Speciale per Senza Bavaglio
Pino Nicotri
Milano, 31 ottobre 2017
Ho conosciuto Sandro Provvisionato in Kosovo, quando L’Espresso con un preavviso meno di 24 ore mi ci catapultò al seguito della colonna militare italiana, comandata dall’ufficiale Mauro Del Vecchio, soprannominato Demonio, che entrava in Kosovo dalla Macedonia. Devo a lui se ho potuto dettare i miei pezzi al giornale, perché ero dovuto partire in fretta e col solo mio telefonino, con tutti i limiti conseguenti. Il limite maggiore era l’estenuante attesa della segreteria e dei dimafoni, quasi sempre occupati, ai quali dettare il pezzo.
Il dimafono era la persona alla quale si dettavano i pezzi parola per parola, specificando anche la punteggiatura, “virgola”, “punto”, ecc., gli a capo e a volte lo spelling di singole parole. Sandro aveva un ottimo telefono satellitare, di quelli ingombranti quanto un odierno computer portatile, che però sparava raggi X – così avevo letto di quel tipo di telefono – e quindi meno lo usavo meglio era, ma certo non potevo evitare di usarlo.
Sempre gentile e disponibile, Sandro me lo lasciava usare ogni volta che mi serviva, limitandosi solo a dirmi ogni tanto che poiché funzionava a batteria poteva scaricarsi quando meno te l’aspettavi e non sempre c’era una rete elettrica per ricaricarla. Senza quel suo telefonone, non so come me la sarei cavata.
Ma Sandro è entrato nella mia vita professionale di saggista quando – mi pare sull’inserto Sette del Corsera – ho letto una sua intervista all’ex magistrato Ferdinando Imposimato, ex giudice istruttore del tribunale di Roma passato alla professione di avvocato. Imposimato nell’intervista pareva sapere tutto della scomparsa di Emanuela Orlandi, noto tormentone nazionale da 34 anni basato – come del resto vari altri “grandi misteri” – solo su chiacchiere e mitomanie, e soprattutto pareva essersene occupato come giudice istruttore.
Fu così che gli telefonai chiedendogli se voleva scrivere a quattro mani con me il libro sul mistero Orlandi commissionatomi dalla casa editrice Kaos. Pensavo che per correttezza l’ex magistrato rifiutase, invece accettò. Mi ci vollero alcuni mesi prima di scoprire che – contrariamente anche a quanto mi aveva fatto credere di persona – non era mai stato giudice istruttore di quell’inchiesta giudiziaria, finché, assodato anche che mi raccontava un sacco di “cose certe” che invece erano solo sue fantasie, andai per la mia strada.
Sandro invece – evidentemente fin troppo generoso non solo nel prestare il suo telefono satellitare – non deve avere perso la stima per Imposimato, visto che con lui ha scritto due libri, uno sul sequesto e uccisione dell’onorevole Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse nel 1978 e l’altro sull’attentato in piazza S. Pietro del turco Alì Mehmet Agca a papa Wojtyla nel 1981. Due cumuli di strambe fantasie ed elucubrazoni distillate da Imposimato, che Sandro ha condiviso solo perché da qualche tempo si occupava del Centro alti studi contro il terrorismo (CEAS) e sperava che dando corda a Imposimato si potesse appurare qualcosa di interessante sull’argomento.
Come dirigete del CEAS mi chiese e ottenne che gli inviassi il file di una mia intervista a non ricordo quale emitente radiofonica nel corso della quale esternavo i miei dubbi riguardo l’innocenza di Pietro Valpreda rispetto la strage di piazza Fontana a Milano del 12 dicembre 1969. Innocenza che ho sempre sostenuto a spada tratta fin dal mio esordio nel 1972 nella saggistica e nel giornalismo con il lavoro svolto per scrivere il libro Il Silenzio di Stato (Sapere Edizioni). Ma c’erano un paio di particolari, da me sempre taciuti anche per l’impossibilità di dimostrarli in modo incontrovertibile, che non quadravano. Come ho spiegato a Sandro quando gli ho invito il file della mia intervista.
Ciao, Sandro. e grazie!
Pino Nicotri
Senza Bavaglio
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