I comunicati non lo dicono: Mondadori pronta a liberarsi di tutti i giornalisti

Speciale per Senza Bavaglio
Valerio Boni
Segrate, 14 novembre 2020

Sono solo due righe nel resoconto intermedio di gestione al 30 settembre 2020, inserite tra i fatti di rilievo avvenuti dopo quella data, che sono passate pressoché inosservate perché superate da risultati ai quali è stato dato ben più ampio risalto. Ma quella frase: “in data 20 ottobre 2020 il Gruppo Mondadori ha finalizzato la cessione del 25% del capitale sociale di Stile Italia Edizioni Srl a la Verità, che già ne deteneva il restante 75%” assume un peso rilevante se inserita correttamente all’interno di una serie di eventi e annunci che nelle ultime settimane sono partiti da Segrate.

La cessione di quel 25 per cento era tra le opzioni, ma non adesso. Avrebbe dovuto essere in calendario alla fine del 2021, al termine dei 24 mesi a disposizione di Maurizio Belpietro per decidere in base a risultati se acquisire il controllo totale di Stile Italia, oppure restituire al mittente il 75 per cento, compresi i giornalisti e le cinque testate cedute. Il notevole anticipo è sintomo di un’accelerazione che non lascia presagire nulla di buono per i reduci di palazzo Niemeyer.

Il fatto che non ci sia traccia di quanto realizzato con questa operazione è irrilevante. Non solo perché è molto probabile che non sia costata un centesimo a Belpietro, anzi è quasi certo che sia stata accompagnata da un ulteriore bonifico in arrivo da Mondadori, il punto è un altro: è la conferma che sia iniziato l’ultimo atto dell’impegno dell’azienda nel mondo dei periodici. Per la verità il tutto è completato da un’uscita quasi totale anche da quello dei quotidiani, visto che già a marzo era stata annunciata la cessione del 50 per cento della partecipazione nella Società Europea di Edizioni, che edita il Giornale, rinunciando al controllo e limitando al 18,445 per cento la quota azionaria.

Tornando alla nota della relazione trimestrale, questa deve essere allineata con altri eventi solo all’apparenza scollegati tra loro. Come l’uscita di scena tra marzo e giugno (in funzione dei vari incarichi che ricopriva) di Oddone Pozzi, direttore centrale finanza e amministratore esecutivo del Gruppo, o come la svalutazione del valore delle testate (a cominciare da Sorrisi e Canzoni) e non certo ultimo l’annuncio dell’abbandono ad aprile, alla naturale scadenza del mandato, dell’amministratore delegato Ernesto Mauri, con la contestuale comunicazione del suo erede.

Tutti indizi che portano tutti in un’unica direzione, la più nera per i giornalisti. Già oggi si ringrazia Mauri per quanto fatto in questi anni, per il drastico taglio dei costi, che come è noto è passato anche attraverso la trasformazione di presunti esuberi in business e la capacità di trasformare l’Inpgi da ente esattore di contributi in bancomat personale. Tuttavia è difficile pensare che l’amministratore delegato possa rinunciare ad abbandonare il suo ufficio da vincitore assoluto. La trasformazione è avviata, il numero dei giornalisti in carico si è ridotto dell’80 per cento, quindi bastano poche mosse per liberarsene del tutto.

Dopo un secolo (il primo periodico fu stampato per le truppe al fronte durante la prima guerra mondiale) il futuro di Mondadori sarà senza riviste. Questo appare evidente dal fatto che tra i candidati al ruolo di nuovo AD non ci sia mai stato un nome proveniente dall’area dei settimanali e dei mensili, e la scelta sia caduta su Antonio Porro, da sempre impegnato nel campo dei libri. Una scelta che sposta decisamente l’asse strategico e presto aprirà una nuova stagione di esodi anche tra i manager. A questo proposito uno tra i prossimi a essere ringraziato per il lavoro svolto, che sceglierà (suo malgrado) di dedicarsi a nuove sfide lavorative sembra essere proprio Carlo Mandelli, amministratore delegato di Mondadori Media, la cui posizione potrebbe essere di fatto soppressa.

Se fino a oggi la “razionalizzazione” dei costi è passata attraverso cessioni apparentemente gratuite dei rami secchi, la fase successiva è destinata a portare reali vantaggi economici all’azienda e a consacrare definitivamente Ernesto Mauri, che sarà ricordato per quest’ultima operazione, non certo per la fallimentare gestione dell’avventura di Mondadori France, chiusa con una perdita prossima a 500 milioni di euro. In realtà le cessioni delle testate a Santanché prima e a Belpietro in tempi più recenti sono state accompagnate da doti sostanziose per garantire il pagamento di almeno due anni dei giornalisti ceduti con le testate, ma adesso arriva il momento di monetizzare quelli che sono considerati i gioielli di famiglia.

Sul piatto ci saranno due periodici femminili, lo storico Grazia e Donna Moderna, un settimanale altrettanto di tradizione dedicato alle TV, Sorrisi e Canzoni, oltre a Chi, la testata per i fanatici di gossip ideata nel 1995 da Silvana Giacobini. Buona parte delle entrate dalle edicole e dalla pubblicità degli ultimi anni è stata assicurata da questi quattro “prodotti”, per i quali non ci sarà più spazio nell’azienda del 2021. C’è però un problema: il momento non è certo dei migliori, e sarà difficile, anzi impossibile, liberarsene incassando il valore messo a budget in passato.

Per questo motivo il loro valore a bilancio è stato rivisto al ribasso, in modo da contenere la perdita al momento di concludere la cessione. Ma tutto ciò potrebbe non bastare. Come in altre operazioni precedenti bisogna abbattere soprattutto i costi redazionali, in particolare quelli di Donna Moderna, che ha ancora una struttura vecchio stampo, con molti giornalisti in carico. La ricerca dei possibili acquirenti deve andare di pari passo con soluzioni che consentano perlomeno di rendere definitivi i livelli di retribuzione attualmente tagliati per effetto della cassa integrazione.

A questo proposito preoccupano gli esperimenti di cambiare la periodicità di Grazia che, ufficialmente a causa dei cali di inserzioni pubblicitarie, ha visto l’uscita di numeri quindicinali e non settimanali. Se questa diventasse la nuova cadenza si aprirebbe la possibilità di proporre una revisione sulla base di quanto già fatto da Stile Italia ai dipendenti di Starbene. Si tratta di un semplice calcolo matematico: se per realizzare questo settimanale servono per esempio 20 persone che costano X, per mettere insieme un quindicinale ne bastano 10, oppure 20 pagate la metà di X. In questo modo la rivista risulterebbe sicuramente più attraente agli occhi di un editore internazionale, il più probabile per il tipo di testata che è già nota fuori dai nostri confini.

Valerio Boni
valeboni2302@gmail.com
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