Radio Popolare giù i compensi? Male! Collaboratori pronti a un nuovo sciopero

Senza Bavaglio
Milano, 5 marzo 2010

I corrispondenti e collaboratori dalle varie regioni italiane e dall’estero della storica radio Radio Popolare ieri 4 marzo 2020 hanno fatto il primo giorno di un pacchetto di 7 giorni di agitazione affidati al Cdr.  Uno sciopero storico mai visto in un’emittente nata come radio libera negli anni Settanta.

Da mesi i collaboratori cercano di avere un incontro sulle loro paghe. Molti percepiscono 10 euro lordi a pezzo. Lavorano da parecchi anni per l’emittente e vorrebbero vivere di questo lavoro. Sono collaboratori a cottimo. Chiamati al sabato e alla domenica. Intercettati in ogni momento per mettere a servizio le loro competenze. Come sappiamo anche pronunciare in modo corretto il nome di una via o di un paese è più professionale. Sono le antenne sul territorio, le competenze sui vari angoli del globo perché la globalizzazione e la diffusione mediatica a volte non fanno il pari con la vera cronaca dei fatti.

L’abbassamento dei pagamenti è iniziato quattro anni fa quando molti hanno accettato il taglio dei compensi in nome di uno stato di crisi, che aveva decurtato parecchio gli stipendi degli assunti, soci cooperatori e introdotto turni e cassa integrazione. Sono stati anni molto faticosi, la redazione era spesso ridotta e quindi il lavoro non è stato facile. I collaboratori hanno perseverato.

Da mesi la situazione è migliorata anche grazie a un finanziamento di 1 milioni e 400 mila di fondi pubblici arrivati alla cooperativa. Gli stipendi dei contrattualizzati (contratto Aeranti-Corallo) sono tornati alla norma dal primo aprile 2019. Addirittura ci sono state nuove assunzioni. Oggi la radio ha un organico di 41 persone.

Sembra dunque il momento giusto per parlare dei compensi dei corrispondenti, spesso incaricati di seguire vicende politiche internazionali, dall’Iran alla Cina, da Londra a Parigi e via di seguito oppure di seguire vicende di cronaca, cronaca giudiziaria e varie dai vari capoluoghi italiani.

In primis i collaboratori mettono insieme i loro compensi secondo le ultime dichiarazioni dei redditi e scoprono che la cifra complessiva è molto lontana dai 50 mila euro attribuiti in bilancio ai costi per le collaborazioni e i corrispondenti. I corrispondenti per altro non chiedono aumenti precisi, né contratti di collaborazione o altro, chiedono che si parli dei loro compensi. Una questione di dignità e diritto del lavoro più che altro. Anni fa si sarebbero spalancate le porte degli uffici.

Invece il 14 febbraio il Cdr della Radio incontra l’amministrazione. La linea è che prima bisogna affrontare i costi complessivi della redazione, quindi rivedere il costo del lavoro e poi semmai si parla dei collaboratori. Concetto ribadito in una lettera al Cdr del 19 febbraio.

Il 17 febbraio intanto c’è un’assemblea in Radio, che dà l’appoggio alla “vertenza sollevata dai collaboratori esterni della radio” e chiede un incontro immediato con i vertici. Nessuno ha il coraggio di dire che i corrispondenti non hanno le loro ragioni a chiedere una revisione dei compensi. Il fronte redazionale però si spacca con varianti tipo: il Cdr non è legittimo perché va rieletto a breve, qualcuno sposa la linea “aziendale” del “dobbiamo parlare del costo del lavoro di tutta la redazione”, quindi è molto meglio rinviare tutto ad aprile per una fantomatica “riorganizzazione generale”.

Siamo al 20 di febbraio e l’unica via plausibile sembra coinvolgere l’Associazione lombarda dei giornalisti, costola FNSI. Anche i sindacalisti tentano un incontro. Intanto però gli interni, specie quelli che hanno incarichi, prendono posizione contro la lettera di solidarietà. L’invito caldo è starne fuori.  Ovviamente il sindacato media affinché l’amministrazione incontri il Cdr e i collaboratori. E il Cdr chiede che la Lombarda sia presente all’incontro. Normali prassi sindacale. Ma l’ad Catia Gerlanzani risponde al presidente della Lombarda Perucchini che prima si deve insediare un nuovo cdr (minuscolo ndr.) e solo allora riprenderanno le trattative sindacali. La Lombarda continua a fare pressioni con telefonate varie. L’ad nicchia e finalmente il 24 febbraio rimanda ogni incontro a causa del coronavirus che mette a repentaglio la vita dei cronisti e potrebbe rendere necessaria una seconda redazione ‘virus-free’ da mettere in piedi in quattro e quattr’otto. A questo punto la data plausibile per l’incontro sui collaboratori diventa il 2 o 3 aprile.

Lo stesso giorno però si tiene in redazione un’affollata assemblea di donne alla faccia del virus.  Evidentemente i corrispondenti sono molto più contagiosi. Il Covid-19 fa il resto.

I corrispondenti si attrezzano. A fronte di nessuna apertura a parlare del loro compenso preparano lo sciopero. E il 4 marzo tutti incrociano le braccia. Il pacchetto affidato al Cdr prevede 7 giorni di sciopero a meno che l’amministrazione non convochi i lavoratori.

La questione interessa molto Senza Bavaglio. Alcuni suoi componenti dai primi anni Novanta si battono per i diritti dei collaboratori, degli esterni, dei corrispondenti. Per una paga dignitosa a fronte di un lavoro che è fatto di competenze costruite in anni. Perchè difendere il lavoro giornalistico anche esterno vuol dire difendere anche la dignità dei lavoratori interni. Quindi seguiremo da vicino la vertenza e vi faremo sapere che cosa succederà dei singoli collaboratori che stanno partecipando a questo sciopero.

Senza Bavaglio

Il lancio Ansa del pomeriggio del 4 marzo 2020:

Giornalisti: Radio Popolare, oggi sciopero collaboratori
Chiedono adeguamento compensi ma azienda “rifiuta incontro”

MILANO

(ANSA) – MILANO, 04 MAR – I collaboratori dall’estero e dall’Italia, i cosiddetti ‘corrispondenti’ di Radio Popolare, storica emittente milanese della sinistra, sono in sciopero tutto il giorno per “il riconoscimento del loro ruolo e l’adeguamento dei compensi”. E’ la prima delle 7 giornate di astensione dal lavoro affidata al Comitato di Redazione a sostegno delle loro rivendicazioni. Da oltre una settimana l’Associazione lombarda dei giornalisti (Alg), insieme al Cdr, ha chiesto un incontro urgente per aprire un confronto sulla situazione dei colleghi. Appuntamento, però, che “gli amministratori hanno rifiutato, prima adducendo l’emergenza coronavirus e, poi, l’approvazione dei conti 2019 prevista il 31 marzo prossimo. Da ultimo, a fronte della pressante richiesta del sindacato, hanno proposto di ‘posticipare’ l’incontro urgente ad aprile”. Il sindacato dei giornalisti “ritiene irresponsabile l’atteggiamento degli amministratori della radio e sarà al fianco dei colleghi di Radio Popolare in tutte le iniziative che vorranno adottare a sostegno della lotta per i propri diritti”. Nel comunicato del cdr, letto nelle edizioni dei notiziari di oggi, si denuncia la “decurtazione dei compensi, durante i 5 anni di crisi, mai ripristinati, compensi che in alcuni casi toccano i 10 euro lordi a pezzo”. (ANSA).

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