Ordine di Calabria: iscriversi costa più che in Lombardia. Con meno servizi. Perché?

Speciale per Senza Bavaglio
Alessio Algeri
Potenza, 1° giugno 2018
Lombardia 100, Calabria 110. A tanto corrisponde la quota annua da versare all’Ordine dei giornalisti, che prevede, inspiegabilmente, cifre diverse tra le regioni italiane. È evidente la disparità, sebbene si tratti di una decina di euro, delle quote che i giornalisti versano ogni anno nelle casse degli Ordini regionali; e meraviglia che tra le regioni più “care” vi sia la Calabria, la più povera della penisola.
Val la pena ribadire che a fronte di una cifra maggiore sborsata annualmente dai giornalisti calabresi, questi non usufruiscono degli stessi servizi e dello stesso trattamento economico dei colleghi che lavorano al Nord. Intanto, il sito dell’Ordine calabro non fornisce tutte le informazioni che sono presenti sul sito lombardo, è poco aggiornato e poco vicino ai giornalisti della regione che si scontrano quasi tutti i giorni con realtà aberranti, prima fra tutte quella di non scontentare gli editori e, in secondo luogo, fare i conti con i pericoli che possono derivare da articoli che trattano la criminalità organizzata. Il tutto a pochi millesimi di euro a battuta, che non consente al giornalista l’indipendenza economica, anzi lo umilia e costringe a volte ad abbandonare le redazioni.
Molti i soprusi, le minacce e tante volte gli atti intimidatori compiuti nei confronti dei giornalisti calabresi, che, però, non scomodano l’Ordine a rivedere i termini del rapporto con i suoi iscritti, né a rimodulare le quote che per i collaboratori si rivelano inaccessibili. Ci si chiede come sia stato possibile decidere di far sborsare € 110 all’anno quando la maggior parte dei collaboratori non arriva a guadagnare nemmeno la metà di questa somma al mese. Ci si chiede ancora come mai a Catanzaro si sborsa di più che a Milano e quali tutele l’Ordine assicura ai giornalisti tutti, visto che nell’arco dell’anno sembra essere inesistente per poi svegliarsi di colpo a gennaio e chiedere ai suoi iscritti le quote. Ci piacerebbe sapere anche come vengono utilizzate le somme regionali e perché la Calabria, che paga i suoi giornalisti a millesimi, ha previsto quote maggiori rispetto a quelle delle regioni più ricche.
Considerata la grave situazione finanziaria in cui versano i collaboratori calabresi, sarebbe stato opportuno ridurre le quote in questione per dare la possibilità a tutti di saldarle, eliminando anche la mora del 10% che scatta nel caso in cui il pagamento venga effettuato oltre il 31 gennaio. Invece, sul sito dell’Ordine, relativamente alle quote arretrate, si legge: “AVVISO. Purtroppo moltissimi iscritti non sono in regola col pagamento delle quote (dell’anno 2017 o di anni precedenti) e sono quindi nell’elenco di quanti potranno essere cancellati per morosità. Preghiamo pertanto tutti i numerosi colleghi che sono consapevoli di non avere pagato la quota dell’Ordine per uno o più anni passati, di provvedere entro il 20 gennaio 2018 a sanare la propria posizione”.
Ricapitolando: i collaboratori calabresi percepiscono compensi calcolati a millesimi di euro a battuta; corrono rischi inenarrabili a causa della criminalità organizzata presente su tutto il territorio regionale; fanno i conti quotidianamente con gli editori e i politici locali pronti a imbavagliare chiunque osi scrivere verità a loro scomode; subiscono attacchi e minacce giornalieri; non sono tutelati. L’Ordine, però, fa finta di non vedere la realtà del giornalismo calabrese, anzi lo colpisce ancor di più con la richiesta di quote annuali salate e relativi interessi di mora. Sarebbe necessario, invece, dimezzare le quote di iscrizione annuali, eliminare la mora e avviare una sanatoria, per quanti non risultano in regola, adeguata agli effettivi compensi che il collaboratore riceve, cioè da € 0,002 lordi a battuta di alcune testate a € 0,004 di altre.
Alessio Algeri

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