Mondadori: l’imbroglio corre sul filo. “Il mio Papa chiude”, gli abbonamenti no

Speciale per Senza Bavaglio
Valerio Boni
Bergamo, 13 maggio 2020

Due mesi abbondanti trascorsi con una mascherina a coprire naso e bocca hanno spinto qualcuno, già per natura predisposto a comportamenti non del tutto onesti, a sentirsi Butch Cassidy. O più semplicemente uno dei personaggi di Totòtruffa. Perché ormai non conta più la posta in gioco, possono esserci sul tavolo 200 milioni, oppure poche decine di euro, ma bisogna assolutamente metterseli in tasca.

A Segrate sono passati pochi giorni da quando Mondadori, con il completo appoggio del CdR e della Lombarda, ha di fatto imposto una pesante cassa integrazione prossima al 40 per cento ai giornalisti superstiti. Per convincere gli incerti è stata usata la pesante leva della solidarietà, visto che il taglio alla retribuzione è stato presentato come un passo necessario per salvare i colleghi delle due testate che l’azienda ha deciso di chiudere: Spy e Il mio Papa.

Nella realtà, come di consueto, l’azienda non ha annunciato ufficialmente la sua decisione. Si è limitata a comunicare sibillinamente che le riviste in questione hanno sospeso le pubblicazioni fino a data da destinarsi. Perché? Semplice, perché la situazione di limbo lascia aperta l’opportunità di fare cassa, anche se si tratta solo di cifre che dovrebbero essere ridicole per una società che è stata la più importante a livello nazionale. E che si apprestava a distribuire 15,6 milioni di euro di dividendo agli azionisti.

Non è una novità, il vizietto è piuttosto ricorrente. Basti pensare che nel luglio 2014 a Segrate riuscirono a fare eleggere quattro membri nel consiglio federale della Fieg: Enrico Selva come presidente nella categoria degli editori periodici delle grandi imprese, oltre a Carlo Mandelli e Federico Angrisano come rappresentanti delle medie impese e Roberto De Melgazzi tra le piccole imprese. Peccato che Angrisano sia stato eletto come delegato di ACI-Mondadori, la società messa in liquidazione nove mesi prima e con certo in modo indolore; con il licenziamento di sei giornalisti. Le nuove iniziative si strombazzano, le chiusure no, soprattutto se si tratta di fallimenti causati da manager strapagati. E la lista è molto lunga, vogliamo palare di Mondadori France?

Oggi al confronto l’operazione è a livello di ladri di polli. In sostanza il gioco è questo: la rivista è ormai defunta, ma non la tolgo dall’elenco delle testate per le quali è possibile sottoscrivere un abbonamento. In questo modo se qualcuno cade nella trappola comunque portiamo a casa 45 euro, che visto il periodo possono sempre far comodo. E non si tratta di una dimenticanza, poiché gli addetti al call center sono stati istruiti a dovere.

Basta comporre lo 02.75429001, un numero ufficiale come dimostrano le prime quattro cifre, per entrare in contatto con l’operatrice. Il mio Papa, sostiene dopo avere avuto il tempo per scorrere il foglio con le risposte già formulate, ha sospeso le pubblicazioni a causa dell’emergenza sanitaria, ma riprenderanno sicuramente ai primi di giugno. «Se vuole – conclude – possiamo sottoscrivere direttamente un abbonamento».

A questo punto la malafede non è assolutamente in discussione, è una certezza. Rimane solo da chiarire nei confronti di chi. Dei poveri lettori che cadono nella trappola, dei giornalisti che hanno accettato uno stato di crisi incondizionato a fronte di chiusure che non sono tali, oppure dello Stato e dell’Inps che in questa fase gestisce la cassa integrazione? La sensazione che la prima e la terza ipotesi possano addirittura convivere, mentre per quanto riguarda la sopravvivenza di Spy e Il mio Papa non ci sono speranze.

Se del primo nessuno sentirà la mancanza, era solo una delle fin troppo numerose fonti di gossip, il secondo aveva un suo pubblico affezionato visto che era dedicato a uno tra i pontefici più amati della storia. In questi giorni non trovano in edicola il loro settimanale preferito e come giustificazione viene fornita la menzogna del momento.

A chi abbocca non resterà altro da fare che chiedere il risarcimento di quanto ottenuto con l’inganno, ma la risposta è già pronta: “Purtroppo per motivi fiscali non ci è possibile provvedere a riaccreditarle l’importo versato, tuttavia abbiamo il piacere di informarla che per un anno potrà ricevere un’altra a sua scelta tra le numerose riviste edite dalla nostra società». A questo bisognerebbe forse aggiungere «ma faccia in fretta, perché stiamo sbaraccando tutto, e non possiamo ancora anticipare quale sarà la prossima testata destinata a sparire”.

Valerio Boni
valeboni2302@gmail.com

 

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