PROGRAMMA PROFESSIONALI (in pillole)
- Un nuovo contratto. Quello in vigore è stato siglato nel 2014 e scaduto nel 2016. Occorre costringere gli editori ad applicare nuovi minimi contrattuali per chi è assunto e compensi più elevati per i freelance.
- Un solo giornalismo, un solo contratto. Oggi il lavoro giornalistico è regolato da 5 diversi contratti. Occorre dare garanzia di libertà e professionalità a tutti i giornalisti, indipendentemente dalla natura del datore di lavoro.
- Soldi solo agli editori virtuosi. Provvidenze all’editoria solo dopo il vaglio di un’apposita commissione, composta anche da giornalisti.
- Risolvere l’annosa vicenda dell’ex fissa. Che non è un privilegio, ma un diritto – frutto di un accordo contrattuale-previdenziale – maturato. Non si può permettere di scippare un diritto.
- Basta contratti a termine infiniti. Si deve limitare a un massimo di tre i contratti a termine tollerati prima dell’assunzione.
- Fermare il mobbing. Il clima nelle redazioni è sempre peggiore. Bisogna garantire ai colleghi uno “sportello mobbing” che li tuteli e li sostenga realmente.
- Più trasparenza nel rapporto con la pubblicità. Notizie e pubblicità non devono scambiarsi i ruoli.
- Passaggi automatici alle qualifiche di redattore esperto e senior. Sono gli unici due strumenti di carriera previsti dal Contratto per gli scriventi.
- Contrasto alle querele bavaglio. Occorre una legge per fermare le querele temerarie che altro non sono che intimidazioni nei confronti di media e giornalisti.
- Il Web non è la serie B. Va regolamentato in modo serio, permettendo ai colleghi di essere trattati come redattori e non come tecnici.
- Basta regali ai colossi della Rete. Ricorriamo a tutti gli strumenti per ottenere la prevista adeguata remunerazione degli articoli giornalistici diffusi gratuitamente online.
- Corretto inquadramento dei giornalisti negli uffici della pubblica amministrazione. Il contratto del giornalista nella PA, strombazzato con toni trionfalistici dalla Fnsi, penalizza fortemente i colleghi.
- La Fnsi va riorganizzata. Noi vogliamo una modifica statutaria radicale che contempli l’organizzazione del sindacato non solo su base territoriale, ma anche sul “peso” delle regioni e della rappresentanza reale dei settori in cui si esercita la professione.
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