Nicola Morra sul caso Report: “Sentenza incomprensibile”

Speciale Per Senza Bavaglio
Francesca Canino
22 giugno 2021

“La sentenza del Tar del Lazio degrada e svilisce l’informazione pubblica, perché la equipara ad attività di produzione di meri atti amministrativi. Secondo i giudici del tribunale amministrativo del Lazio, infatti, i giornalisti della Rai non potrebbero tutelare le proprie fonti, delegittimando uno dei capisaldi del diritto all’informazione, sancito peraltro in Costituzione”.

Sono le parole di Nicola Morra, presidente della Commissione Antimafia, pronunciate all’indomani della pubblicazione della sentenza del Tar Lazio, che ha intimato alla Rai di provvedere all’ostensione degli atti, documenti, dati e informazioni richiesti dal ricorrente, nessuno escluso, ai sensi degli artt. 22 e segg. della L. n. 241/1990 o ai sensi dell’art. 5, comma 2, del D.Lgs. n. 33/2013”.

Il senatore e presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra

L’avvocato leghista Andrea Mascetti, che difende il governatore della Lombardia Attilio Fontana, ha chiesto, infatti, di poter accedere a tutti i documenti in possesso della Rai inerenti il servizio che lo riguardava nella puntata del 26 ottobre 2020. La sua istanza è stata accolta e costituisce un pericoloso precedente: mina la libertà di stampa ed equipara il lavoro giornalistico a quello dei dipendenti delle varie amministrazioni.

Al presidente Morra, che si era già espresso sulla libertà di stampa per noi di Senza Bavaglio, abbiamo posto alcune domande, poiché quanto avvenuto non deve essere sottovalutato.

Fa discutere la sentenza del Tar del 18 giugno scorso che equipara il lavoro giornalistico a quello degli impiegati amministrativi. Superficialità o altro?

“Non so se sia superficialità o altro, solo che non distinguere il lavoro del giornalista da quello di un pubblico dipendente di un’amministrazione, importante o meno che sia, è assolutamente grottesco”.

La sentenza lancia un messaggio pericoloso a tutti i giornalisti, è quasi un avvertimento a non fare inchieste su personaggi legati al potere, cosa ne pensa?

“Forse potrebbe proprio essere questo l’effetto voluto, o forse no. Fatto sta che la sentenza, che mi auguro possa essere sovvertita in sede di Consiglio di Stato, lascia tutti ampiamente perplessi. Di conseguenza fa ipotizzare che ci sia qualcosa di più”.

La politica e le istituzioni hanno dimostrato il loro disinteresse per il mondo dell’informazione libera. La sensazione è che si voglia una stampa sempre più imbavagliata e prona ai loro desiderata. Chi difenderà la libertà di stampa?

“La libertà di stampa va difesa da tutti coloro che hanno a cuore le libertà democratiche, ma in Italia attualmente son pochi quelli che hanno coscienza dei doveri propri di tutti i cittadini, che credono nella democrazia, nei valori della nostra Carta Costituzionale, per cui prevedo grande, grande difficoltà a far rispettare determinate tutele”.

 Non ci resta che sperare nel Consiglio di Stato?

“Siamo convinti che il Consiglio di Stato, chiamato a decidere a seguito dell’impugnazione della decisione del Tar Lazio da parte di Report e della Rai, saprà recuperare la corretta filosofia della tutela delle fonti, per come incardinata nella nostra Carta Costituzionale. La vicenda, però, non va sottovalutata, altrimenti derive orbaniane saranno sempre più possibili, con lesioni gravissime per la democrazia e per la libertà del giornalismo in Italia. Intanto, sappia Sigfrido Ranucci che la tutela delle fonti per chi fa giornalismo è una battaglia di civiltà che condurrà avendo accanto tanti, perché la libertà è un valore imprescindibile”.

Francesca Canino
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