Senza Bavaglio
Cosenza, 20 aprile 2018
Non è più sostenibile la condizione in cui versano i collaboratori delle testate giornalistiche italiane, sempre più orientate ad azzerare la dignità di migliaia di lavoratori. Una situazione avallata, purtroppo, dal sindacato della categoria, che, invece di tutelare gli interessi e il decoro dei giornalisti, ha preferito accordarsi con gli editori, mortificando prima e uccidendo poi la professione.
Solo pochi giorni fa, il CdR del Gazzettino di Venezia ha inteso portare avanti la causa dei suoi collaboratori, che si sono visti aumentare il lavoro, ma non i compensi. Una difesa dovuta e sentita, ammirevole se si pensa che in altre redazioni il CdR è inesistente.
Specialmente al Sud, terra di giornalismo di frontiera, ma soprattutto di non lavoro, di mafie, di sfruttamento, di ricatti, di miserie umane e professionali. Sono trascorsi davvero tanti anni dall’ultimo comunicato che un CdR ha scritto per difendere gli interessi dei collaboratori, molti dei quali “a vita”.
Quegli stessi collaboratori che ogni giorno rendono un quotidiano più accattivante, che lo riempiono con le inchieste impossibili da realizzare dai redattori, inchiodati per lavoro alle loro sedie, che si espongono da buoni “giornalisti da marciapiede” ai pericoli derivanti da indagini particolari. Un giornale senza i collaboratori si riduce ad essere il “giornale dei comunicati stampa”, cari ai politici e inutili per la gente. A che serve acquistarli se le notizie sono pochissime e, spesso, non possono nemmeno essere definite tali?
La deriva dei giornali è ormai un fatto assodato da anni, non solo per la concorrenza operata dal web, ma anche per la supina accettazione dei diktat imposti dal potere. E mentre i redattori percepiscono regolarmente un compenso degno di questo nome, ciò non avviene per i collaboratori, umiliati, nonostante un lavoro gravoso, da contratti vergognosi e compensi ridicoli.
In Calabria, per esempio, dove ad oggi coesistono due grossi quotidiani, i collaboratori ricevono per i loro articoli una “paghetta” che oscilla dai € 0,002 a battuta del Quotidiano del Sud ai € 0,004 della Gazzetta del Sud . Al lordo delle trattenute ovviamente.
Negli anni scorsi, si sono avvicendati sulla scena editoriale calabrese altri quotidiani, come il Garantista e Calabria Ora, ormai chiusi, i quali hanno riservato ai collaboratori un trattamento economico simile. C’è da aggiungere, inoltre, che i compensi in questione non sono erogati mensilmente; alcuni giornali, infatti, liquidano le somme dopo anni, decurtandole ulteriormente causa crisi del settore.
Si comprende bene, a questo punto, il motivo della crisi che essi vivono da tanto, si capisce il perché, dopo anni di angherie, il collaboratore può andar via sbattendo la porta per tornare a ingrossare le fila dei disoccupati, altra piaga nazionale.
L’ibrido accordo tra FNSI e FIEG ha peggiorato una situazione già grave di suo e gli effetti ricadono su quanti si ritrovano nuovamente disoccupati o sfruttati, ma a risentire dei nefasti effetti di tale realtà è senz’altro l’informazione, che a definirla così ci sembra davvero blasfemo. E un Paese senza una giusta e libera informazione non può far altro che regredire.
Senza Bavaglio
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