accaduto a Panorama. un antipasto che si cerca oggi di far ingoiare a tutti i giornalisti rimasti a presidiare quel che resta del grande editore di periodici. In realtà con Panorama il piano è riuscito a metà, grazie a qualcuno che coraggiosamente si è opposto all’autoriduzione coatta, così al CdR non è rimasto che presentare un ricorso in tribunale, più per fini elettorali (erano i giorni delle votazioni alla Lombarda) che per una reale convinzione di ottenere qualcosa. Non si sa come sia andata l’udienza di settimana scorsa, ma è certo che se ci fossero state notizie positive le avrebbero strillate.
Ora l’esecutivo si trova a fronteggiare una nuova dimostrazione di arroganza dell’azienda, che pretende di estendere a tutti i tagli della retribuzione, anche se non ha ancora messo in tavola le carte. La partita a scacchi si complica anche perché, volendo essere cinici, i sacrifici interesserebbero anche il CdR che in più occasioni ha prospettato ai colleghi questa soluzione come il male minore. Al no che uscirà martedì dall’assemblea arriverà sicuramente la controproposta di procedere a una serie di licenziamenti come ritorsione e sensibilizzare le redazioni.
In questo caso nessuno sarebbe al sicuro, poiché per identificare i candidati si userebbero solo elementi di natura economica, quindi si colpirebbero i più fedeli e produttivi, con più scatti di anzianità e aumenti di merito sulle spalle. La propaganda fatta sulla proposta di richiedere la nullità di tutte le azioni effettuate sei mesi prima della cessione di una testata, tra l’altro, lascia il tempo che trova. Non dimentichiamo che anche se fosse riconosciuta Confidenze e TuStyle sarebbero già pronte per passare di mano con una dote sensibilmente più bassa rispetto a un anno fa e senza che nulla possa essere obiettato.
CONTRASTARE L’ABUSIVISMO
Il CdR sarà chiamato a dimostrare il suo valore, colpendo con armi efficaci, non con il classico sciopero che ha fatto il suo tempo e contribuisce a ridurre ulteriormente i costi per l’azienda. Può semplicemente fare ciò che avrebbe dovuto fare in passato, vale a dire contrastare efficacemente l’abusivismo, accompagnando alla porta chi si presenta ogni giorno nelle redazioni senza averne il diritto. Ce ne sono a tutti i livelli, semplici “schiavi” sottopagati, ma anche pensionati e capi redattori pressoché a tempo pieno con contratti che ben poco hanno di regolare, non certo da ieri. Senza dimenticare le redazioni in cui l’impaginazione è totalmente affidata a service esterni che delegano il lavoro a grafici che non sono nemmeno pubblicisti. Tra i compiti potrebbe rientrare anche la ricerca di nuovi preventivi per la stampa di tutte le riviste. Il mercato è di questi tempi molto disponibile a offrire preventivi altamente competitivi e questo potrebbe portare risparmi decisamente tangibili per i conti delle testate. Forse un po’ meno per i conti correnti di qualche manager.
Valerio Boni
Questa è la email inviata da Ernesto Mauri 13 maggio 2013 e titolata “Cambiare passo, subito”
Buongiorno a tutti.
Non c’è bisogno di molte parole per descrivervi la drammaticità del momento che stiamo vivendo a livello di Paese, di settore e di Gruppo (i dati del 2012 parlano da soli).
La parola ʺcrisiʺ lo racconta solo in parte e può essere addirittura fuorviante: il tema vero è il radicale cambiamento dei mercati in cui competiamo, anche a seguito della trasformazione tecnologica, che ha inciso in maniera definitiva sul consumo dei prodotti editoriali e sul perimetro in cui il nostro Gruppo opera.
Altri grandi editori internazionali si sono mossi da tempo, facilitati da una contrazione dei mercati interni meno decisa rispetto all’Italia, e hanno costruito percorsi di successo gestendo sia le difficoltà economiche sia le trasformazioni strutturali. Perché questi mutamenti possono essere anche una straordinaria occasione di sviluppo.
Questa è la sfida che attende Mondadori oggi e che io ho intenzione di raccogliere, e di vincere. Per farlo, però, è necessario cambiare passo e subito.
Non possiamo riposare sugli allori dei decenni in cui siamo stati tra i migliori interpreti di un certo modo di fare business editoriale: se non interveniamo rapidamente rischiamo di non esserlo più.
Il cambio di passo deve riguardare tutti e mi aspetto da ognuno una piena assunzione di responsabilità: per ciò che mi riguarda in prima persona le idee sono chiare, il percorso è tracciato, le tempistiche definite.
Prima di tutto portare in sicurezza i conti, agendo sui costi di funzionamento e di realizzazione del prodotto; rivedere l’organizzazione del lavoro secondo criteri di innovazione e semplificazione – tutelando sempre la qualità – per snellire i processi e favorire le aree di business; infine: investire nel rilancio e nella crescita.
Già in queste settimane avrete visto segnali importanti arrivare dall’area Periodici – quella che più di tutte sta soffrendo: revisione del portafoglio e riposizionamenti di giornali attraverso un lavoro intenso e rapido, con forti investimenti di rilancio. La capacità innovativa di Mondadori si deve ora declinare in una logica plurimediale al fine di costituire un sistema integrato carta-digitale incentrato sulla forza dei brand, vero patrimonio dell’azienda.
Oggi vi annuncio l’avvio di un nuovo progetto che coordinerò direttamente.
Sta per fare il suo ingresso in azienda un team di persone di una società specializzata che avrà il compito di analizzare il funzionamento del nostro Gruppo e dei suoi flussi organizzativi, al fine di ridurre tutte le linee di costo per liberare risorse da destinare al sostegno delle attività core e agli investimenti necessari per lo sviluppo.
Vi invito fin d’ora a dare massima disponibilità, per quanto di vostra competenza, affinché il progetto possa ottenere il risultato prefissato: consentire alla Mondadori di continuare a essere protagonista del mercato editoriale italiano, ora e nei prossimi anni.
Sono certo che tutti voi coglierete il senso di questo messaggio: non ci dobbiamo nascondere la difficoltà del momento, ma nemmeno pensare che la soluzione dipenda da fattori esterni… Il superamento di questa fase dipende in gran parte da noi.
Buon lavoro.
Ernesto Mauri
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