Senza Bavaglio
Milano, 4 settembre 2018
Una svolta industriale che può avere un effetto dirompente sul mercato editoriale italiano specilizzato, quello dei periodici femminili, ma che cela anche un potenziale pericolo organizzativo, strutturale e giornalistico. Perché la decisione del gruppo americano Hearst di trasformare il mensile (45 edizioni) Elle in settimanale potrebbe fare epoca. E innescare una contro-rivoluzione da parte dei rivali: Vanity Fair (Condé Nast) e Grazia (Mondadori).
L’annuncio è arrivato lunedì. Hearst, varando la fusione delle redazioni di Elle (60.791 copie vendute in edicola e una diffusione totale di 172.932 copie), appunto, e del settimanale Gioia (110.767 copie vendute e una diffusione complessiva di 165.257 copie), ha dato vita a un nuovo progetto che coinvolge 63 persone, compresa una discreta pletora di vicedirettori: Elena Mantaut, vice direttore vicario attualità; Benedetta Dell’Orto, vice direttore vicario moda, Alberto Zanoletti, vice direttore moda; Claudia Valeriani e Michela Gattermayer vice direttori centrali che risponderanno al direttore Maria Elena Viola, affiancata da Antonella Antonelli che sarà anche il creative director.
Sulla carta un piano davvero aggressivo per far fronte a un mercato, quello dei periodici, che soffre parecchio sia in termini di copie vendute sia in fatto di raccolta pubblicitaria (-9,3%) su base semestrale, ma che lascia diversi interrogativi. Innanzitutto viene da chiedersi se la Hearst, che in questi anni inteventi rilevanti sul personale e sul costo del lavoro li ha messi in atto, ha deciso di procedere con questa fusione e rilancio di Elle anche per tagliare giornalisti e grafici. O se, visto il numero di vicedirettori di procedere a un revisione (leggasi repulisti) ai piani alti.
Da quel che si può capire, l’ad di Hearst Italia, Giacomo Moletto ci crede nel progetto e ha motivato, o ha provato a farlo, i colleghi coinvolti. Ma, ovviamente, fino a che non ci sarà la definitiva integrazione e i tanti colleghi coinvolti non lavoreranno fianco a fianco – lo scheletro del corpo redazionale di Elle è comunque quello di un mensile patinato, d’alta gamma, che ha suoi schemi e ritmi consolidati, mentre Gioia è un settimanale, quindi con ritmi e necessità completamente differenti -, è difficile capire se, per l’appunto, il matrimonio non sia solo d’affari a discapito, quindi, dei giornalisti e dei grafici.
Detto questo, è indubbio che questa novità potrebbe avere effetti a cascata anche su Vanity Fair (52.375 copie vendute in edicola a settimana con una diffusione totale di 265.148 copie e ora diretta da Daniela Hamaui, pensionata, dopo i tanti anni di direzione di Luca Dini) e su Grazia (corazzata della Mondadori nel settore moda con 105.552 copie vendute e 172.514 copie diffuse complessivamente).
Ovviamente, Senza Bavaglio non può non seguire con attenzione questa vicenda, non solo per capire le nuove dinamiche di mercato ma anche per vigilare su eventuali interventi organizzativi e strutturali non nuovi nelle politiche editoriali di Hearst.
Con la grave situazione del mercato italiano e con un sindacato silente e intento solo a preparare la prossima tornata elettorale per il rinnovo delle cariche sia a livello nazionale sia a livello regionale, Senza Bavaglio si pone al fianco dei colleghi delle redazioni coinvolte per fare luce sull’operazione.
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